Avete mai giocato da bambini al telefono senza fili?
Ci si disponeva in fila, ed il primo sussurrava una frase all’orecchio del secondo, il quale eseguiva la stessa operazione con il terzo, e via così fino all’ultimo che riportava la frase a voce alta. Nella maggioranza dei casi il risultato finale era esilarante, stravolgendosi interamente il contenuto od il senso della prima affermazione, e così “il sale fa male alla salute” terminava con divenire “pensare fa male alla salute”. E tutti giù a ridere.
L’esempio fanciullesco viene spesso utilizzato per mettere in risalto gravi errori di strategia e comunicazione che si possono commettere all’interno di aziende, società o perché no squadre sportive, essendo anch’esse tipologie di gruppi sociali, come l’insieme dei fanciulli alla ricerca del momento ludico.
A leggere l’intervista ad Alessio Secco apparsa su
Tuttosport in data 7 ottobre, risulterebbe che questo errore, tra gli altri, sarebbe stato commesso dalla società bianconera l’anno passato . Il direttore sportivo della Juventus infatti candidamente ammette che quest’anno le cose sono diverse:
«La grande diversità sta nella condivisione dei piani di lavoro. Adesso l’allenatore è cosciente dei programmi ed è contento, lo staff medico è d’accordo, la società osserva dall’alto e vigila. Un anno fa, bisogna ammetterlo, non andava così».
Così, un po’ maldestramente, il buon Secco nel tentativo di tranquillizzare i tifosi di Madama sul futuro della propria amata ha ammesso una pecca di non poco conto compiuta solo un anno fa: e chissà se davvero le cose saranno cambiate?
C’è fortemente da augurarsi che sia così. Come si potrebbe altrimenti pensare di puntare all’eccellenza, l’unico traguardo che storicamente appartiene alla gloriosa Juventus, se non si rispetta nemmeno il principio che sta alla base stessa della definizione di gruppo, ovvero quello di
insieme di persone che interagiscono le une con le altre in modo ordinato sulla base di aspettative condivise riguardanti il rispettivo comportamento? L’affermazione di Alessio Secco giunge al termine di una risposta ad una domanda del giornalista focalizzata sul problema degli infortuni e dei rapporti con lo staff medico.
Il timore è che il concetto espresso dal ds potesse abbracciare più ambiti, dunque anche al di là dell’aspetto legato alle condizioni fisiche degli atleti. E non aiuta certo ad allontanare le paure prendere in considerazione come esempio il precedente dell’ex allenatore Ranieri.
In un gruppo, infatti, momento cruciale nel processo di pianificazione è quello dedicato alla definizione degli obiettivi. La mission deve essere chiara e condivisa da tutti, per cementare il senso di appartenenza allo stesso. Di più: gli obiettivi devono essere
misurabili e raggiungibili .
E la
raggiungibilità è presupposto imprescindibile a livello motivazionale. Un obiettivo irraggiungibile avrebbe l’effetto di scoraggiare già in fase di partenza ogni individuo del gruppo, incidendo così in maniera fortemente negativa sul morale e sulle aspettative di ognuno. E d’altro canto, un obiettivo non abbastanza ambizioso potrebbe non stimolare a sufficienza, minando la fiducia degli individui relativa alle competenze e qualità di chi è preposto a definire i traguardi da raggiungere.
Se pensiamo pertanto ai campionati 2007-2008 e 2008-2009 della Juventus, essi sono stati proprio caratterizzati dal gioco del telefono senza fili rispetto agli obiettivi da perseguire. Pare che la società avesse chiesto a Ranieri per il primo anno la qualificazione in Uefa.
Ranieri, per suo conto, si era posto un ben poco misurabile obiettivo di “rompiscatolismo”.
Tra i giocatori sembravano serpeggiare diverse correnti di aspettative.
E dalla piazza gli umori percepiti sulle aspettative da parte dei tifosi tutto erano tranne che univoci: e nella singolare gestione della comunicazione fatta negli ultimi anni dalla società di corso Galfer, nulla è stato fatto per indirizzarle in una unica direzione.
Il risultato, scontato nelle teorie che spiegano le
dinamiche di gruppo , è stato il crearsi di situazione di
conflitto dovuta all’incertezza degli obiettivi, e probabilmente anche ad altri fattori, per esempio legati all’assenza di una precisa definizione e strutturazione gerarchica dei ruoli dentro e fuori lo spogliatoio.
Nella pratica, la Juventus sul campo ha cominciato a perdere punti, coesione, gioco. Nella primavera passata, in campo c’erano 11 giocatori, non una squadra!
Imperdonabile l’atteggiamento del management in quella situazione. Anche di fronte a casi espliciti di ribellione negli spogliatoi, non ci fu una presa di posizione in difesa dell’allenatore, che anzi venne usato come vittima sacrificale per divenire il capro espiatorio di turno, al fine di ammansire il tifoso imbufalito e veicolare l’attenzione pubblica preminentemente su tutti gli errori dell’allenatore, mascherando così quelli altrettanto gravi compiuti dalla dirigenza.
Non ultimo, Ranieri stava ottenendo la meta che gli era stata fissata. Esautorandolo, i vertici della Juventus hanno così lasciato intendere che gli obiettivi nel frattempo si erano modificati, un chiaro errore dunque di chi li delinea, e non di chi si adopera per il loro raggiungimento.
E’ una banalità, non ci sono dubbi, ma è chiaro che per vincere bisogna remare tutti dalla stessa parte, o la barca da condurre al traguardo verrà rallentata nel suo cammino, quando non arrestata.
Quest’anno, vivaddio, parrebbe che l’obiettivo di questa Juventus sia esplicito e condiviso: vincere!
Un passo avanti è stato fatto.
Certo se poi in tutto il resto la pratica del telefono senza fili fosse ancora in uso, probabilmente non basterà.
Ma la problematica, va da sé, è facile che diventi ormai iscrivibile al solo livello esecutivo per il raggiungimento dei traguardi.
Perché con l’uscita di scena di Cobolli Gigli e Montali, il presidente-DG-AD uno e trino Jean-Claude Blanc, che i
gregari del potere da mesi già riconoscono come trino, visto che ci descrivono ogni suo gesto come trasformazione di acqua in vino, resta praticamente unico anello di congiunzione tra la proprietà e la squadra.
E allora ci aspettiamo che finalmente, eliminando le altre, si senta nelle dichiarazioni ufficiali della Juventus, come sempre avvenuto in passato, una unica campana.
E come recita il titolo del mio libro preferito tra quelli scritti da Hemingway: per chi suona la campana?
Mi preparo un mojito come i tuoi, mio buon Ernst, con 2/3 di ruhm e 1/3 di soda, inversamente alle proporzioni del cocktail come da manuale. Con rhum bianco giovane e rhum scuro invecchiato.
Così, forse, riuscirò a non pensare alle risposte.
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