Storia di una partita che è, essa stessa, storia e costume
Articolo tratto da un vecchio hurrà Juventus: 4 gennaio 1976, ‘Comunale’ torinese Juventus –Napo Il girone unico non era stato ancora inventato, le trasferte erano avventurose, i professional del pallone erano pochi e preziosi. Come l’anticipo austero di Rosetta o l’estro sonnacchioso di Sallustro. Ma Juve-Napoli era già passione, dramma, costume. Come ora.
6 marzo 1927, Torino, campo di Corso Marsiglia, la prima volta, il primo Juvenapoli della storia. Ma che senso ha partire da primordi così remoti, per presentare la “classicissima2 che è il presente del nostro campionato? Può avere senso e può non averne. Deciderà il lettore. Secondo noi ne ha. Juvenapoli è partita che fa la storia, nel senso che la anticipa, la determina. E non è solo storia sportiva, è costume. La disfida tra bianconeri e azzurri anticipa, tanto per cominciare, il girone unico; e anticipa, soprattutto, modi poi diffusissimi di vivere il calcio, di incorniciare personaggi, di costruire insomma sopra il calcio, sopra la partita, un “di più” che spesso è poesia.
Otto a zero Naturalmente non ci fermeremo ai primordi. Ma di lì partiamo, soffermandoci almeno un istante sulla prima disfida. Che poi disfida non è: troppo grande il divario di forze tra quella Juve appena scudettata l’anno prima e quel Napoli che si affaccia per la prima volta alla ribalta del grande calcio nazionale. Vince la Juve con prestazione che disarma il supporter in cerca di emozioni e rende utile il ricamo del cronista intorno ai fatti del match. Otto a zero, primo tempo tre a zero. A segnare per prima è centromediamo ungherese Viola, poi si scatena Vojak e per il Napoli è la fine. La Juve di quel giorno è formazione non ancora lussureggiante di talenti, ma già attrezzata per superare ogni ostacolo con buona sicurezza. Non rivincerà il campionato, ma non si può vincere sempre, ma si farà comunque onore. Combi e Rosetta; Bigatto, viola e Barale; Grabbi, Vojak, Candera, Munerati, Torriani. Ecco gli undici che cacellano le velleità del Napoli. Il quale Napoli , che pure non è un fulmine di guerra, ha però nelle sue file un fior di campiona in Attila Sallustro, centrovanti dall’estro sonnacchioso che spesso fantastica all’ombra del suo marcatore e si esula dal contesto del gioco, ma quando decide di giocare come sa è fior di attaccante. Ma ecco la formazioneazzurra: Favi; Innocenti, Pirandello; Silvestri, Kreunzer, Catapano, Caviglio, Jaquinto, Sallustro, Valente, Ventui. C’è un Pirandello terzino. Può bastare un richiamo letterario per costruire presagi di grandezza futura?
Intanto, a distanza di venti mesi, la seconda trasferta del Napoli a Torino, già non ha più i connotati della disfatta. Rivince la Juve , si, ma per un normale tre a uno, primo tempo due a uno, il 23 dicembre 1928. Reti di vojak, sempre lui, e poi doppietta di Borgo II e gol azzurro di Pampaloni, la mezz’ala sinistra. Su Sallustro Varglien ha fatto una guardia sopraffina. E dire che in quella Juve manca Rosetta infortunato: il terzino dell’anticipo austero lascia per l’occasione a Ferrero il compito di fare tandem con Caligaris. In porta naturalmente, Combi, Rosetta e Caligaris. Ecco siamo alle soglie del girone unico.
