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Editoriale di F. DEL RE del 30/09/2017 13:12:26
E se avessero ragione Tavecchio e Lotito?

 

L'inizio di campionato, stagione 2017/18, ha confermato un trend al ribasso nei punti conquistati che negli ultimi 5 anni, fatta eccezione per la scorsa stagione, vede le società neopromosse nel massimo torneo nazionale assurgere all'ingrato ruolo di squadre materasso. Quest'anno l'evidenza è diventata persino più palese rispetto alle stagioni scorse, col povero Benevento usato come sacco dalle avversarie di turno per sei incontri su sei, un percorso netto che ha raggiunto il suo minimo livello con l'umiliazione di un pesante 6-0 incassato al San Paolo di Napoli. 

Come dicevamo: siamo passati dai 25 punti totalizzati nelle prime sei giornate dalle allora neopromosse della stagione 2012/13 (Sampdoria: 10; Torino: 8; Pescara: 7), ai miseri 6 dell'attuale (SPAL: 4; Verona: 2; Benevento: 0), mentre nel 2013/14 i punti furono 20, nel 2014/15 furono 15, nel 2015/16 scesero a 9 e, come sopra riportato, nella scorsa stagione ci fu una ripresa a 14 punti, prima del crollo attuale. Anche il confronto coi principali tornei esteri sancisce la pochezza della nostra cadetteria, che promuove in Serie A club evidentemente non all'altezza, poiché in Germania le sole Stoccarda e Hannover, quindi due neopromosse contro le tre degli altri tornei principali, sommano insieme ben 19 punti; nella Liga le tre neopromosse vantano 22 punti, in Premier 25 ed in Ligue 1, altro torneo e movimento calcistico non proprio eccelso, il punteggio scende considerevolmente a 15.

E' chiaro che questi numeri non siano esaustivi e pienamente chiarificatori in senso assoluto; andrebbero analizzati ed interpretati, magari verificando, di anno in anno e di torneo in torneo, quali squadre le neopromosse in analisi avessero ed abbiano affrontato, in quali condizioni atletiche e tanti altri fattori che potrebbero giustificare risultati più o meno buoni. Però i numeri solitamente non mentono e i numeri dicono che l'attuale Serie B italiana promuove in Serie A squadre via via sempre meno competitive, sintomo probabile di un movimento calcistico che fa della quantità e non della qualità la sua caratteristica peculiare.

Avrà quindi avuto ragione Lotito, al di là della forma con cui si espresse, nel dire che le promozioni di Carpi e Frosinone sarebbero state una jattura? Avrà quindi ragione Tavecchio a sostenere una riforma del calcio professionistico volta a diminuire drasticamente il numero di club e a riportare la Serie A a 18 squadre come la Bundesliga e come la stessa serie A fino alla stagione 2003/04? Sinceramente parrebbe di sì. Ormai il tema è vecchio, stantio. Si gioca troppo e male, tant'è vero che i grandi club si inventano tornei estivi amichevoli in giro per il pianeta per raccattare soldi, per vendere il cosiddetto "brand". Un "brand" che, però, è poco vendibile a causa di una competitività complessiva del movimento in forte decremento, a causa della presenza di club di categoria inferiore che producono match scontati nei quali l'unico dubbio riguarda il numero di gol che essi subiranno dall'avversaria blasonata di turno.

E' quindi evidente, persino logico, che il football italico debba ripensare interamente il sistema e la riduzione dei club professionistici è sicuramente un passo necessario, da affrontare a breve, ma non solo per la Serie A, ma anche e soprattutto per le categorie inferiori, prima fra tutte la Serie B che dovrebbe essere anch'essa portata a 18 squadre. Questo dovrebbe essere, a nostro modo di intendere, un passo necessario in tutte le maggiori leghe europee, sempre in osservanza dell'idea del "giocare meno, giocare meglio". Non a caso in Inghilterra si sono levati lamenti importanti, Mourinho e Guardiola, contro una manifestazione che da noi non esiste, come la Coppa di Lega, perché è inutile girare il mondo d'estate inseguendo Cina, USA, Australia, medio oriente in genere se poi il prodotto che si va a promuovere si deteriora anno dopo anno a causa di un numero spropositato ed inutile di partite e, in Inghilterra e in Francia, persino di tornei.

Lo dicemmo qui anche qualche anno fa: giocare meno, giocare meglio deve essere un "must" a livello mondiale, partendo dal numero di partite di qualificazione delle nazionali, i cui gironi dovrebbero essere ridotti a 4 dopo una scrematura a mezzo di preliminari delle varie Andorra, San Marino, Lichtenstein, Lussemburgo e simili, proseguendo coi tornei nazionali al massimo da 18 squadre, con le coppe nazionali che qualificano la vincente in Champions' League e la finalista perdente in Europa League, la cui squadra vincitrice da due stagioni ha acquisito il diritto di accedere direttamente alla successiva Champions', come noi auspicavamo da anni per ridare lustro ad una competizione che ormai non valeva veramente più nulla. Questo dovrebbe essere il futuro del calcio: riqualificare il movimento attraverso una rinnovata qualità dei tornei esistenti: giocare meno, giocare meglio.

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