Annullata la condanna al “rancoroso” BriatoreFabio Briatore non è simpatico. Ma neppure stupido. E tantomeno perdente. Mister Billionaire ci ha abituati alle imprese impossibili, grazie ad un fiuto non comune per gli affari e ad una dedizione impressionante. Chissà perché, mi ricorda qualcun altro, scaricato quattro anni fa dalla Juve.
Quando Max Mosley, tra una frustata e l’altra, decise di estromettere Flavione dalla Formula Uno, molti di noi pensarono che la partita non si sarebbe chiusa tanto facilmente per il gotha dell’automobilismo mondiale. E infatti pochi giorni fa la giustizia ordinaria francese ha deciso di riammettere Briatore, annullando la sentenza sportiva che l’aveva radiato dal mondo delle corse a quattro ruote.
A qualcuno, anche in Italia, probabilmente saranno fischiate le orecchie. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di rinfrescarci la memoria. Il 21 settembre 2009 la FIA, allora presieduta da Max Mosley, decise di squalificare a vita Briatore e per 5 anni Pat Symonds, in seguito alla rivelazione di Piquet jr., che aveva raccontato di essere stato convinto dai due manager della Renault a fare un incidente per avvantaggiare il compagno di squadra Alonso. La vicenda presentava molte contraddizioni, che però non impedirono alla federazione di prendere provvedimenti drastici.
Il giorno dopo la sentenza, la Repubblica titolava così un articolo del sempre “equilibrato” Mensurati: «La crash strategy del Bullonaire». Sul Corriere della Sera, invece, si prospettava per Briatore anche la perdita del proprio team calcistico. Insomma, la solita minestra:
i due principali quotidiani italiani sono sempre pronti a porre il marchio d’infamia anche di fronte a condanne effettuate nelle hall di hotel o nelle camere d’albergo.
Ma Briatore, come s’è detto, non ha fama di piegarsi tanto facilmente al volere altrui e non è neppure uno sprovveduto. E così, mentre il sempre elegante Mensurati lo definiva “cornuto e sbullonato”, Flavio ricorreva alla giustizia ordinaria francese. Come sia andata a finire, lo sappiamo già.
È opportuno fare un passo indietro. Un paio di giorni dopo la sentenza della FIA,
mentre i nostri mass-media sparavano ad alzo zero su Briatore, l’altro “mostro” Moggi si rivide in lui: «Al mio amico Briatore l’hanno combinata grossa, esattamente come a me. (…) Di prove, come nel mio caso, non ce ne sono. (…) Quando vuoi fare fuori qualcuno, non c’è giustizia che tenga». Ma Moggi notò immediatamente una differenza tra i due episodi: «
Flavio si è dimesso esattamente come me, ma la Renault ha fatto di tutto per non avere sanzioni e praticamente ne esce pulita; la Juve, invece, non si è difesa per niente e ha accettato la serie B senza combattere. Cose da matti…». In realtà, l’impressione è che le vicende fossero profondamente differenti, proprio per il comportamento tenuto da Juventus e Renault. Nel primo caso, è ormai certo che la Juve rappresentasse un tassello di una vicenda molto più grande relativa all’eredità Agnelli e, visti i presupposti, la società si è poi mossa in maniera coerente. Al contrario, la Renault non avrebbe mai accettato una condanna e la FIA, consapevole di rischiare di dover pagare danni enormi, preferì da subito accontentarla.
Il fatto importante comunque è un altro.
Briatore non è l’ultimo arrivato, ma non è neanche l’uomo più potente della Terra. Ha scelto di non piegarsi alla “giustizia” (virgolette d’obbligo) sportiva e si è mosso contro un sistema multimilionario, affidandosi alla giustizia ordinaria. E in poco tempo ha avuto ragione. Non è stato il primo e non sarà certamente l’ultimo a combattere: l’hanno fatto, vincendo, Moggi e Giraudo quando Umberto Agnelli era ancora vivo; l’ha fatto, appoggiato dal “nostro” avv. Misson, Bosman; l’ha fatto per otto anni Guardiola, squalificato e successivamente riabilitato dalla giustizia sportiva italiana. Nonostante questo,
nel 2006 ci fu raccontato che la Juve non poteva ricorrere al TAR, perché rischiava non si sa bene cosa. Il vero motivo ormai ci è chiaro ed è inutile continuare a chiedersi perché un ricorso fu prima presentato e poi ritirato. Chi apre la porta di casa invitando un ladro a rubare i gioielli, poi difficilmente alza la cornetta per chiamare i carabinieri e farlo arrestare! Ciò che invece sorprende e rammarica è constatare che
moltissimi juventini si sono bevuti quella storia e ancora oggi, di fronte all’ennesima dimostrazione di quanto poco credibili fossero le motivazioni dei nostri proprietari, non li mettono in discussione. Ci hanno preso e continuano a prenderci in giro, ma gran parte del popolo juventino non se ne accorge o sembra disinteressarsene. È brutto dirlo, ma ognuno ha ciò che si merita: evidentemente la stragrande maggioranza degli juventini si merita Montezemolo, Elkann e Blanc.
L’inedia del popolo bianconero è un fatto spiacevole, ma che non cambia la sostanza delle cose:
ogni giorno assistiamo alla vittoria di qualche “rancoroso” che non si è piegato alle decisioni ingiuste. Anche questo ci dà la forza di continuare! Della giustizia, Leopardi diceva: «Se bene si dice che sia zoppa, raggiunge però il malfattore, se egli è zoppo». Max Mosley evidentemente ha qualche problema di deambulazione. Ma tanti protagonisti di farsopoli non stanno tanto meglio di lui…
Commenta l'articolo sul nostro forum!