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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Attualità di L. BASSO del 29/12/2009 02:39:51
Bidoni d'oro

 

Ai nostri amici lettori non sarà sfuggita la notizia, qualche tempo fa, della consacrazione della “Pulce” Messi e del suo Barcelona con l’assegnazione del Pallone d’oro al campione argentino e con ben cinque uomini blaugrana (compresi Eto’o, appena ceduto, e Ibra, appena arrivato) nei primi dieci della classifica.
A seguito dell’assegnazione di questo ambito riconoscimento, come ogni anno, c’è stata l’assegnazione di un premio, per così dire, meno ambito: come i “Razzies” fanno da contraltare agli Oscar, come i premi Ignobel si oppongono ai più famosi Nobel, così annualmente viene eletto (ad opera della trasmissione “Catersport”, emanazione di “Caterpillar” dei bravi Cirri e Solibello) il “Bidone d’oro”.

La buona notizia è che qualcuno, là fuori, ascolta ancora la radio e non si è definitivamente rimbambito davanti alla televisione a guardare “Porta a Porta” o il “Grande Fratello” (che poi, detto per inciso, quest’anno non c’è più nemmeno la mia quasi omonima Cristina del Basso a fornire un motivo per seguire la trasmissione...).

La cattiva notizia è che il vincitore, quest’anno, è uno degli acquisti pagati a caro prezzo dalla Dirigenza di Corso Galfer: Felipe Melo, l’uomo che nelle intenzioni di Blanc & Co. doveva garantire con Sissoko un centrocampo che fosse allo stesso tempo vallo invalicabile per gli avversari e micidiale rampa di lancio per le punte.
Sarà il problema della lingua, ma il messaggio deve essere arrivato un pò distorto: infatti il limite è effettivamente invalicabile, ma per i palloni che ripartono dalla nostra difesa, che là si impantanano regolarmente, e la rampa di lancio per le punte è davvero micidiale, ma per gli attaccanti avversari che, a causa dei palloni persi malamente ai venti metri, si ritrovano delle vere e proprie autostrade verso Buffon...

La pessima notizia è che, imitando il Barcelona, la Juve piazza tre uomini nella Top 10, di cui due a podio: Tiago e Poulsen si aggiudicano infatti rispettivamente la medaglia di bronzo (alle spalle di Quaresma che paga ormai l’etichetta indelebile di “pacco” e non se la toglierebbe manco vincendo la Champions’ da solo) e l’ottavo posto.

Ad onor del vero, anche il Milan piazza tre uomini in classifica (Dida, Huntelaar e Ronaldinho) e l’Inter non è poi così da meno con il già citato Quaresma e Mancini. Questo è facilmente spiegabile con una questione di visibilità: al di là delle somme spese per acquisti e ingaggi, un “liscio” di Melo o di Dinho in Juve-Milan passa in mondovisione in prima serata, una zappata con tanto di zolla erbacea sollevata da parte di un giocatore del Chievo o del Catania fa sorridere gli spettatori presenti allo stadio ma non fa “audience”, non fa “share”.

Secondo me, se mi è consentito un parere personale, fermi restando l’oro al “bullo dei giardinetti” ed il bronzo alla controfigura di Sacha Baron Cohen, al posto di Poulsen (almeno quello degli ultimi tempi) avrei inserito Cannavaro (ho ancora negli occhi l’immagine di Matri che lo sfila come Beep-Beep con Wile Coyote) ma, purtroppo per noi, la forma non cambierebbe molto la sostanza.
Ah, dimenticavo... dicevo che i blaugrana catalani hanno piazzato cinque uomini nella Top 10 del Pallone d’oro, mentre noi abbiamo “solo” tre rappresentanti nella Hall of Fame dei bidoni... non temete, in Corso Galileo Ferraris pensano a noi e a come evitarci questa ingiusta diseguaglianza tra Yin e Yang del calcio europeo... è recente infatti la notizia secondo cui, per tappare il buco lasciato dall’infortunio di Camoranesi, sarebbe pronta un’offerta per portare a gennaio in bianconero almeno uno tra “Trivela” e Mancini (il giocatore, visto che Bellicapelli se l’è pigliato –fortunatamente – Il Manchester City...)

