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Farsopoli di N. REDAZIONE del 17/06/2016 09:27:50
Calciopoli: 444 mil sono pochi…

 

Di Crazeology

Negli ultimi 10 anni, mi è capitato molte volte di parlare degli effetti negativi di calciopoli sulla Juventus, e sulla sua storia. In alcuni articoli, ma anche solo tra amici e conoscenti.

Come tutti i tifosi, anche io ho provato a tracciare un elenco di quesiti e di problemi derivanti dallo scandalo. E anche io ho provato a farlo sia dal punto di vista strettamente economico, sia dal punto di vista dei possibili trofei che sarebbero probabilmente stati vinti se le cose fossero andate diversamente quella stupida e vergognosa estate del 2006. Chiunque di noi, credo, ha provato a farlo. Giusto?

Io, come qualunque tifoso gobbo, ho provato a rifletterci su per ragioni di tipo emotivo e affettivo, ma successivamente ho provato anche a ragionarci sopra a scopo pseudo didattico/investigativo/storiografico. Generalmente in una valutazione come questa non esiste una risposta definitiva, perché per forza di cose un eventuale conteggio ha sempre molte incognite all’interno dello stesso. Troppe sono le variabili e gli addendi da sommare, nessuno può sapere come sarebbe oggettivamente andata senza lo scandalo, e qualunque risultato ha un valore di stima implicitamente relativo. Va detto, dunque, che qualunque cifra è “approssimativa” per definizione.

Ora, come tutti sanno, il 18 luglio ci sarà al Tar del Lazio la famosa udienza del ricorso dei 444 milioni di euro presentato dalla Juventus. Questa infatti è la cifra stabilita dai legali di Galfer. Questa per la Juventus è la cifra che quantifica il danno ricevuto dalle decisioni federali del 2006. Molto genericamente possiamo dire che questa cifra racchiuderebbe sia il danno emergente (diminuzione patrimoniale subita in quel dato momento storico), sia il lucro cessante (mancati guadagni che sarebbero stati realizzati senza le decisioni suddette). La cifra complessiva in se è considerevole, senza ombra di dubbio, e bisogna tenere conto che in questo tipo di valutazioni bisogna rimanere sugli aspetti concreti e tangibili del danno, e non si possono considerare molto gli aspetti affettivi et similia. E, facendo mea culpa, ammetto che non so se nel conteggio fatto dai legali all’interno del ricorso al Tar è presente qualche elemento relativo all’immagine, ai danni morali, e via dicendo. Anche se ne dubito fortemente. Ma non importa. Non è questo il punto.

Il discorso che oggi voglio fare con voi lettori, non è volto ad una critica ai conteggi o ai contenuti del ricorso presentato dalla Juve. Non è questo l’intento, anche perché non conosco con precisione i dettagli. Oggi voglio fare, invece, una mia personalissima valutazione complessiva del danno, tenendo conto anche di aspetti che vanno oltre gli aspetti strettamente utilizzabili dal punto di vista legale. Una sorta di quantificazione economica ideale, scollegata dalla reale o ipotetica realtà di attuazione in qualunque atto o richiesta ufficiale.

Per come la vedo io, il grosso del danno subito è quello dell’immagine. E la cifra approssimativa e complessiva che a me viene in mente tutte le volte che ci penso, è quella del miliardo di euro circa, tutto compreso. Vi spiego il perché.

Tanto per cominciare, ragionevolmente e presumibilmente, (anche se non possiamo dire sicuramente), la Juventus avrebbe stravinto ancora per anni molti trofei (quali non possiamo saperlo), e il suo fatturato sarebbe cresciuto ancora molto in modo deciso e costante.

Quindi dal semplice punto di vista dei semplici danni subiti, possiamo prendere per buoni i 444 milioni di richiesta del club e procedere a valutare il resto.

Vedete, il grosso del problema, è la certificazione con sentenze da bar (sia in sede di giustizia sportiva che in sede di giustizia ordinaria), che la Juve rubava e forse ruba tuttora. Anche perché i giornali strumentalizzano a piacere queste certificazioni anche su vicende successive e precedenti. Si tratta, se ci pensiamo bene, di un problema che purtroppo non è circoscritto nel periodo storico di cui si sta trattando, ma che oramai è diventato zavorra fisiologica che peserà nel corso dei prossimi decenni, soprattutto a livello di marketing e nomea del club in giro per il mondo. Anche perché la proprietà della Juventus, così come l’attuale dirigenza capeggiata da Andrea Agnelli, mai si è opposta con forza e decisione cercando quantomeno di arginare le dicerie e le malelingue. Mai si è passati, per così dire, al “contrattacco”, anzi. Il silenzio assordante di casa Agnelli/Elkann e della Juve sembra quasi un cercare di nascondersi per la paura di discutere, e suona quasi come una specie di ammissione di colpa di qualche genere. Una specie di “Ok, va bene, d’accordo, la Juve per voi ruba, ma passiamo oltre. Cosa c’è per cena?”. Generalmente la tutela del club e del marchio avviene in modo molto agguerrito solo e soprattutto contro i tifosi stessi della Juve che, (a seconda dei casi a torto o a ragione, sia ben chiaro), mettono in piedi della attività economiche o pseudo economiche che in qualche modo hanno al centro del progetto la Juventus e la sua tifoseria. Sappiamo tutti di cosa sto parlando: siti web, tv, locali, ecc. Tutto ciò che invece quotidianamente danneggia, offende, umilia, e infanga il marchio, non viene quasi mai tenuto in considerazione. E a Torino l’atteggiamento molle e lascivo non è stato diverso nemmeno per le tante sentenze assurde e dittatoriali subite o per le aziende a vario titolo concorrenti, che hanno tenuto comportamenti vergognosi contro il club (telefonare Inter e Telecom ore d’ufficio).

