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Eventi di S. BIANCHI del 26/09/2016 15:58:45
Carlo Mattrel

 

Torinese DOC, classe 1937, cresce nelle giovanili bianconere sognando, un giorno, di occupare il posto del portiere titolare, Giovanni Viola. Non perde un attimo di vista il suo eroe, sempre dietro alla sua porta, dove ammira, impara e cresce. A dieci anni, come poteva, e anche quando non poteva, sgattaiolava fuori di casa e andava al Campo Combi a vedere l’allenamento dei bianconeri. Non gli bastava vederlo dagli spalti: scavalcava la rete e si appostava dietro la porta di Viola. Tutti i palloni che uscivano erano suoi, raccattapalle non ufficiale, che con quell’attività abusiva si guadagnava il posto privilegiato di osservazione del suo eroe. Tutti i giocatori lo conoscono e la sua costanza è premiata quando Parola lo chiama per proporgli un provino: non credo che per ascoltare la risposta affermativa del ragazzino sia passato più di mezzo secondo. Così, a dodici anni, inizia la carriera bianconera di “Carletto” Mattrel.

Solita trafila nelle giovanili, poi in prima squadra nella stagione 1955/56, con i “Puppanti” Aggradi, Caroli, Emoli, Stacchini e Vavassori, i giovani allenati da Sergio Puppo, che però non lo fa mai scendere in campo. Un anno in prestito all’Anconitana a farsi le ossa e, nella stagione 1957/58, appena ventenne, torna alla Juventus. Subito titolare al posto del maestro, che diventa il suo vice: una carriera strabiliante. E’ la Juventus della Prima Stella, che Brocic solitamente schiera così: Mattrel, Corradi, Garzena; Emoli, Ferrario, Colombo; Nicolè, Boniperti, Charles, Sivori, Stacchini.

Bello come un angelo, biondo e riccioluto, magro e slanciato, l’aria tra lo svagato e il sognante era un computer ante litteram: la sua analisi della situazione non lo faceva mai trovare impreparato. Prevedeva ogni traiettoria, alta, bassa, radente, a pallonetto, tiri centrali o angolati. Imperturbabile, agilissimo, gran senso della posizione era un talento naturale cresciuto all’ombra di un grande maestro, dapprima “spiato”, ma poi “ufficiale”. La carriera strabiliante di cui si parlava, però, inizia a subire intoppi: per il mal di schiena che talvolta lo tormenta, ma anche per motivi abbastanza inspiegabili, questo talento naturale è progressivamente sostituito da Vavassori. Addirittura, nel 1961 va un anno a Palermo, in prestito, nell’ambito degli accordi per l’acquisto di Anzolin, che progressivamente lo sostituisce tra i pali. Nel 1965 è a Cagliari, poi alla Spal, infine abbandona l’attività nel 1969, avendo sommato in bianconero centoquindici presenze, e vincendo altri due Scudetti e due Coppe Italia.

«Ho avuto le mie disavventure e ho anche sofferto tanto, ma sono sempre riuscito a superare tutto. Sono dovuto anche rimanere fermo un anno per la schiena, però, ho ricominciato da capo, con pazienza e con ostinazione. A Palermo ho passato un anno fortunato che mi ha procurato la convocazione in Nazionale; poi, sono tornato alla Juventus, cominciando la serie di stagioni altalenanti, di alti e bassi, di concorrenze con Anzolin. Ora, posso dire che quanto mi capitava era normale per un calciatore e che io ho sempre drammatizzato per mancanza di esperienza. Ho smesso presto con il calcio, ma non ho grossi rimpianti».

Oltre che un fan di Giovanni Viola, che osservava e studiava, sognando un giorno di ripeterne le gesta, era juventino sfegatato, se non fosse stato così «avrebbe accettato ingaggi più importanti in società altrettanto prestigiose mentre, invece, per non tradire mai la sua fede, non ha mai osato dire di no alle offerte dei dirigenti bianconeri. Il problema era che, in Juve, tutti, proprio tutti, sapevano che, pur di indossare quella maglia, avrebbe giocato anche gratis» , come ricorda la Signora Grazia, sua moglie.

Dopo il ritiro, era divenuto imprenditore in ambito meccanico. Il 25 settembre 1976, a trentanove anni, esce in auto dalla sua ditta per andare a Carmagnola, dove avrebbe dovuto disputare una partita tra Vecchie Glorie, per raccogliere fondi a favore dei terremotati del Friuli. La sua 131 esce di strada a Front e si ferma contro un albero. L’auto non pare nemmeno molto danneggiata, ma l’urto contro il volante e il parabrezza è stato fatale a Mattrel, che muore sul colpo. Se mi leggi, da lassù, sappi che nemmeno io capivo perché, dopo il primo anno, Brocic spesso ti preferiva Vavassori.

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