La Mother Road, la madre di tutte le strade è l’ex U.S. Route 66, che congiungeva Chicago a Santa Monica: il suo era un titolo incontestato. Per alcuni esiste anche
la madre di tutte le partite, ma non certo per noi, abituati a rispettare tutti gli avversari e affrontarli sul campo, solitamente vincendo. Il concetto era ben chiaro anche all’Avvocato, che ebbe a dire:
“Vinca il migliore o vinca la Juventus? Sono fortunato, spesso le due cose coincidono” . Quando le cose non ci vanno per il verso giusto, siamo soliti elogiare i meriti dell’avversario, valutare i nostri errori e preparare la riscossa per la gara seguente. Non tutti la pensano allo stesso modo: gli habitués della sconfitta, quando giocano contro di noi, fanno finta di credere che il risultato non dipenda dai valori in campo, bensì dalla legge dei grandi numeri (o Teorema di Bernoulli), secondo cui le vittorie e le sconfitte con la Juventus dovrebbero essere in numero quasi pari. Ciò non avviene? E’ perché i bianconeri rubano. Questo è il motivo per cui, tifosi di squadre con storici, ancorché fuggevoli fasti passati, come i viola, vedono in quella con i bianconeri la Madre di tutte le Partite, con l’eventuale vittoria sui bianconeri che fa passare in secondo piano campionati altrimenti fallimentari.
La matematica, però, non è un’opinione:
i numeri, infatti, decretano una schiacciane supremazia bianconera. Considerando le 168 gare ufficiali disputate tra viola e bianconeri in Campionato, Coppa Italia, Coppa UEFA ed Europa League, le nostre vittorie sono 76, con 55 pareggi e 37 sconfitte, per le 283 reti segnate e le 187 subite. Nel conto globale, con cento reti segnate più degli avversari, abbiamo vinto in media due gare su tre, ma considerando solo le ultime venticinque sfide, a parte undici pareggi, la Juventus ha trionfato sei volte su sette.
Se per i viola spicca un Fiorentina - Juve cinque a zero (1940/41) e uno Juventus - Fiorentina zero a quattro (1955/56), i bianconeri, nel preistorico 1928/29 possono vantare una vittoria casalinga per undici a zero e un molto più recente zero a cinque in casa viola (2011/12); nella mia personale classifica di gradimento, al primo posto c’è la gara del 1994 al Delle Alpi, quel tre a due in rimonta con la doppietta di Vialli e “quel” gol di Del Piero.
Pare, a vedere i numeri, che non ci sia storia. Anche dal loro sito ci segnalano come la Juventus sia la squadra italiana che ha vinto più gare e segnato più gol alla Viola. Nonostante ciò, ci considerano dei ladri ma, bontà loro, solo dal 1982. Quell’anno, appaiate a quarantaquattro punti a novanta minuti dalla fine del campionato, noi eravamo di scena a Catanzaro e la Fiorentina giocava a Cagliari. Mentre i viola non andavano oltre il pari con gli isolani, quasi allo scadere, Brady trasformava il rigore concesso dell’arbitro Pieri per un evidente fallo di mano di Celestini, quasi sulla linea di porta, su tiro a botta sicura di Pierino Fanna. A Firenze il rigore è considerato un regalo arbitrale e i nipotini dell’Alighieri si considerano i vincitori dello scudetto 1981/82, in barba agli insegnamenti di Shel Shapiro (the Rokes: “Bisogna saper perdere”, 1967).
Benzina sul fuoco la mise anche la doppia finale di Coppa UEFA 1989/90: dopo il perentorio tre a uno di Torino (Galia, Casiraghi e De Agostini, col momentaneo pareggio di Buso), la Fiorentina, per la squalifica del Franchi, fu destinata a giocare ad Avellino, dove un nulla di fatto consegnò la Coppa alla Signora. Anche qui non si capisce cosa ci sia da contestare: è vero che si giocò il ritorno in uno stadio bianconero, ma è cosa abbastanza comune in provincia. Piuttosto, sarebbe stato opportuno un mea culpa dei teppisti viola, che determinarono la squalifica del Comunale di Firenze.
Molto maggiore fu l’acrimonia nei nostri confronti per la successiva cessione di Baggio alla Juve da parte dei Pontello, che a Firenze generò addirittura scontri di piazza. Sono di quel periodo le astiose invettive zeffirelliane contro Boniperti, che querela e ottiene un cospicuo risarcimento pecuniario da parte dell’esagitato regista.
L’anno seguente, a far intuire un legame mai vero con i colori bianconeri, Baggio conquista un rigore in campionato a Firenze, ma si rifiuta di tirarlo: Gigi De Agostini lo sbaglia, la Fiorentina vince e il Codino esce dal campo con una sciarpa viola al collo.
Le provocazioni però non sono a senso unico: nel 1997, dopo aver segnato, Conte scimmiotta Batistuta mimando il gesto del mitra. I tifosi non lo perdonano, e quando torna a Firenze da allenatore, nel 2012, lo stadio è tutto un ondeggiare d’ironiche parrucche bionde. Quelle parrucche, a fine gara, servirono a coprire il cuoio capelluto di quei tifosi che si strapparono i capelli dopo lo zero a cinque finale.
Sono seguite poi schermaglie di mercato, col quasi-viola Berbatov che, corteggiato (?) dalla Juve, prende infine la via di Fulham. L’isterico Della Valle, per ritorsione, annulla il passaggio di Jovetic in bianconero ma, viste le ultime stagioni del montenegrino, mai vendetta fece meno danno. Più recenti, le contumelie dell’irascibile numero uno viola rivolte a Elkann, Marchionne e infine anche ad Agnelli, anche se inizialmente originate da motivi extracalcistici. Con tale padrone, si capisce il motivo per cui i vari Torricelli, Di Livio, Maresca e Matri siano stati sottoposti al seppur goliardico rito della “degobbizzazione”, e soprattutto perché, a Firenze, ci aspettiamo sempre l’apparizione del famoso striscione: “Heysel: 39 gobbi in meno”.
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