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Attualità di N. REDAZIONE del 24/05/2017 09:09:34
JULE6END

 

Di Crazeology

Questa impresa, di cui ogni Juventino giustamente parla in questi giorni, resterà nella storia per tutti i motivi che sappiamo. Ma per me, e per molti di noi, questa verrà scolpita nei ricordi con un nome preciso, la JULE6END, ossia quella dei 6 scudetti consecutivi post-calciopoli.
Io la ricorderò così, quella dove ogni anno cambiava qualcosa, arrivava qualcuno e se ne andava qualcuno, ma alla fine la Juve arrivava sempre prima. Quella delle tre coppe Italia consecutive, e del triplo double (tre volte l'accoppiata scudetto e coppa Italia), più supercoppe varie.
Quella Juve, che come accadde negli anni 30 del 900, aveva uno stadio di proprietà e tante ambizioni per il futuro. Una Juve, quella odierna, però sempre più distante dalla città di Torino e dai tifosi in generale, sempre più proiettata nel mondo, e sempre più azienda. A guardar bene, un destino simile a quello della Fiat e ai relativi proprietari (che risiedono davvero poco a Torino, persino Andrea Agnelli pare abbia preso casa a Milano proprio di recente)

Nel festeggiare questo 6° scudetto di fila, ho vissuto questa strana sensazione di smarrimento e di cambiamento. Da buon torinese, ho sentito sulla mia pelle questa strana distanza tra il passato, il presente ed il futuro. Un futuro ancora sconosciuto, ma comunque immaginabile guardando i programmi e le scelte del club. Sono uscito con l'auto per recarmi in centro città, e ho parcheggiato il mio veicolo giapponese in Corso Oporto.
Qualche attento lettore torinese dirà: "ma non esiste Corso Oporto a Torino!"
Ed ha ragione. Una volta esisteva, prima della guerra, solo che oggi si chiama Corso Matteotti.
Passeggiando in direzione centro, mi sono fermato per un attimo davanti al numero civico 26. Davvero un gran bel palazzone del centro. Fino a qualche anno fa era la fredda e triste sede di Exor, prima ancora la sede di Ifil, ma prima ancora (tanti tanti tanti anni fa, era la grande casa della famiglia Agnelli in città, quella dove crebbero i bambini Gianni e Umberto Agnelli. Quella di cui si parla nel successo editoriale scritto dalla sorella Susanna in persona "Vestivamo alla marinara". Tempi lontani e dimenticati dai più. Tempi dove addirittura non esisteva ancora nemmeno la fabbricona di Mirafiori, e su quei terreni c'erano prati, cascine, e un maneggio dove proprio Susanna da bambina si recava per imparare ad andare a cavallo. Tempi in cui Torino era un grosso paesone, non la metropoli che è diventata qualche decennio dopo. E così, mentre passavano macchine con bandiere bianconere festanti, sono rimasto qualche minuto davanti all'ex celebre palazzone, silenzioso testimone di un tempo che fu, e riconvertito di recente ad uso abitazioni e appartamenti lussuosi. Anonimo, come una celebrità in pensione da qualche decennio. E mi sono chiesto: come vedranno queste 6 vittorie consecutive Gianni e Umberto da lassù?

Comunque la si voglia vedere, nonostante la dicotomia famigliare che ha portato a calciopoli e sgradevolissimi seguiti, credo che siano contenti. Erano affezionatissimi al club, e ora che c'è un loro stretto famigliare alla guida, credo tutto sommato che dei risultati sul campo siano molto contenti.
E' un grosso record difficilmente eguagliabile in tempi brevi. E' un filotto di successi che va dedicato proprio a loro, perché più passerà il tempo, più i successi futuri saranno distanti dal loro modo di vedere il calcio. Il tempo macina tutto e digerisce tutto.
Così, perso nelle riflessioni di tutto ciò che è successo dalla loro morte in poi, d'istinto ho preso due sciarpe che avevo con me, una per il piccolo Gianni e una per il piccolo Umberto, che in quella casa vivevano e avevano imparato a tifare Juventus, e le ho appese per un attimo al portone d'ingresso del palazzo. (LINK)

Poi all'improvviso, con mio grande imbarazzo, il portone si è aperto, e quei due bambini sono sbucati fuori agitati e sorridenti, facendomi mille domande su chi aveva segnato, come era andata la stagione, e chi era stato il migliore.
Ci siamo incamminati insieme verso Piazza San Carlo, e salutavano ogni auto che passava carica di bandiere e sciarpe.
In Piazza San Carlo si sono goduti i festeggiamenti, e si scrivevano su pezzetti di carta i nomi dei giocatori che i festeggianti nominavano mentre parlavano della squadra. Quando si è fatto tardi, ci siamo diretti nuovamente verso casa.
Durante il tragitto, sia all'andata che al ritorno, hanno continuato a farmi domande, sostanzialmente per tutto il pomeriggio, riguardo al numero di scudetti vinti ufficialmente e quelli revocati. Mi hanno chiesto di calciopoli, per filo e per segno, e ho dovuto spiegargli tutto. E' stata una vera sfacchinata. Ci sono rimasti un po' male, l'ho notato. Così arrivati davanti al portone di casa, li ho incuriositi e ingolositi un po'. Gli ho raccontato che rispetto ai tempi in cui loro abitavano lì, ora in una viuzza parallela alla loro, era nato (già da diversi decenni in realtà) un gelataio abbastanza rinomato in città, e che se volevano, prima di tornare a casa ci potevamo fare un saltino. E così è stato.
Hanno mangiato il gelato e poi Gianni, il solito curiosone, mentre il piccolo Umberto ci guardava in silenzio con molta attenzione, prima di rientrare a casa mi ha guardato e mi ha chiesto:

- Chi è quello che hai stampato sulla maglia? E' uno dei giocatori, vero?
- No no. E' solo un cantante morto qualche tempo fa. Lo sai perché ho messo questa maglia oggi?
- ..... No..... Perché? Sei un suo fan?
- Non proprio. Mettiamola così... E' una specie di dedica. Questo pomeriggio ti ho raccontato tante cose riguardo alla Juventus, a come siamo arrivati a questo traguardo, e a cosa è successo negli ultimi 12-13 anni e forse anche di più. Alle cicatrici che alcuni di noi ancora si portano addosso... Prova a pensarci bene...
- Si.
- Ecco Gianni, ora che sai tutto e che hai capito tutto quello che ti ho spiegato, sono sicuro che puoi trovare da solo la risposta... Ci sei arrivato?

Hanno annuito e sorriso tutti e due con sguardo furbo e beffardo, e sono rientrati in casa con le mie sciarpe sul collo. (LINK)


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