Immagino a questo punto i lettori del Forum costruire per l’ennesima volta bamboline vudù con la faccia da bambino del povero Alessio Secco... per carità, che rispetto a Moggi o ad altri maghi del mercato il ragazzo abbia da mangiare moooolte patate, è innegabile, e sarei il re degli stupidi a negarlo, ma se vogliamo essere onesti con noi stessi dobbiamo ammettere che la storia del calcio è piena di “sole”. No, non nel senso campano di “o sole mio”, ma in quello romanesco di “sòle”, bidoni, fregature o pacchi che dir si voglia.
Giocatori da pallone d’oro intergalattico che non hanno mai avuto un “sei” nelle pagelle del lunedì, acquisti strombazzati ai quattro venti e poi tenuti lì come il soprammobile di Capodimonte regalato dalla Zia Pina che ci fa sognare, ogni volta che gli occhi ci cadono sopra, di imbracciare la doppietta e gridare “pull!” (per il Capodimonte, non per la Zia!).

Dovessimo catalogare i vari bidoni collezionati negli anni da quella squadra di Milano passata alla storia proprio per questo motivo (ricordiamo solo Gresko con il suo perfetto assist a Poborsky che infinite gioie ci ha regalato) o anche dei loro cugini (Mark Hateley riempì Milano con la sua foto del goal nel derby, poi non fece più una beneamata cippazza), ci servirebbe una rubrica a puntate come quella degli amici Mason e Roccone.
Pertanto, visto che il tempo è tiranno e il Maalox –invece- abbonda negli armadietti di noi rancorosi, facciamo un giro sul trenino degli orrori della storia del mercato Juventino... pronti?

Orrori Farsopoliani

Le ferite del post-farsopoli sono ben aperte nella memoria di noi Juventini: i visi di Andrade, Knezevic, Mellberg e Borat (ops... volevo dire Tiago) popolano i nostri peggiori incubi come manco Freddy Krueger.
Secco, pensando ai transfughi Thuram e Cannavaro pensò che bastasse avere un colored grande e grosso ed un bianco con la faccia incazzusa per fare una coppia di centrali “monstre” e comprò Boumsong e Kovac.
La coppia era sì mostruosa, ma per la sua lentezza e fece perdere a Gigi Buffon almeno sei mesi di vita per tutti gli spaventi presi.
L’anno dopo si cominciarono a riempire le pagine con i “nomi-sensazione”, primo fra tutti quello di Xabi Alonso. Piedi buoni, ottima visione di gioco, viene via con poco... ma poi Ranieri disse: “Voglio Poulsen”, giocatore che passerà alla storia più per lo scaracchio puponiano che per meriti sportivi.
L’anno dopo la storia si ripetè: D’Agostino condusse un tira e molla che durò tutta l’estate, poi, quando le cose sembravano fatte... ecco sbarcare a Torino il bullo dei giardinetti dal Brasile. A Firenze probabilmente ridono ancora.
Ma l’operazione di mercato che più di tutte, secondo me, grida vendetta, è l’affare Bojinov. Non perchè il ragazzo giocasse male, per carità (una sua doppietta sul brutto muso del suo maestro Zeman mi fece godere come un pazzo) ma in primo luogo per il costo dell’operazione (la CESSIONE di Mutu per il PRESTITO di Bojinov non lo metterei, così a naso, tra i cosiddetti “buoni affari”) e poi per il minutaggio accumulato dal giovanotto.
Probabilmente il buon Bojo ha la brutta abitudine di insidiare –con successo- la virtù delle mogli degli allenatori, visto che alla Juve divenne tutt’uno con la panca ed anche in seguito, con altre squadre, il campo lo vide molto poco. Mutu, per la cronaca, è diventato uno degli artefici del “Fenomeno Fiorentina”. E ho detto tutto.

Anche i Moggi piangono...

