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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Attualità di F. DEL RE del 10/09/2014 09:58:11
C'eravamo tanto amati

 

La premessa è d'obbligo. Per chi, come me, è da sempre stato tifoso sia della Juventus che della Ferrari, gli ultimi otto anni sono stati veramente complicati, segnati da un conflitto interiore fra l'amore e la rabbia, fra la storia delle due società e gli individui che ne reggevano le sorti. Sono stati anni in cui era complicato, ai limiti dell'impossibile, spiegare ai più, tifosi "solo" della Juventus, come si potesse continuare a tifare "anche" per la Ferrari, nonostante il suo presidente. E' noto, infatti, il ruolo che ebbe Luca Cordero di Montezemolo nelle vicende che nel 2006 portarono alla rovina dell'immagine, della storia e delle casse della Juventus, come ebbe a ricordare anche Joseph Blatter (Link) nel ringraziarlo per aver convinto gli allora dirigenti della Juventus a ritirare il ricorso al TAR avverso alle sentenze di "Farsopoli".

Ciò premesso, oggi siamo al redde rationem tra FCA, leggasi Exor, leggasi John Jacob Philip Elkann, e il Presidente del Cavallino. Stamani Ferrari S.p.A. ha comunicato che Luca Cordero di Montezemolo non è più presidente della società di Maranello. Sembra impossibile, ma è così. Per bocca dell'AD di FCA, Sergio Marchionne, società detentrice del 90% delle azioni della Ferrari, quindi per bocca del "capo" di Montezemolo, egli non è più indispensabile, ammesso che per le logiche "familiari" lo fosse mai stato, anzi: come riporta il giornale "di famiglia"; La Stampa, Marchionne, durante il Workshop Ambrosetti a Cernobbio, sarebbe andato giù di mannaia: «I risultati economici di Montezemolo sono molto buoni. Ma nel caso della Ferrari un manager deve essere valutato sia per i risultati industriali che per quelli sportivi. Luca ha ottenuto risultati industriali straordinari. Sul fronte sportivo, invece, sono sei anni che non vinciamo. Abbiamo i migliori piloti, due campioni del mondo, Alonso e Raikkonen, un box super. Non possiamo partire tra il settimo e il tredicesimo posto». E poi: «Nessuno può permettersi di minacciare che senza di te l’azienda avrebbe avuto dei problemi». E ancora: «Ho letto i giornali e ho visto le dichiarazioni - insiste - Ferrari è controllata dalla Fiat, noi abbiamo il 90% e abbiamo come azionista al 10% Piero Ferrari con il quale ci sono ottime relazioni. L’abbiamo fatta gestire da Luca per un periodo per due ragioni. Prima di tutto per l’indipendenza della Ferrari: per quanto riguarda il prodotto e il suo posizionamento sul mercato era importante che si separasse dalla Fiat. Detto questo, lo è per me e lo è per lui, come per tutti gli altri: noi siamo al servizio dell’azienda. Quando l’azienda cambia idea o per lo meno non c’è più la convergenza di obiettivi, le cose cambiano. La seconda ragione è la gestione sportiva (…). Vi ricordo che sono due le parti della realtà Ferrari che sono importanti per noi come azionista e per noi come azienda: la prima sono ovviamente i risultati economici, cosa su cui Luca ha fatto un grandissimo lavoro e gli faccio i miei complimenti. L’altra è la gestione sportiva. Il cuore di Ferrari è quello di vincere in Formula 1 e io stesso sono un tifoso da anni. Vedere la Ferrari in queste condizioni avendo i migliori piloti, ingegneri che sono veramente bravi, vedere quel sistema lì e vedere che non vinciamo dal 2008, beh...» Dulcis in fundo la stoccata finale, quella più tremenda: «Io e Luca siamo grandissimi amici, ma quando leggo le dichiarazioni... Sono cose che non avrei mai detto io su me stesso. Mi considero naturalmente essenziale, ma so benissimo che sto al servizio dell’azienda. Quindi crearsi posizioni, illusioni che siamo al di fuori delle regole, al di fuori della dipendenza che esiste tra azienda e ad, sono cavolate, non esistono». Marchionne sembra un fiume in piena. «Per noi è essenziale presentare una Ferrari vincente in Formula 1. È un obiettivo assolutamente chiaro e non possiamo accettare una situazione diversa. Non voglio vedere gente in settima posizione. Sono cose che a me non interessano, e neppure alla Ferrari». Un Marchionne che ricorda sinistramente, per Montezemolo, il John Elkann in versione «siamo vicini alla squadra ed all'allenatore» di farsopoliana memoria, non certo nei contenuti, ma sicuramente nella forma che dà al "benservito".

