Zdenek Zeman a seguito di una di quella catena di risultati a cui ci ha abituati si è dimesso dalla guida tecnica del Cagliari. Appena dopo aver pubblicamente e ostinatamente confidato nella salvezza e soprattutto in sé stesso, ha mollato:
«Io ho dato tutto me stesso, ora è giusto che ognuno si prenda le sue responsabilità. Dimettendomi io faccio la mia parte, ora gli altri si assumano le proprie responsabilità». Ma che vuol dire "dimettendomi faccio la mia parte"? A questo punto chi altri potrebbe fare qualcosa dopo che lui ha compromesso tutto? Vede Zeman, noi l'abbiamo inquadrata già da tempo. Scrive bene l'amico Marco Lancieri,
«tra qualche anno, al prossimo processo in cui si farà l'ennesimo calcolo delle sue retrocessioni: "No, nel 2015 mi sono dimesso quando il Cagliari non era ancora retrocesso. E con me sono sicuro che si sarebbe salvato": non potrà dire che il Cagliari non retrocederà sotto la sua guida e a causa sua». La probabile retrocessione dei rossoblu invece sarà da ascrivere proprio al maestro (de che?), e queste
dimissioni pilatesche non potranno mai essere considerate positivamente da parte di nessuno sportivo. Lui forse voleva farne un capolavoro professionale-mediatico-populista, sarà invece, speriamo, quella macchia che svelerà a tutti il suo spessore professionale e umano. Sarebbe una cosa naturale in un paese serio, ma qui da noi, bypassando qualsiasi criterio meritocratico, si è preferito far arricchire uno come Zeman e al tempo stesso volerlo presentare ai giovani quale esempio di probità. C'è da sperare solo di non doverlo rivedere mai più fare soldi col calcio, e con lui il figlio (altro esempio di meritocrazia).
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