Mercoledì sera mi sono voluto godere in santa pace una partita in particolare, fra quelle proposte dall'ultimo turno di Champions League, e da barcelonista, culè d'adozione, nonché da estimatore di Ibrahimovic la scelta è ovviamente ricaduta su
Barcellona-PSG. Grande è stato il mio stupore nel leggere la formazione blaugrana: tre centrali difensivi, nessun terzino di ruolo, tutti e quattro gli attaccanti più forti schierati dal primo minuto, con in più Iniesta sulla linea mediana. "Lucho"
Luis Enrique, il vero erede designato di Guardiola sulla panchina catalana, stupiva abbandonando il celeberrimo, storico, 4-3-3 per un incredibile 3-3-4, che in alcune fasi di gioco si trasformava persino in 3-2-5, quando iniesta si poneva fra Neymar e Suarez sulla linea degli attaccanti. Poteva sembrare una follia tattica, anche perché gli esterni alti d'attacco, Pedro a destra e Neymar a sinistra, tutto sembrano, meno che ali tornanti, meno che i Lichtsteiner ed Asamoah di Conte e del primo Allegri in bianconero. In realtà
è stato un meraviglioso azzardo ben calcolato, una quadratura del cerchio necessaria per non snaturare, come sarebbe avvenuto nel 4-3-3, le caratteristiche di Messi e Suarez, due giocatori sempre e comunque straordinari, ma letteralmente fuori categoria, soprattutto il divino argentino, se impiegati vicino alla porta, in posizione prevalentemente centrale. Il risultato è stato a tratti devastante: il PSG ha giocato, si fa per dire, interi quarti d'ora asserragliato nella propria trequarti, senza mai toccare la palla, se non per raccoglierla in fondo alla propria rete. Uno spettacolo sublime, ma non proprio originale.
Per quel che ricordi io, per quel poco che vale, il primo a schierare un modulo con difesa a tre e tanti uomini "d'attacco" nel calcio cosiddetto "moderno", fu
Louis Van Gaal col suo meraviglioso Ajax di metà anni '90, che schierava, davanti a Van der Sar, Reiziger, capitan Blind e Bogarde nella linea a tre difensiva, a centrocampo schierava un rombo con vertice basso F. De Boer, vertice alto Litmanen, R. De Boer largo a destra e Davids largo a sinistra, mentre l'attacco veniva disposto con Finidi largo a destra, Kluijvert centravanti e Overmars largo a sinistra. Questa fu la formazione campione del mondo, quella che, leggermente rimaneggiata rispetto a questo "undici" tipo venne battuta dalla Juventus nella leggendaria finale di Roma del 1996. Poi negli anni le squadre schierate con la difesa a tre vennero pian piano considerate squadre tatticamente brutte, dedite ad un calcio speculare, distruttivo, perché gli esterni di centrocampo erano spesso terzini di corsa avanzati, mentre i centrocampisti erano sostanzialmente recuperatori di pallone. Le varianti successive, ovvero il 3-5-2 o il 3-5-1-1 dei primi anni 2000, risultavano ancor più difensiviste, persino obsolete.
Nel 2012, però, si ebbe un'inversione di tendenza col 3-3-4 che
Antonio Conte, tecnico della rinascita bianconera, impose ai suoi uomini; all'inizio solo nelle sfide contro formazioni che si schieravano con la difesa a tre, poi sempre, contro chiunque, un modulo che riproponeva la difesa a tre per una cosiddetta "grande". Ai più, meno attenti, pseudo intenditori dalla puzza sotto al naso, sembrò una bestemmia far giocare una squadra, che col 4-3-3 l'anno prima aveva dato spettacolo, proponendo un gioco qualitativamente simile a quello delle migliori interpreti europee, "alla Mazzarri", "all'italiana", espressione intesa nel senso più deteriore ed offensivo del termine. In realtà Conte ha sempre definito quel modulo come estremamente offensivo, molto più del 4-3-3 fino ad allora applicato, perché gli esterni di centrocampo di fatto si sistemavano costantemente sulla linea delle due punte più che su quella dei mediani, per non parlare della linea dei tre difensori. Il modulo di Conte, non perché lo dicesse lui, ma perché era evidente vedendo la squadra schierarsi in campo, era di fatto un 3-3-4 capace di compattarsi in un 5-3-2 nelle sole fasi difensive. Fu quindi cosa del tutto nuova, usuale e non saltuaria, vedere uno dei due esterni crossare in area per l'altro che andava a chiudere l'azione. Fu una rivoluzione, o meglio: un'evoluzione che durò ben due anni e mezzo, un'evoluzione poi ripresa prima dal primigenio maestro della difesa a tre, il già citato Van Gaal che così schierò la sua Olanda nei recenti mondiali brasiliani, ottenendone pregevoli risultati, e, dall'inizio di questa nuova stagione, persino da
Pep Guardiola, che ha schierato il suo Bayern con un 3-4-3 che spesso riesce a tramutarsi in un 3-3-4 spregiudicatamente simile a quello appena varato da "Lucho".
Persino lo stesso
Allegri, convinto seguace del 4-3-1-2, nei primi mesi da juventino ha proseguito sul solco tracciato dal suo predecessore, apportandone minimali, ma interessantissime varianti, dovute agli infortuni di Barzagli e di Pirlo, che gli hanno permesso di sperimentare, giocando Caceres e Marchisio in loro sostituzione, un 3-3-4 meno frenetico, ma persino più bello e ragionato, con una maggior circolazione di palla orizzontale, avendo di fatto due terzini, Caceres e Chiellini, sulla linea a tre di difesa, terzini che sanno fare benissimo anche i centrali, sia a tre che a quattro, e Marchisio che dà più copertura e più velocità nel giro palla rispetto a Pirlo, a scapito di una minor qualità che si evidenzia soprattutto nella assenza, o quasi, di lanci in verticale.
Per concludere:
il calcio è uno sport meraviglioso, perché, similmente a quanto accade in natura, nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, tutto si evolve, tutto si può e si deve prima riscoprire e poi reinterpretare;
è una continua scoperta, o riscoperta, di tattiche nate per ovviare alle vecchie, per neutralizzare le nuove, in un continuo cammino verso la perfettibilità, perché la perfezione, si sa, non è di questo mondo, nella consapevolezza, quella che hanno solo i grandi allenatori sopra citati e gli appassionati minimamente competenti, che non esiste un solo modulo, una sola idea di gioco, se non nella testa di anziani allenatori presuntuosi e in chi li segue, più o meno consapevolmente.
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