Il primo equilibrio
Trascuriamo, come il lettore avrà notato, i Napoli Juve, occupandoci esclusivamente degli scontri torinesi. Sennò si andrebbe troppo per le lunghe . 6 ottobre ’29, prima partita del primo campionato unico, Juve-Napoli naturalmente. E stavolta è partita vera, lottata, soffertissima. Formazioni. Juve: Combi, Rosetta, Caligaris; barale, viola, Varglien I; Munerati, Cevenini III, Zanni, Crotti; Orsi. Napoli: Cavanna; Vincenzi, Innocent; De Martino, roggia, Zoccola; Gariglio, Vojak, Sallustro, Mihalic, Fenili. Passa in vantaggio subito la Juve, per una autorete del difensore napoletano Zoccola. Prima del riposo pareggia Mihalic. Ripresa subito in salita per la Juve, che si ritrova in svantaggio per un altro gol di Mihalic in giornata di grazia. Nel finale prima Cevenini e poi Munerati rimettono le cose a posto; ma è autentica fatica quella dei bianconeri tesi ad acciuffare la vittoria. Segno che qualcosa sta cambiando, che il Napoli non è più solo genio e sregolatezza di Sallustro: c’è Mihalic, l’ex bianconero Vojac vecchiotto ma sempre all’ert, e in porta Cavanna, vercellese di ferro, assicura continuitàe distrazioni minime. E l’anno dopo, 23 novembre del ’30, arriva anche il risultato a confortare un Napoli ormai assestato tra le maggiori formazioni del campionato. La Juve, che pure travolge ogni ostacolo a suon di gol, subisce dagli azzurri, lo smacco più clomoroso. Napoli batte Juventus due a uno, primo tempo decisivo, due a zero per il “ciuccio”in vena di prodezza. Segna Buscagli, raddoppia l’ex Vojak. Nella ripresa, dopo vano premere, segna Cesarini per i campioni. Ma non basta per eviatre la sconfitta. L’unica sconfitta casalinga del torneo che vede i bianconeri vincere 25 volte e perdere appena 4 incontri. Nel Napoli di nuovo rispetto all’edizione dell’anno prima , c’è in partica il solo medianoColombari, che fa pure saltuarie apparizioni in Nazionale. La vendetta arriva puntuale, il campionato successivo: partita magistrale di Ferrarie Orsi, festa di reti, cinque a tre la zebra, che nel finale tira i remi in barca, lasciandosi avvicinare da 5-41 a 5-3, complice anche un’autorete di Rosetta. Le autoreti di Rosetta, a pensarci bene, sono cosa talmente rara e al di fuori della norma che fanno notizia oltre l’avvenimento cui si riferiscono.
Andiamo avantio, tre a zero nel ’33, ha fatto tutto Borel detto Farfallino, Borel adesso meglio di Sallustro, con Orsi e Ferrari al fianco il centravanti diventa egli stesso leggenda, nella leggenda di quella squadra che continua ad artigliare scudetti con metodica applicazione. Il terzo gol lo segna Sernagiotto la freccia. Cavanna guarda e non può farci niente, anche Sallustro guarda quell’armadio di centromediano, Monti naturalmente, che in tutta la partita non gli fa toccare la palla.
Per ritrovare il napoli indenne bisogna saltare al ’36, lasciare alle spalle il quinquennio festoso e l’ormai angusto stadiolo di Corso Marsiglia, ritrovarsi al “Comunale” nuovo. Due a due, rpimo tempo uno a uno è il 12 aprile ’36.Valinasso Foni e Rosetta; Depretini giovanetto, Monti, Bertolini; Cason, Serantoni, Gabetto, altro di età verdissima, Varglien II, Menti I. La Juve adesso non è più trionfante, c’è come un ripensamento di grandezza, non si vincono più gli scudetti, ma intanto ci sono le premesse la futura grandeur; depretini , per esempio. O Gobetto. Il Napoli quel Napoli, non ha più i Sallustro e i Cavanna, ma ha Busoni, e Busono f gol a Valinasso mettendo in crisi per un quarto d’ora la Juve. Ancor prima, in apertura, Monti aveva infilato la propria porta con intervento sfortunato. Devono segnare i difensori per raddrizzare la situazione. Serantoni e Varglien II gli autori del pareggio juventino.
Ancora qualche cenno di sfide prebelliche: 26 maggio ‘40partita importante per il Napoli che dopo molti anni è invischiata nella lotta per non retrocedere. Ma la Juve gioca la sua partita con immutata energia, e vince nella ripresa, due a uno, con stoccata vincente di Tomasi. Per il Napoli di Sentimenti II la salvezza arriverà lo stesso.