Questo significa che per la Juve è mediamente più difficile attrarre simpatizzanti e che esisterà sempre un “ma”, al di là delle vittorie e dei campioni che sicuramente aiutano e aiuteranno a trainare il fatturato verso l’alto.

Eccovi un fatto realmente accaduto un paio di anni fa. Così magari ci capiamo meglio…

In un centro commerciale londinese, un tifoso gobbo assiste a questa scena. Un padre e un bambino (inglesi), davanti ad uno scaffale pieno di maglie di squadre di tutto il mondo, discutono su un eventuale acquisto da fare. Il bambino vuole un regalo per la sua promozione a scuola, e tra le tante maglie (avendo già quella della squadra del cuore, Chelsea credo), ne vuole una straniera, e decide per quella della Juve, attirato dalle strane strisce bianche e nere. Della Juve sa poco o nulla, ma la maglia gli ispira simpatia a pelle. Ma il padre, che qualche giornale di calcio ogni tanto lo apre, tra una birra a l’altra, gli dice che la maglia prescelta è bellissima ma che quella squadra è da sempre accusata di ruberie nel suo paese (che tra le altre cose è il paese della mafia e dove tutto è corrotto), e che addirittura è andata in serie B per aver comprato degli arbitri. Così il bambino, per paura di eventuali commenti negativi dei suoi amici durante la partitelle al parco e simili, decide di prenderne un’altra (se non ricordo male di una squadra tedesca). Così il tifoso gobbo che assiste a questo fatto, si rende conto di quanto calciopoli potrà ancora contare nel corso del tempo, e rimane perplesso, nonostante sia un tifoso molto tiepido a dir la verità. Fine del racconto.

Ora, noi possiamo ragionevolmente presumere che nel corso del tempo lo scandalo del 2006 potrebbe gradualmente essere sempre meno influente, e che l’onda lunga negativa prima o poi possa quasi arrivare a non avere più nessun effetto sulla realtà economica del club. Ma io credo che sicuramente per qualche decennio questo macigno peserà ancora (difficile quantificare quanto di preciso), e che il problema calciopoli non sarà mai archiviato del tutto. C’è, purtroppo, una specie di perpetuità nello scandalo. Una cicatrice, un brutto tatuaggio, una targa infamante, un’etichetta, una nomea che la Juve forse si porterà sempre dietro. E non c’è nulla da fare.

A meno che, la Juventus non abbia una serie di elementi inaspettati e fantascientifici a suo favore:

- La volontà della proprietà del club di aver giustizia, finalmente (cosa praticamente impossibile).

- La sconsacrazione ufficiale delle inchieste e delle relative sentenze (cosa ormai quasi impossibile).

- Un controscandalo a favore e/o una campagna stampa che ristabilisca in Italia e nel mondo la verità (cosa ormai quasi impossibile).

- La condanna dei veri colpevoli del nostro mondo pallonaro ricco di imbroglioni e trafficoni (cosa ormai quasi impossibile).

- Una gestione complessiva, di tipo strategico, di tutte le informazioni e di tutte le entità utili alla causa (tifoseria, squadra, giornali, industria, comunicazione, ecc). In modo da far remare tutti nella stessa direzione (cosa ormai quasi impossibile).


Per tutte queste ragioni ho quantificato, in modo del tutto personale, il danno subito in un miliardo di euro; è difficile togliersi di dosso un‘etichetta o un pregiudizio.

Nei prossimi venti anni almeno, ogni anno la Juve incasserà sempre qualcosa in meno, per colpa di un fatto successo tanto tempo prima, nel quale si è certificato che il club aveva qualcosa di losco e sporco. Non sono più solo discorsi da bar fatti da tifosi avversari ubriachi e gelosi, ora ci sono degli atti e un albo d’oro che tutti nel mondo possono leggere. Ricostruzione a cui, badate bene, la stessa storica proprietà del club non si è mai opposta con forza.

E dentro il miliardo di euro ci ho messo anche i danni morali. E se vogliamo dirla tutta, in realtà i danni morali sono di difficile quantificazione economica per chiunque. Quindi il complessivo in realtà è incalcolabile.

Concludendo possiamo dire che aveva ragione Albert Einstein quando diceva che è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Verissimo.

Ma mi permetto di aggiungere che nel nostro caso è ancora più difficile spezzare un pregiudizio quando la famiglia che possiede di fatto il club è storicamente amica dei nostri storici nemici e ha quantomeno avallato il misfatto... O quando gli interessi della stessa sono sempre stati addirittura contrari… O quando si ha a capo del gruppo un signore che nell’estate del 2009 voleva comprare l’unica testata nazionale di rilievo che avanzava quotidianamente dubbi su calciopoli (Tuttosport). Era semplice shopping quello? O era un tentativo di acquisto per cercare di chiudere una falla informativa da cui stava entrando troppa verità scomoda? Per fortuna l’acquisto non riuscì.

Ma c'è una cosa è strana e divertente in tutto questo pasticcio: grazie al lavoro di qualche centinaio di tifosi gobbi svolto negli ultimi dieci anni sul web, mi piace molto poter constatare che anche su John Elkann e Andrea Agnelli oggi molti altri tifosi abbiano dei pregiudizi. Magra consolazione, certo, ma chi la fa l’aspetti.

Ora che provino a spezzarlo loro, il pregiudizio, se ne sono capaci.


Custode Saladellamemoriaheysel.it

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