Zamparini e Zeman hanno un problema: l'inizio di campionato delle loro squadre non è stato sicuramente all'altezza. Succede, tanto più se la campagna acquisti non è stata propriamente indovinata. In questi casi bisogna distrarre leggermente l'attenzione dai risultati del campo con qualche stratagemma e in tal senso parlare, o meglio: sparlare di Juventus vuol dire giocarsi una carta sicura, un "jolly" che per qualche settimana può tornare buono. Così Zeman ricorda per l'ennesima volta la sua storia di juventino anti-juventino, Zamparini attacca di nuovo il "potere" bianconero e restiamo fiduciosi in attesa del prossimo, presidente, allenatore o calciatore-bandiera che di fronte ad un insuccesso, ad una difficoltà più o meno imprevista, si rifugi nel solito calcio d'angolo a strisce bianche e nere.
Ormai è così da lustri, per cui è persino da ingenui stupirsene e diventa sicuramente noioso continuare a parlarne. Però dobbiamo farlo, primo perché
non esiste una linea societaria ufficiale a livello comunicativo in difesa della propria storia, per cui ogni strale lanciato centra l'obiettivo senza colpo ferire, secondo perché la rinascita, eventuale, auspicata, ma molto di là da venire del calcio italiano passa, o meglio: dovrebbe passare anche attraverso un recupero dei valori dello sport, fra cui il rispetto dell'avversario, che oggi in Italia nessuno pensa di attuare, a nessun livello. Quando dico nessuno intendo anche la tifoseria juventina, che assorbe compiaciuta questo virus prevalentemente italico e mi riferisco, a mero titolo esemplificativo, alle lamentele post Juventus-Malmoe su un dubbio rigore non fischiato a Pogba e sul gol annullato a Llorente, episodi molto al limite, tutt'altro che di facile interpretazione ed a ben vedere, moviole alla mano, interpretati correttamente dagli arbitri europei. Episodi che non hanno spostato di una virgola l'inerzia ed il senso dell'incontro, ma tant'è: arbitro venduto!
Da troppo tempo, tutti,
ci stiamo negando il gusto migliore che lo sport regala a chi lo segue: il gusto dell'attesa positiva dell'evento, il gusto di viverlo intensamente, il gusto della partecipazione collettiva, sia essa allo stadio che davanti al televisore in compagnia degli amici o dei parenti. Questo è uno dei motivi, forse non il principale, sicuramente il più fastidioso per chi ama lo sport, per cui il calcio italiano langue nella mediocrità. Non servono impianti nuovi e d'avanguardia, non servono progetti tecnici di rilancio dei settori giovanili e delle squadre nazionali, non servono programmazioni economiche e di marketing del prodotto calcio se alla base non si recupera l'essenza di questo sport. E' semplicemente frustrante seguire trasmissioni e dibattiti fra tifosi che si imperniano quasi esclusivamente sul fuorigioco non segnalato, sul rigore dubbio, sulla potenza politica o economica di tal club rispetto a tal altro.
Su questo clima semplicemente modesto si è formata la prima distruzione del calcio italiano, attuata a mezzo della distruzione del suo club più prestigioso, e sempre su tale clima si continua a litigare, ad insultarsi, domenica dopo domenica, mercoledì di coppe inclusi, come un popolo di incoscienti che ancora non ha capito, o non vuol capire, la lezione subita. E allora avanti con gli Zamparini, con gli Zeman, coi complotti, con le accuse su chi ha distrutto il calcio, con i cori dementi allo stadio, con le rappresaglie e gli agguati sulle autostrade, fuori dagli stadi, prima e dopo le partite. Avanti verso il baratro, come una mandria di ciechi, di sordi, ma, purtroppo, non di muti.
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