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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Farsopoli di N. REDAZIONE del 31/08/2016 09:52:39
Data della morte: 31 agosto 2006

 

di Crazeology


Mi è capitato tante volte di ripensare all'intera storia della Juventus e di ripensare anche agli ultimi dieci anni (2006-2016) passati a lavorare gratuitamente per celebrarne la storia e scoprire tutte le cause e tutte le concause di quel tristemente celebre disastro estivo. E più passa il tempo, più ho la ferma convinzione che nel tardo pomeriggio del 31 agosto 2006 è effettivamente morta la Juventus. Se non altro quella che conoscevamo, e per cui tutti noi tifavamo. Attenzione, non solo la morte della Juve di Moggi e Giraudo, ma la morte della Juventus nel suo complesso. Tutta. Comprese tutte le Juventus delle gestioni precedenti, a partire dal 1897. E questo non tanto per la questione in sé, ossia lo scandalo, la successiva serie B, ecc, ma per via del completo e tonto ingerimento di una verità tutta da verificare, senza nessuna analisi seria della veridicità delle accuse. Per conto mio, l'ingrediente chiave, ossia il veleno causa della morte, è stato l'aver ingoiato senza nessuna remora le verità farlocche della stampa di regime, senza tentare nemmeno una difesa, senza nemmeno interrogare i supposti protagonisti dello scandalo, senza nemmeno soppesare le proprie eventuali colpe rapportandole a quelle altrui.
Insomma, fin da subito non si è cercata la verità in quel di Torino. Evidentemente, per forza di cose, a ben guardare, a quelli pignoli come me tutta la questione sembra più un suicidio che un omicidio. Tutta la questione nel suo complesso non torna. E ritirare quel ricorso al TAR ottimamente scritto, ma palesemente strumentale e di facciata, è stata la certificazione della morte. Un po' come quando il medico legale certifica la morte di un qualunque individuo. Io l'ho vissuto così il 31 agosto 2006.


E ho vissuto in questa prospettiva anche tutti i giorni precedenti: "Se andiamo in B, la Juve è morta. Ritorneremo in A alla velocità della luce. Prima o poi torneremo anche a vincere. Ma la macchia rimarrà per sempre. La Juve che verrà sarà solo una nipote o una figlia raccomandata, nata sulle ceneri di quella deceduta. Non conta quanti trofei vinceremo nei prossimi 20 anni. Niente sarà più come prima. Tutto il resto sono chiacchiere. Una vera risurrezione è quasi impossibile".


Vedete, cari e pazienti lettori, nei mesi scorsi su questo sito è stata pubblicata una bella serie di articoli intitolata "Calciopoli dove ero", dove molti redattori hanno descritto i loro personali ricordi di quella estate. Io non ho scritto nulla a riguardo, e allora lo faccio adesso. Ero proprio nella zona del centro di Torino per motivi personali quel 31 agosto, con la mia vecchia ma fedelissima bicicletta, e finite le mie commissioni decisi di andare davanti alla sede insieme alle altre migliaia di tifosi, per vedere cosa era stato deciso.


In realtà, fin dalle prime parole di Giovanni Cobolli Gigli delle settimane precedenti, capii che non c'era più niente da fare. Troppi erano gli scivoloni e le relative inadempienze dialettiche e prospettiche, e troppe erano le mancanze da tantissimi punti di vista. In cuor mio lo sapevo benissimo come sarebbe andata a finire. Ero talmente "avanti" che non andai nemmeno alla manifestazione di luglio, quella dell'orgoglio bianconero. Non condividevo una virgola del'operato della nuova società e sapevo che era tutto inutile e strumentale. Sentivo puzza di bruciato da chilometri di distanza.
Non per vantarmi, ma nel mio piccolo sono un "uomo di mondo". Per prendermi per il naso ci vuole molto più talento di quello posseduto da Cobolli e Blanc...
Eppure, nonostante le mie certezze, quel giorno andai lo stesso davanti alla sede. Speravo forse in qualche ripensamento della famiglia? Speravo che un imprevisto del destino potesse cambiare una storia già scritta da tempo? Avevo voglia di andare a gridare qualcosa a quei fenomenali e comici incompetenti che sedevano nel cda del club? Volevo andare sul letto di morte della mia storica e dolcissima fidanzata? Non lo so proprio. L'istinto mi ha portato lì, so solo questo.


Mi aspettavo una folla inaudita, migliaia di persone, e invece con mio immenso stupore eravamo solo una ventina/trentina di tifosi in tutto, di cui la maggior parte erano anziani. Anche da quel punto di vista ho intuito immediatamente come erano andate le cose, non dico altro. Ricordo ancora le innocenti e ingenue grandi speranze di alcuni presenti... Dopo un bel po' di chiacchiere tra noi, uscì finalmente la copia di un comunicato che rendeva noto a noi piccoli poveretti in attesa, il ritiro del ricorso al TAR. A quel punto scoppiò il caos. Eravamo in pochi e molto disorganizzati, ma dentro la sede ci hanno sentito molto bene, direi. Anche se ovviamente se ne sono fregati bellamente, e non solo.


Una giornalista (la simpatica e brava Giancarla Tenivella, che ho conosciuto di persona molto molto tempo dopo) entrò in sede per acquisire qualche breve dichiarazione del Presidente GianCobolli. Costui, da pessimo attore quale è sempre stato, non solo disse che era stata una scelta obbligata dalle circostanze e bla bla bla (sciocchezze varie), ma quando gli si fece notare che fuori dalla sede c'era molto malumore, lui con un'arroganza tipica di un perfetto stile interista, rispose che quelli fuori dalla sede non erano i 14 milioni di tifosi della Juventus (le immagini le vidi in tv al mio ritorno a casa). Mister Gigli ebbe però l'istinto auto conservativo di non venire fuori dalla sede a dire una cosa del genere. Meno male, altrimenti sarebbe stato sbranato vivo, e ci saremmo persi tutti quanti le sue eccezionali celebri barzellette dei tre anni successivi.