Al di là delle idee che ognuno si può fare a seconda della fede calcistica, per cui viene dipinto rispettivamente come una vittima di un complotto o come lo Shub-Niggurath del calcio, su una cosa convergono Juventini ed anti-Juventini: Moggi è, probabilmente, il più grande esperto di mercato degli ultimi anni.
Ma anche l’incontrastato Re Mida del calciomercato ha i suoi brutti scheletri nell’armadio...
Per sostituire Capitan Del Piero, infortunato, Lucianone nostro nel gennaio ’99 acquistò tale Esnaider, un altro che era più a suo agio nel talamo che sul campo.
Le statistiche dicono di un discreto numero di figli sparsi in giro, un tot imprecisato di mariti cornuti, 16 presenze e manco una rete.
L’anno dopo per 20 miliardi di lire, arrivò alla corte della Vecchia Signora un altro sudamericano, stavolta come vice-Zidane (orpo!). Questo campione si chiamava Fabian O’Neill, ruolino di marcia: 14 presenze e zero reti in campionato.
Sempre in quell’anno, ma sul fronte “partenze”, è da registrare la cessione di un attaccante che l’anno precedente aveva fatto cose discrete, ma non aveva convinto.
Un giocatore non da Juve.
Vedere su Wikipedia alla voce Thierry Henry.
Chiudo il capitolo con “Lo strano caso di Edwin Van der Sar”: brillante portiere dell’Ajax degli anni ’90, arrivò alla Juve nel 1999 difendendo con onore la porta bianconera. Ma al termine del campionato e nella stagione successiva subì un progressivo appannamento che gli costò una serie di errori marchiani (che costarono alla Juve punti preziosi nei tornei persi a favore di Lazio e Roma) e fece sospettare a molti una malattia o comunque un difetto della vista. Fu ceduto quasi con disprezzo al Fulham.
Il seguito della carriera, tra Manchester United e Nazionale Orange, lo conosciamo tutti.
Luciano, Luciano, tu quoque...

Miti storici

Ma ora togliamoci le scarpe e copriamoci il capo... stiamo per uscire dalla cronaca, dalla storia di questi ultimi anni, ed entrare nella leggenda, “to boldly go eccetera eccetera”...

...dalle nebbie del tempo fa capolino la figura elegante di un giovane dai lineamenti tipicamente slavi... tale Sacha Zavarov, brillante regista della nazionale sovietica che in quegli anni viveva il suo periodo di massima gloria.
Piero Chiambretti, intervistandolo, lo supplicò: “Vieni al Toro, Sacha, vieni al Toro!”.
Dopo poche giornate il Pierino nazionale andò ad accendere una candela alla Consolata per ringraziare per il mancato arrivo sulla sponda granata del giovane ucraino.
Tra parentesi, insieme a Zavarov arrivò alla Juve tale Aleinikov, probabilmente come resto della spesa al posto delle quattrocento caramelle di vaschiana memoria.
Medianaccio dai piedi rudi, per assurdo fece più successo del compagno fantasista, ma anche lui tornò a casa presto.

Un altro presunto campione arrivò dal Galles: un lungagnone che al Liverpool aveva fatto sfracelli e che prometteva di far rivivere i tempi di un altro celebre ariete d'oltremanica, John Charles. Complice anche una squadra non bella, Ian Rush non lasciò certo un segno indelebile.
Di lui mi ricordo solo un rigore battuto contro il Toro nello spareggio per l'ultimo posto-UEFA (il che la dice lunga sul livello di quella Juve).
Quinto rigorista... quello decisivo... Ciabattata che va sul palo e poi lemme lemme rotola in porta, tra la disperazione dei tifosi bovini e l'infarto incipiente dei nostri...
Ritornò a Liverpool e ricominciò a segnare...

Nell’estate del 1985 la Juve individua un attaccante giovane e promettente, e lo acquista dall’Atalanta. Marco Pacione si ritrova così alla Juventus, inserito in un’artiglieria che comprende Platini, Serena, Laudrup e Briaschi.
Nelle poche occasioni in cui entra in campo, però, non riesce mai ad essere decisivo.
Ma come per Cenerentola, il destino è in agguato. Le numerose assenze dei titolari gli regalano un posto da titolare nel quarto di finale di Coppa Campioni contro il Barcellona a Torino.
All’andata si è perso 1 a 0, il risultato è tranquillamente ribaltabile... ma serve una grande Juve.
Platini, Laudrup, Mauro e Manfredonia confezionano, come i topini col vestito per il ballo, 1, 2, 10 palle goal clamorose per il nostro Marino... che le sbaglia clamorosamente tutte!!!
A fine stagione viene defenestrato. Oggi, nelle notti di luna piena, torna ancora a tormentare il sonno dei tifosi juventini con qualche capello bianco.

