Dopo l’anticipazione della stampa delle motivazioni della Cassazione su calciopoli per il filone relativo al rito ordinario, eravamo in attesa dell’editoriale di Andrea Monti della Gazzetta dello Sport, da sempre grande accusatrice di calciopoli, che non ha tardato ad arrivare.
In trionfo, parla direttamente ai “moggiani” ribadendo che
“è la storia che i pochi media – e la Gazzetta in prima fila – non assoggettati a uno ‘strapotere esteso anche agli ambienti giornalistici e alle televisioni’, hanno raccontato e ribadito per molto tempo, senza particolare compiacimento, come si da conto di una terribile disfatta. Nel giorno del giudizio non rileva, la soddisfazione di chi, attenendosi ai fatti, ha avuto ragione degli insulti e delle minacce..”. Precisando, forse nel tentativo di rimanere credibile
“non sapremo, per esempio, delle pressioni sugli arbitri esercitate dall’Inter attraverso le telefonate di Facchetti, stigmatizzate ancora recentemente da un magistrato milanese anche se il comportamento dell’ex campione scomparso in quel fatale 2006, ‘ non può essere accostato a quello di Moggi nell’ambito penale’. In realtà, anche quando questo capitolo è diventato pubblico, lo abbiamo ampiamente raccontato”. (
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Partendo dal presupposto che nessuno di noi ha mai usato violenza o insulti per rispondere ai grandi accusatori di calciopoli, vogliamo ribadire un aspetto che Monti finge di non conoscere.
Le nostre critiche sulla ricostruzione della farsa nascono dopo aver
ascoltato ogni singola udienza del processo e letto tutti gli atti che abbiamo potuto visionare. Abbiamo visto come è stata condotta l’indagine, con quali lacune sono riusciti a farla sembrare credibile e con quali limiti hanno tentato di spiegarla in un’aula di tribunale (imbarazzante).
Grazie a chi ha condotto le indagini e giudicato gli imputati di calciopoli, abbiamo avuto un’idea chiara del livello della giustizia italiana. Un giustizia che oggi fa paura più che dare certezze. Non a caso, la giustizia italiana è ultima in classifica, secondo il Rapporto sullo stato della giustizia nei Paesi membri dell’Unione Europea. (
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Ma una cosa è stata chiara da subito e il tempo non ha fatto altro che confermare:
la stampa italiana non è assolutamente credibile. Altrimenti non avrebbe avuto bisogno di raccontare una verità parziale indirizzando il giudizio dei lettori e appoggiando un’inchiesta e un processo che più sgangherati non potevano essere. Se l’interesse e il bene comune era rappresentato dalla ricerca della verità, il fallimento è chiaro. Non basta crogiolarsi coprendosi dietro una sentenza che dovrebbe far vergognare.
Una stampa che occupa il 73° posto nella speciale classifica della “libertà di stampa” nel Reporter senza frontiere. Quindi non sono solo i moggiani a non ritenerla affidabile (
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Per i molti accusatori della prima ora, Gazzetta compresa, questa è una vittoria. Per noi una sconfitta non come tifosi, ma come cittadini di uno stato allo sbando, che ci ha permesso di acquisire consapevolezza sul livello della stampa e della giustizia italiana. Sono conferme come queste che rendono ancor più amara la realtà in cui viviamo.
La Cassazione può enfatizzare quello che crede, la Gazzetta potrà continuare a compiacersi delle sua magnificenza, ma la realtà su calciopoli, piaccia o non piaccia, rimane un’altra che chi ha un po’ di buona volontà, può ricostruire attraverso una semplice lettura imparziale e completa degli atti.
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