C’è il morso della fame, quello dei denti, quello del cavallo. Poi ci sono i
morsi dei calciatori. Tutti voi ricorderete quello di
Suarez a Chiellini, il 24 giugno 2014, durante Italia - Uruguay. A sentire il vampiro uruguagio, aveva quasi ragione lui, visto che Chiellini
“è un difensore irritante, uno che ti provoca sempre durante la partita”. Scusa infantile, poiché l’individuo è un morsicatore seriale: per conferma chiedere a Bakkal e Ivanovic. Niente sanzione arbitrale, nella gara con l’Italia, ma una squalifica di quattro mesi e l’invio da uno psichiatra per l’opportuno trattamento.
Ci sono stati anche vampiri nostrani: uno indossava la maglia
granata del Torino, era uno stopper, e durante un derby, non sapendo più come arginare lo strapotere fisico di John Charles, provò con un morso sulla spalla. Al contrario di Chiello, il gallese fece finta di nulla, e della cosa se ne accorsero i compagni nella doccia, dopo la gara. Ai colleghi che gli chiedevano come mai ridesse della cosa, il gallese fece rispondere il suo amicone Omar Sivori:
“Se John si fosse arrabbiato, il dentuto sarebbe morto”. I nostri, in campo, hanno dovuto subire anche altri morsi, chiedere per conferma a Sergio Brio. Il sole allungava già le ombre del pomeriggio, quel 6 marzo 1983, alla fine di Roma - Juventus. La gara è appena terminata, con le reti di Falcao (62°), Platini (83°) e Brio (86°) a fissare il risultato sul due a uno per noi, un bastone tra le ruote della Roma, quell’anno lanciata alla conquista dello scudetto. Sono gli anni “der gó de Turone” e dei righelli mandati in regalo a Viola da Boniperti. Ma, certamente, non rientrava nella guerra aperta tra le due squadre il
morso che un cane poliziotto rifilò al povero Sergio Brio a fine gara. Sarà stato un cane giallorosso.
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