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Editoriale di A. STAFFIERI del 26/05/2015 16:24:23
Conte, Allegri e l’inutile dualismo

 

Dal 16 luglio 2014 se ne sono dette tante, troppe, sull’addio di Conte alla Juve e sulla scelta della società di sostituirlo con Allegri. Pensieri e parole confuse che hanno portato i tifosi a dividersi in fazioni: i “contiani”, per i quali la riconoscenza verso il Mister della rinascita sfociava (e sfocia ancora oggi) nella divinazione nei confronti dell’attuale CT della Nazionale e nel disprezzo quasi a priori del successore Allegri, e gli “anti-contiani”, che hanno visto l’addio come un affronto, un tradimento, un gesto figlio dello smisurato ego del tecnico leccese che aveva paura di non vincere per il quarto anno consecutivo e che degenera nella mancanza di riconoscenza dei meriti dell’ex allenatore. Un dualismo utile esclusivamente a chi non ama la Juve ed alimentato, ovviamente, dalla stampa che in questi mesi non ha perso occasione di elogiare uno per sminuire l’altro e viceversa a seconda di come giravano i risultati della squadra.

Come spesso accade quando ci sono questi pareri così estremi ed opposti, la giusta misura si può riscontrare nel mezzo. Partiamo con ordine, da quell’ormai lontano 31 maggio 2011, quando Conte decise di prendere in mano una Juventus allo sbando, reduce da due settimi posti in Serie A, riuscendo in pochi mesi a compiere un vero e proprio miracolo sportivo. Restituendo orgoglio e dignità a tutto il popolo bianconero. Portando nuovamente la Juventus a vincere il campionato italiano nonostante la concorrenza del Milan di Ibrahimovic ed Allegri. Una successo inaspettato, frutto del lavoro fisico e mentale (soprattutto), arrivato al termine di una cavalcata che vide la Juventus chiudere il campionato da imbattuta.

Successo bissato un anno dopo, questa volta ottenuto con i favori del pronostico e senza una vera rivale per il titolo, segno di una crescita inesorabile e costante della squadra, con sempre più fame di vittorie. Ed infatti arriva anche il tris, questa volta ottenuto al termine di un campionato combattutissimo, vinto grazie all’incredibile cifra record di 102 punti in classifica. Unico neo di quest’ultima annata, l’eliminazione dalla semifinale di Europa League (seguita a quella avvenuta nei gironi di Champions League a dicembre) che ha portato dapprima ad alcuni malumori in alcune frange della tifoseria, ai quali sono seguiti quelli del Mister, deluso (probabilmente) dall’ingratitudine percepita.

Da lì a poche settimane, il più o meno inaspettato addio di Conte alla Juve e l’arrivo di Allegri. Entrambi gli eventi accolti con gioia ed ilarità dagli anti-juventini e con pessimismo e contestazioni dai tifosi bianconeri. A mente fredda, provando ad analizzare la situazione (anche cercando di basarci sulle dichiarazioni sparse dei protagonisti a questo riguardo), possiamo intuire come la scelta di Conte (in comune accordo con la società) di andarsene dalla Juve fosse solo finalizzata al bene della squadra alla quale il tecnico salentino, a suo parere, non poteva più dare molto sia a livello tattico che motivazionale. E probabilmente le strade erano due: continuare a patto di riuscire a realizzare una mini-rivoluzione finalizzata a raggiungere uno step successivo (dignitoso percorso europeo) con molti nuovi giocatori, cercando di aprire un nuovo ciclo, oppure lasciare, dando la possibilità ad un nuovo allenatore (Allegri) di tirar fuori nuovi stimoli agli stessi giocatori del magico triennio e nuovi spunti tecnico-tattici.

E’ inutile dire come, alla fine, la scelta sia ricaduta sulla seconda strada e come, con il senno di poi, si sia rivelata una decisione corretta, con Allegri che si è dimostrato umile ed intelligente nel non stravolgere lo straordinario lavoro di Conte ed aggiungere, gradualmente, del suo. Con la Juve che in questo nuovo percorso è riuscita a vincere il campionato per il quarto anno consecutivo e a centrare il “double” con la decima Coppa Italia messa in bacheca. E con un’incredibile finale di Champions League ancora da giocare.

La Juve di oggi è innegabilmente figlia di Conte, a cui va tutta la nostra riconoscenza per averci tirato fuori dalla mediocrità in cui eravamo piombati nell’era post-farsopoli. Ma è anche figlia di Allegri, a cui va il merito di esser riuscito a proseguire egregiamente nel percorso di crescita iniziato dal suo predecessore. Gli inutili dualismi lasciamoli solo a chi ci vuole male, a loro non resta altro.

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