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Editoriale di F. FILIPPIN del 18/03/2017 08:31:46
La strategia del

 

«Le polemiche finali? Siamo abituati, vorrei vedere se qualcuno parlerà del rigore che Zapata ha fatto nel primo tempo. Bisogna essere più onesti: quando capita a noi, continuiamo a lavorare e basta. I milanisti sono sei anni che si lamentano contro la Juve, secondo me devono usare altri metodi, non lamentarsi con l’arbitro».
Queste le parole di Paulo Dybala, anni 23, juventino da un anno e mezzo, al termine di novanta minuti (novantasette, per la precisione...) di dura lotta, lucido sul dischetto e ancor più lucido nel dopo partita, quando il rischio di scivolare nelle dichiarazioni, causa adrenalina ancora in circolo, è grande.

Di contro, dall'altra parte (ma non dovrebbero essere dalla stessa?), la società, silente e accomodante, che pare quasi vergognarsi di denunciare quanto accaduto sia durante l'incontro (i ripetuti torti arbitrali, che fanno il paio con quelli dell'andata, e la correttezza della decisione sul rigore), che al termine di questo, con l'indecente manifestazione di inciviltà negli spogliatoi, fatto che se commesso da un qualsiasi gruppo di tifosi avrebbe già portato diretto ad un sacrosanto DASPO.

Chi di voi ha sentito dichiarazioni di Marotta, che ricordiamo, è Amministratore Delegato e come tale, dovrebbe essere il primo difensore della società? «Juve – Milan è un capitolo chiuso», così si è pronunciato qualche giorno fa. Perchè? Sono arrivate scuse ufficiali e risarcimenti da Milano? Non ci risulta. E dalla Presidenza? Ancora meno, visto che l'ultimo segno di vita risale ad un tweet a propria difesa (si badi bene, a propria difesa, non a difesa della società), legato all'affaire biglietti.

Intanto piovono accuse e battutine da tutti i fronti, senza che nessuno faccia da scudo ai giocatori (e ai tifosi, ma a questo ci abbiamo fatto il callo), che sono sempre più spesso lasciati soli a difendere il loro lavoro e, soprattutto, l'onorabilità di una società che sembra non averla per nulla a cuore.

Sul perché di questa strategia (se così si può chiamarla) ci si può sbizzarrire, se sia una scelta in stile “smile”, se sia una forma di disinteresse, di disimpegno o qualcosa di peggio, non ci azzardiamo. Fatto sta che il clima ricorda pesantemente quello di qualche anno fa, quando i nostri avversari, ormai appurata l'impossibilità (rectius la loro incapacità) di fronteggiarci sul campo, cominciarono a creare a tavolino un clima ostile, terreno fertile per le falsità su cui si sarebbe fondata Calciopoli.

Qualcuno, però, pare essersene dimenticato. O volerlo dimenticare.


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