di Domenico LaudadioL’Imperatore Neurone, Pensieri a bassa voce davanti a Roma che brucia.E’ l’Italia dei feudi e dei campanili, il paese dove due comuni limitrofi della provincia non si mettono d’accordo e festeggiano lo stesso santo patrono due volte a distanza di una settimana e di tre chilometri per fare la gara a chi spara i botti più forti. E’ un paese dove
la violenza spumeggia anche nel calice amaro del calcio sempre più avvelenato alla botte dai suoi addetti ai lavori molto più che dagli ultras, forse gli ultimi veri romantici nel gioco di ruolo.
Non m’interessa entrare nel merito delle moviole e dei regolamenti dell’ultima disputa se a preoccuparmi è più la libertà negata a mio figlio di entrare in uno stadio italiano con la maglia della sua squadra del cuore in nome dell’ordine pubblico. Il pallone tiranno s’è fottuto oramai anche la Costituzione e la Democrazia. Mi domando, allora, nella mia educazione in cosa ho sbagliato? Nulla, o quasi, tranne lo sport al quale appassionarlo.
Il calcio incomincia a farmi realmente schifo. Incominciano a farmi ribrezzo anche i suoi uomini più celebri, gli pseudo campioni e quanti nelle retrovie gravitano intorno a loro come zecche a succhiarne il nettare della putrescenza, delirando irresponsabilmente davanti ad un microfono pagato dal mio canone o sotto i titoli cubitali dei grandi quotidiani da smerciare ad ogni costo al popolo bue. Ne ho viste e sentite di tutti colori dopo la partita di Torino. Un cantante fuori dal giro ha tirato in ballo la Juve, per analogia, nella morte di Falcone e Borsellino e per il tacitamento di Ustica, travisando subdolamente gobba.
La caccia alla strega è ufficialmente ripartita, preparando il suolo per il prossimo rogo pubblico in piazza. Repetita Calciopoli iuvant… Certa fauna mediatica sembra assecondare l’intestino più che il cervello e imbratta di sterco la passione, la libertà e la dignità di tanti sportivi, fosse anche la metà del paese.
E’ fisiologico, umano, detestare una squadra, un colore, un partito, un attore, un parente… Si può, anzi lo si deve accettare, ma è patologico o criminale perseguirne il fine intimidatorio e bellico come fosse una missione, peggio, per professione… Poi, al prossimo morto degli stadi, crocifiggeranno come sempre il tifo organizzato, butteranno in pasto alle folle la carogna di turno, lavandosi le mani del sangue innocente versato e pontificheranno. Dice bene il mio amico Francesco Caremani, giornalista e grande amante dello sport: «
sono juventino, ma non tifoso…». Il senso di responsabilità di un credibile professionista davanti alla verità. «
Cos’è la verità ?», chiese Pilato a Gesù. Questa domanda rimbalzi in ogni antro maleodorante delle testate sovvenzionate anche dai fondi pubblici dove si olia la macchina del fango, dove scrivani presumono la propria fede come l’unica religione di stato e si ispirano all’etica sportiva di vuoti milionari dal congiuntivo smarrito.
Ignoranza e arroganza la comandano nel mondo del pallone, lo stile quelle rare volte che illumina è il capolino di un sole malato, inficiato dal sospetto di chi inquinerebbe anche un cherubino nel cielo. Il tifo contro è una malattia psicologica sosteneva saggiamente l’Avvocato Agnelli… La coscienza non viene più davanti alla crociata. Guardavo le immagini tremende dell’Is che giustiziava in nome di dio l’ennesimo martire in arancione e pensavo che lo facevano anche i nostri templari a Gerusalemme e per il medesimo onnipotente… E’ sottilissimo il confine fra la ragione e la follia. Anche in questo mondo del calcio di capricciosi e viziati dei immortalati nel gossip di una Ferrari testarossa e dell’ultima scopata eclatante. Anche in questo mondo del calcio di profeti del malaffare e di santoni falliti sopravvalutati che sparlano di tutti e tutto e del loro contrario. L’Imperatore di Roma Neurone ha suonato in diretta SKY la cetra davanti alla claque dei sodali e dei sudditi senza replica e ha sentenziato che gli Juventini hanno incendiato Roma.
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