Ricordo ancora oggi le grida, gli improperi, le minacce, i propositi e gli insulti della piccolissima ma agguerritissima folla presente. Ricordo ancora oggi la mia pedalata nervosa fino a casa, dopo le 19.30. Le pedalate energiche ma ferme e lucide mentre i pensieri si accavallavano e si mischiavano alla rabbia... L'aria tiepida che mi accarezzava il viso... Mi sembra di sentirla ancora adesso... Cercava forse di consolarmi o di tranquillizzarmi?
Pensieri veloci che giravano come le ruote della bici. Le ricostruzioni mentali di ciò che poteva essere effettivamente successo. Ero molto "avanti". Avevo pensieri che i tifosi generalmente ancora non avevano. Pensavo a tutto, mentre le gambe spingevano e i polmoni pompavano... La famiglia Agnelli, la Fiat, lo scandalo sullo spionaggio Telecom di cui parlò d'Avanzo già a fine maggio, le telefonate assurde e inutili che fino a quel momento erano state rese note, gli innumerevoli disastri giuridici che continuavano a venir fuori giorno dopo giorno, la politica, l'aggressività stupida e ingiustificata della stampa, ecc.
Cercavo di costruire una mappa mentale su cui lavorare.


Ricordo una dozzina di chilometri volati via in un battibaleno. L'arrivo a casa, le parole di Cobolli Gigli in tv, l'ennesima rabbia, la decisione che avrei dovuto fare qualcosa. Non potevo più essere il solito tifoso che spiava dal buco della serratura l'irraggiungibile donna dei suoi sogni. L'abituale ultimo degli ultimi. Quello che si fa i fatti suoi. Quello che non può permettersi di andare allo stadio e guarda le partite dove può, come può e quando può (amici, bar, internet, radio). Quello che "visto che i soldi non li metto io, in religioso silenzio mi limito ad osservare e accetto mio malgrado tutto ciò che succede". Quel giorno ho capito che ero cambiato io, prima di tutto. O forse è semplicemente venuta fuori una parte di me che dormiva da decenni dentro qualche angolino confortevole, caldo e buio di me stesso. Quel giorno ho capito che dovevo fare la mia parte, se non volevo sentirmi in colpa. E' stato un errore forse il mio, perché ho lavorato gratis dieci anni per una causa persa. E non "persa" perché il destino ha voluto così, ma perché a Torino qualcuno con un grande e potentissimo telecomando in mano, ha deciso che quella doveva proprio essere una causa "persa". Forse avrei dovuto semplicemente archiviare una vecchia passione (neanche troppo invadente rispetto ai miei innumerevoli interessi), mandare tutto e tutti a quel paese, e godermi la vita. Ho provato più volte in effetti, ma non ce l'ho fatta purtroppo. Sono ancora qui, a pretendere giustizia.


Il 31 agosto 2006 la Juventus ha deciso di accettare una pena senza aver commesso nulla, senza aver verificato nulla, e senza pretendere nulla da un sistema marcio fino al midollo. Ha accettato scientemente la definizione "Ladri!", se l'è appiccicata addosso a titolo definitivo, e ha dato ragione agli avventori di tutti bar antijuventini d'Italia. Lo ha fatto quella Juventus, e lo ha fatto l'attuale Juventus di Andrea Agnelli, che in tutti i procedimenti giudiziari degli ultimi anni non ha mai gridato la propria innocenza e l'innocenza dei dirigenti di quel preciso periodo storico. Si è sempre grossomodo parlato solo di disparità di trattamento rispetto alle decisioni prese per gli altri club, oppure di una possibile colpevolezza dei dirigenti ma non del club. Ma la verità è diversa. La verità è che quella dirigenza era la Juventus in quel momento, e su quella dirigenza, al di là delle ipotesi di lavoro investigative, non si è mai trovata una prova per nessuna colpa, mentre per altri club ci sono prove certificate di diverse violazioni di diverso genere, che andavano punite con severità. Alcune poi, sono le cose più gravi mai accadute nel mondo dello sport.


Il 31 agosto 2006 è morta ufficialmente la Juventus, perché ha ufficialmente deciso di pagare le supposte "proprie" colpe, mai commesse. Semplice: se decidi di pagare le tue colpe, agli occhi del mondo vuol dire che sei colpevole.


Ho tantissimi ricordi di quella estate e forse in futuro mi potrebbe capitare di parlarne, chissà. Ricordo anche quando qualche anno dopo organizzai un funerale davanti alla sede, con tanto di candele (migliaia). Ma solo questo specifico giorno, 31 agosto, ha un senso di solennità e di certificazione assoluta. Solo questo è il punto fermo vero. Il punto di non ritorno. Questo è il momento in cui la storia ha ufficialmente virato. La Juve odierna, per ora almeno, è solo una proiezione tridimensionale di luce, un ologramma bello che ricorda cosa in teoria è la Juventus, ma è privo di materia.


E il paradosso di tutta questa storia non è solo che se la Juve fosse andata davvero al TAR nel 2006 la situazione non sarebbe stata molto diversa. Non senza la volontà dei piani alti della "Torino bene", almeno. Il paradosso vero è che il premeditato suicidio e la relativa morte della Juve ha coinciso, ed è stato causa diretta, della "nascita" di molti di noi. Se esiste un posto dove forse è rimasta un po' di quella Juve, è dentro di noi, che ancora siamo qua, e per cui non è ancora finita.
 
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