Funamboli e tempi moderni I secondi anni quaranta e gli anni cinquanta fanno sedimentare io fermenti della rivalitànordsudista, trasformando le sfide juvenapletane in fatti di costume. Le trasferte al seguito della squadra partenope, seguono una parabola ascendente, il flusso migratoriodal sud al nord è fenomeno massificato. Ma una cosa per volta. Nel ’46 queste cose sono appena embrionali, la Juve le dà di santa ragione al Napoli , con Piola condottiero di un attacco juventino che va a segno ben sei volte. Tra i partenopei, il vecchio Andreolo, centromediano azzurro ai mondiali francesi del ’38, è il nome di gran lunga più prestigioso. Troppo poco per fermare la Juve che sarà seconda a un punto solamente dal Grande Torino.
Molto diversamente vanno le cose il 21 aprile ’48.E’ la seconda vittoria del Napoli a Torino, e porta la firma dell’ala sinistra Barbieri, autore di tutte e tre le reti per i suoi. Per la Juve l’unico gol è di Boniperti. Fatto a dir poco strabo, quell’anno gli azzurri chiudono all’ultimo posto della classifica e retrocedono in B.
Così, per ritrovare Juve-Napoli, dobbiamo saltare al 5 novembre ’50; ed è salto più lungo di quanto sembri. Le frontiere riaperte vedono transitare in direzione delle nostre squadre i primi funambolici nordici, svedesi e danesi soprattutto, e bianconeri e azzurri non sfuggono alla regola. Basta vedere le formazioni di quel giorno. Juve con Viola; Bertuccelli, Manente; Mari, Parola, Bizzotto, Johan Hansen, Praest. Napoli: Casari; Delfrati, Soldani, Todeschini, Gramaglia, Granata , Astorri, Formentin, Amadei, Bacchetti, Krieziu.
Finisce tre a due per la zebra, con due reti di Boniperti e una di Hohn Hansen. Per il Napoli, Astorri e Formentin riducono le distanze.
Ma l’anno dopo, 31 maggio’53, gli azzurri presentano il loro nuovo idolo, jeppson, strapagato per strapparlo alla concorrenza, oltre cento milioni. Una enormità si scrive. E magari è vero. Però Jeppson segna e il Napoli viene raggiunto solamente nel finale , e solo su rigore trasformato dallo specialista John Hansen. Ancora Jeppson in evidenza , 30 maggio del ’54, ultima di campioanto: la Juve si impone di misura (3-2), e i gol azzurri sono tutti di questo funambolo nordico, cui va molto merito di un Napoli che chiude al quinto posto.
Bugatti poi Zoff Procediamo a balzettoni, il 15 aprile ’56 il Napoli per la terza volta a Torino (1-0) ma è partita moscia tra due squadre ricche più che altro di problemi. Decide Pesaola nel primo tempo, po Bugatti portiere e Momachi terzino fanno barriera insormontabile.
Già, Bugatti. Vale la pena di fare un altro salto. 24 novembre del ’57, Juve sola in testa alla classifica, napoli tra le inseguitrici più agguerrite. Folle enorme, sessantamila almeno, tifo napoletano per la prima volta massiccio, a tratti preponderante. La Juve schiera: Mattrel; Corradi, Garzena; Emoli, Ferrario, Colombo; Nicolè, Boniperti, Carles , Sivori, Stacchini. Il Napoli oppone: Bugatti; Comaschi, Del Bene; Greco II, Franchini, Morin; Novelli, Di Giacomo, Vinicio, Posio, Gasparini. Bugatti era in dubbio influenza, ma viene rischiato, pur con qualche linea di febbre. E gioca una partita mostruosa, da raccontare ai nipoti. Dieci, venti-palle-gol sventate con voli angelici o uscite indemoniate, l’attacco juventino che vale cento gol a campionato riesce a realizzare la miseria di uno, mentre il contropiede del Napoli imperversa andando tre volte a segno.
Un po’ quel che accadde, 13 anni più tardi, al posto di Bugatti Dino Zoffa guardia della rete napoletana. Zero a zero, non c’è verso di segnare per Anastasi e compagni. E’ l’ultima pagina di storia juventinapolena. Il resto, dal ’71 a ieri, è presente o quasi, e non c’è nemanco bisogno di rievocarlo.
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