Qualche giorno fa il Presidente della Repubblica si è soffermato sul valore dello sport nella società. Durante la sua visita al CONI Sergio Mattarella ha espresso concetti astrattamente condivisibili, ha tratteggiato gli ideali dello sport, volendone accostare i valori alla società italiana. Un messaggio, un invito e un monito a tutti, siano essi atleti, tecnici o dirigenti.
Leggendo il testo dell'intervento del Capo dello Stato non ci è mancato un pizzico di amaro scetticismo. Se da tifosi bianconeri pensiamo al senso di sportività che sempre si manifesta verso le vittorie juventine, non possiamo che avvertire un sostanziale svuotamento delle parole di Mattarella da parte della società a cui si rivolge. Se
«lo sport si fonda sui principi di lealtà e di correttezza [...], ma anche sul senso sportivo di riconoscere, e applaudire, il merito altrui quando esso si manifesta. L'etica propria dello sport può aiutare l'etica civile e rendere migliore il nostro modello sociale», ci è inevitabile non constatare che assistiamo semmai a un processo osmotico inverso: la società con i propri ciechi campanilismi inquina i principi del fair play che dovrebbero governare lo sport.
Non sembri esagerato farsi assistere dalle parole del Presidente per fare queste riflessioni. Nel suo discorso Mattarella ha sottolineato come lo sport non sia un fatto
«marginale nella vita sociale», quindi è giusto che la miglior etica sportiva valga non solo nei momenti di alto agonismo, come ad esempio alle Olimpiadi, ma in ogni attimo del vissuto sportivo di una Nazione. Dalla finale olimpica per l'oro, alla partitella di calcio a cinque giocata tra i ragazzi di una periferia.
Siccome in questo Paese poche cose sono radicate e univoche quanto l'antijuventinismo, siamo ancor di più assaliti dall'amarezza quando leggiamo che
«Lo sport contribuisce a farci sentire un popolo. Nello sport si specchia la nostra società in misura molto maggiore di quanto taluni credono: per questo lo sport italiano ha consapevolezza di rappresentare l'immagine dell'Italia». Sportivamente parlando non saremo mai un popolo unito. Vista allo specchio l'Italia, almeno quella del calcio, si mostra spaccata a metà, da una parte quattordici milioni di cittadini, tutti gli altri sono "contro".
Siamo semmai il paese dei campanili, e in questo lo sport calcio sostanzia molto efficacemente l'Italia.
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