Questo in sintesi quanto riportato da La Stampa (Link), voce "ufficiale" della famiglia, unica testata, o quasi, che ha riportato per intero le parole dell'AD di FIAT, comprese le parti più dure. Ciò impone una serie di riflessioni: innanzitutto la questione sportiva pare più un casus belli che non la motivazione principale, come fa notare anche Alberto Sabbatini su Autosprint, di cui è direttore, secondo il quale «La rottura avviene per le differenti visioni strategiche per il destino della Ferrari. Montezemolo voleva e ha sempre inseguito il progetto di una Ferrari il più possibile indipendente ed autonoma dalla Fiat, anche per sottolinearne l’esclusività, che è quello che rende forte il marchio. Fino a un certo momento questa strategia andava bene per Torino; le cose sono cambiate quando, dopo la fusione Fiat-Chrysler, si è deciso di quotare in borsa a Wall Street l’intero gruppo Fca: a quel punto Marchionne ha voluto inglobare sempre di più nel gruppo automobilistico globale il gioiello di famiglia per aumentare il valore della Fca di fronte all’azionariato americano. Montezemolo invece da tempo inseguiva l’obiettivo di quotare la Ferrari in modo indipendente su altre borse straniere (si diceva Singapore) e fare entrare nell’azionariato altri partner, magari quegli arabi degli Emirati che da anni sono sponsor Ferrari e partner anche del progetto del parco tematico del Cavallino ad Abu Dhabi.» (Link)

Poi va fatto notare come se nel caso di Ferrari le vicende sportive pesino quanto i risultati economici, ciò non avveniva per Juventus ed in merito ricordiamo le dichiarazioni di circa otto anni fa di Luca De Meo, allora responsabile del Marketing Globale di FIAT Auto, secondo cui una Juventus perdente si rendeva di fatto più simpatica e quindi utile alle vendite del settore auto i cui potenziali clienti sarebbero in gran parte "non juventini", per tanto le osservazioni di Sabbatini ci paiono abbastanza corrette.

Inoltre ci sembra che a Montezemolo il destino, prese le sembianze di un incazzatissimo Marchionne, abbia riservato la più classica legge del contrappasso dantesca, ovvero tanto si era prodigato egli, da perfetto aziendalista, affinché i vertici di Juventus rinunciassero al ricorso al TAR, col fine di mettere una pietra tombale sull'operato di Giraudo, suo omologo alla Juventus, quanto oggi a lui tocca stessa sorte, seppur con modalità assolutamente differenti rispetto a Giraudo, per sua fortuna. La morale, in questa vicenda, pur essendo spicciola, ci dice che un subalterno di casa Agnelli tale deve essere e come tale deve operare, seppur abbia un ruolo fondamentale nell'azienda che presiede. Montezemolo ha probabilmente preteso, come Giraudo a suo tempo, di gestire con maggiore autonomia l'azienda di cui era a capo; ha preteso di intraprendere strade ed obiettivi che contrastavano col volere dell'azionista di maggioranza, compresi, nel suo caso, gli affari coi "nemici" di John, i Della Valle e le velleità politiche sfociate in un nulla di fatto. Ed è strano, fa quasi sorridere, pensare che la storia di cui fu artefice a Montezemolo non abbia insegnato nulla in merito.

E per finire: la cosa che ci fa più rabbia, da juventini, consiste nel fatto che per dare il benservito a Giraudo si sia arrivati ad accettare, zacconianamente parlando, la distruzione di oltre cento anni di storia della Juventus, la sua retrocessione in serie B, l'amputazione di due scudetti vinti correttamente sul campo dal suo palmares e l'emorragia finanziaria che ne derivò, mentre per defenestrare Montezemolo è bastato un motore rotto alla prima variante di Monza. Fortunatamente per la Ferrari, direi, ma purtroppo per la Juve che in teoria con le vicende passate ed attuali di Montezemolo non avrebbe dovuto averci nulla a che fare.

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