C'è una grossa novità, a Roma: i giornali si sono accorti che
Garcia non è il gentleman da loro ritratto per tanti mesi. O meglio, la tesi comune è che sia
cambiato, per colpa dell'aria malsana italiana. Un po' come è accaduto a
Benitez qualche tempo fa. Nessuno ha mai pensato di ricordare le polemiche in cui si ficcava il pingue allenatore del Napoli già ai tempi del Liverpool, quando si affannava più a minimizzare i successi altrui che a migliorare i propri risultati. Ma questo è un altro discorso e si rischia di andare fuori tema.
Torniamo al nostro Garcia, che ha adottato una
strategia interessante: crearsi una realtà propria, a dispetto di qualsiasi voce in dissenso. E così, come un disco rotto, racconterà anche ai pronipoti del furto subito allo Juventus Stadium, qualche mese fa: a sentire lui e il resto della ciurma giallorossa,
tre gol della Juve, tutti irregolari! C'era un rigore (con annessa espulsione del difensore romanista) su Marchisio ad inizio incontro? Chi se ne frega! Il primo rigore della Juve andava dato in ogni caso, perché se anche Maicon fosse uscito dall'area non avrebbe rispettato la distanza indicata dall'arbitro con la bomboletta? Chi se ne frega! Il fallo sul secondo rigore assegnato alla Juve, dopo averlo rivisto mille volte alla moviola, non è ancora chiaro se fosse dentro o fuori? Chi se ne frega! Il gol di Bonucci è stato certificato valido anche dalla FIFA, massima federazione calcistica mondiale? Chi se ne frega! A forza di ripetere che quella partita gli è stata rubata,
Garcia è riuscito a convincere molti che tutto sommato qualche ragione di lamentarsi l'avesse veramente. E così ci ha preso gusto e non l'ha più finita.
Il tecnico che, stando alla fanfara mediatica, avrebbe dovuto portare in Italia una ventata di europeismo calcistico (dall'alto della sua esperienza in Ligue 1), si è trasformato in un
Simoni de noartri, inducendo i giornalisti a portarsi dietro l'ombrello, quando lo devono intervistare.
Ma il destino talvolta si diverte a fare scherzi. E così, dopo quel famoso Juve-Roma, è successo che per un bel po' di partite i giallorossi potessero beneficiare di errori palesi di ogni tipo. E
Garcia? Un fuoriclasse della giravolta! Un campione della negazione dell'evidenza! In un crescendo rossiniano, è arrivato a dire di fronte alle telecamere che il rigore regalato al termine dei supplementari di Coppa Italia e che ha permesso (insieme alla mancata espulsione di Yanga Mbiwa, passata in cavalleria) alla Roma di eliminare le riserve dell'Empoli fosse sacrosanto. Per poi aggiungere: "
Comunque voglio parlare di calcio!". Veramente fantastico. Tutto questo, mentre i suoi stessi giocatori quasi si scusavano con gli avversari, per la penosa situazione, e i tifosi li coprivano di fischi.
Il problema di Garcia, come pure di Benitez, è che
non conta da dove vieni, ma solo con che ambiente sei costretto a confrontarti. Potrebbero anche essere marziani, ma se vogliono sopravvivere in mezzo a romanisti o napoletani, sono costretti a scendere al loro livello.
Garcia è finito in mezzo a tifosi che pretendono di vincere giocando con un quarantenne che deve fungere da salvatore della patria (e cosa importa se per 4 o 5 partite di fila non la sfrega?), con una difesa mediocre, un portiere scarso ed un attacco in cui brilla (a luce intermittente) solo la stella di Gervinho. Tifosi che hanno la certezza di tifare per la squadra più forte (per motivi che a noi comuni mortali sfuggono) e che di conseguenza, se non vincono, devono avere subito un torto.
Per un allenatore, questa situazione da una parte è complicata, ma dall'altra permette di sfruttare il più abusato degli alibi:
abbiamo perso perché il sistema non ci ha lasciato vincere. L'abbiamo sentito dire da Simoni, tanti anni fa, così come da Zeman (l'allenatore più forte del mondo...) e da tanti altri.
Alla fine dei conti,
a rimetterci sono proprio i suoi stessi tifosi, che si bevono queste fandonie e vivono nell'illusione di avere una squadra di fenomeni osteggiata da un misterioso potere occulto. A meno che non arrivi il Guido Rossi di turno, che cavalcando il
sentimento popolare gli regali qualche trofeo di cartone.
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