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Eventi di N. REDAZIONE del 25/05/2017 09:47:47
Quanto è verde l’erba del “Fila”

 

Di Domenico Laudadio


25.05.2017 la rinascita dello Stadio “Filadelfia” in bianco e nero

Quante volte in questi ultimi anni ho visto untori di mestiere appestare il pensiero degli sportivi italiani, giornalisti al soldo, presidenti delle squadre privi di remore e stile, calciatori viziati e sgrammaticati con bamboline plastificate al seguito e via, via, schifandomi sempre di più. Per me il calcio è veramente altro e non riesco proprio più a pensarlo come il padre che incita all’entrata sulle gambe del pulcino di un’altra scuola calcio, come il barbiere che “simpaticamente” mi annette alla categoria dei ladri e non mi fa lo scontrino quando pago, come mio figlio che teme la legge razziale del parco giochi se calcia una palla indossando le strisce zebrate. Invidio tanto le altre discipline e vorrei abiurare questo calcio con i suoi derivati, veleno subdolo inoculato dalla società.
Si abusa troppo spesso della parola valori per riempire un vuoto che ci scaviamo dentro da soli tutte le volte che non abbiamo imparato ad accettare chi è completamente diverso da noi e persino da chi sventola all’opposto una bandiera che per contro non ci aggrega. Il fulcro della sportività è qui. Amare è l’azione più sacra dell’essere umano in ogni latitudine, scevra dal computo dei titoli, dal denaro, dalla maniacale ostentazione e ricerca della perfezione in se stessi e negli altri. Amare è un colore, un sussulto che ti fa battere il cuore e non sai spiegarti come e neanche il perché… Si fa più grande e si prende un posto fisso nel cuore. Cambia tutto vorticosamente intorno a te, ma non quel pezzo di stoffa che ancora ti terge il sudore al traguardo della vittoria o ti asciuga le lacrime nella più amara delle sconfitte. Amore è una squadra. Ha soltanto un nome, non ha sesso e con lei scavalli sognante lo spazio e il tempo, tralasci la materia cibandoti di pure emozioni. Potremmo applicare queste medesime sensazioni agli amanti di quella che colleziona trofei prestigiosi nelle sue bacheche come di quella che a breve vedrà portare i suoi libri in tribunale e ripartirà dal purgatorio delle serie inferiori.
Mi vengono in mente proprio questi pensieri a poche ore dalla rinascita dello Stadio Filadelfia a Torino. Mi sfilano nella mente le sagome ed i volti di quegli uomini in granata che sono ritornati sulla terra in due file di folla mentre battono le mani a destra ed a sinistra dirigendosi verso la lunetta del centrocampo. Anche io sono lì e quando mi tocca il palmo della mano Valentino Mazzola mi sento d’un tratto migliore. Più uomo, più giusto. Non ha fatto caso alla mia sciarpa bianconera, mi ha sorriso come agli altri ed in più mi ha strizzato l’occhio. Nel frastuono della festa non faccio troppo caso a chi saltando mi esclude, ho i piedi ben piantati per terra e in fondo dovrò convincermi che resto soltanto un ospite nel santuario di altri, ma non rinnegherò di sentirmi loro fratello perché apparteniamo alla stessa religione. Quanto è bella e com’è verde l’erba del Filadelfia, ancora tenera prima della partita quando la falceranno di nuovo gli scarpini chiodati con i lunghi lacci avvolti sotto le suole degli “Invincibili”. Si schierano ordinati in mezzo al campo, sono belli pettinati anni ’40, gelatine profumate gli hanno accarezzato quei capelli scuri fra le mani delicate di compagne inconsolabili. Ma oggi Superga è lontana. Resta sul colle a dominare la scena, questa sacra rappresentazione che chiunque ami il calcio venera. Penso con affetto e gratitudine a chi ha lavorato sodo per farli tornare dalla eterna trasferta, a Mecu e Giampaolo (Domenico Beccaria e Giampaolo Muliari ndr), a tutti i volontari che li raccontano in quel museo di Grugliasco. Oggi è il giorno della fiesta per il Toro, ma finalmente senza toreri e mattanza. Il Grande Torino ha vinto un altro scudetto perché continua a esistere. Nel cuore di ogni sportivo, in barba a chi lo dileggia senza cuore. Onore ai suoi martiri e alla loro leggenda. L’amore è l’unica parola che sfida la morte e non decade mai. L’amore ci abita nonostante tutto dentro. Ci chiede per cambio soltanto un tozzo di speranza e la memoria… Quanto è verde l’erba del “Fila”... Quanto è bella questa festa di gente… Com’ è verde l’erba del “Fila”… Come sa essere bella la gente quando è in festa… E l’erba verde e la gente in festa saranno sempre anche casa mia.

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