Un paio d’anni dopo, sempre da quel di Bergamo, arriva un altro bel giocatore, e la curva saltella al coro di “Oh Magrin, Magrin, Magrin, tira la bomba, tira la bomba”.
Platini ha infatti appena lasciato la Juve e a Marino Magrin vengono ufficialmente consegnate le chiavi della corazzata bianconera.
Le avessero affidate a Mr. Bean avrebbero – forse- fatto meglio. La Juve va incontro a due stagioni disastrose al termine delle quali il giovanotto viene accompagnato alla porta.

Ma ecco, la mia macchina del tempo è arrivata alla sua meta, alle Colonne d'Ercole dei miei primi appuntamenti con la Signora, verso la fine degli Anni '70.
Una formazione con nomi entrati di diritto nella mitologia bianconera, uno su tutti: Dino Zoff. Anzi, Dinozoff, tutto attaccato, come Giggiriva, altro campionissimo di quell'era mitica. Gli amici lettori, anche quelli che “non c'erano”, capiranno cosa volesse dire, allora, fare il portiere di riserva alla Juve.
Questo ruolo ingrato fu rivestito, in quegli anni, dal buon Piloni e, in seguito, da tale Alessandrelli.
Portiere arrivato alla Juve dal vivaio, quindi non un vero e proprio acquisto, fu girato in prestito a diverse squadre per “maturare”, ma mai ceduto nonostante ci fossero offerte per il suo cartellino.
Ritornò poi alla Juve appunto per sostituire Piloni come vice di Zoff.
Trapattoni, dopo una stagione di assoluta panchina, decise di concedergli una passerella d'onore tra le mura amiche.
Ultima di campionato contro l'Avellino, la Juve controlla agevolmente il 2-0; Alessandrelli dà il cambio a Zoff deciso a ben figurare davanti al suo pubblico mentre la Juve segna il terzo goal...
In un quarto d'ora prende tre pere dalle punte campane (De Ponti e Massa, non Messi e Beckham, per intenderci) e fugge in lacrime al fischio finale che sancisce il 3-3.
Biglietto di sola andata per Bergamo...

La storia della Juve, come quella di ogni altra squadra, è quindi costellata da acquisti non proprio fenomenali. Certo, una volta nel cesto di mele ogni tanto si trovava la mela marcia, oggi sembra che le mele buone da mangiare siano proprio poche e c'è la tentazione di gettarle tutte con tutto il cesto appresso.
Eppure ci sono due cose che mi spingono a non farlo.

La prima è che, alla Juve, queste “pioggerelle” di bidoni sono servite, se mi permettete il paragone, ad innaffiare il terreno da cui nacquero i frutti migliori, come un ciclo che si ripete: dopo i fiaschi di fine anni '70 venne la Juve dei magici anni '80. Dopo quelli di fine anni '80, la prima Juve lippiana. Dopo gli incauti acquisti di Moggi a fine anni '90, ecco la Juve del Lippi-bis e di Capello...

L'altra è che ho sempre la speranza che la storia si ripeta anche per i miracoli, che voglia regalarci ancora un'occasione inattesa; quando l'Avvocato andò a prendere, pagandolo un piatto di lenticchie, un giocatore reduce da un grave infortunio, tutti lo presero per matto. “Era bravino, ma quello lì non si riprende più”, “Per poco che l'abbiano pagato, son soldi gettati”, “Poi da quel paese lì non son mai venuti grandi giocatori, tutte signorine boriose e basta...”
Era un francese e giocava con la maglia fuori.
Si chiamava Michel Platini.
 
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Dopo la Cassazione su Moggi, cosa dovrebbe fare ora la Juve?
 
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