Tutti, o perlomeno quasi tutti, conoscete il soggetto. Un cabarettista scovato dal programma “Colorado cafè”, un insulso quanto esilarante personaggio che per due anni ci ha martellato con il suo tormentone: «Eh beeeeeeehh, non ci son problemi, tu mi dici quel che devo fare… ed io lo faccio!». Cosa lega il suddetto con la fresca, rigenerante e liberatoria notizia del passaggio di un altra lavatrice sul versante “dispari” della città di Madrid? Naturalmente parliamo di Tiago Cardoso Mendes, il “pacco” per antonomasia della gestione degli usurpatori. E per distacco, signori! I vari Poulsen, Knezevic e Boumsong impallidiscono di fronte all’insopportabile nulla offerto dal nostro in questi due anni e mezzo di permanenza bianconera. Cosa li lega, dicevamo? Proprio questa inedia di fondo. Entrambi continuano a riempirsi la bocca di disponibilità a fare, a rendersi utili, salvo poi alla resa dei conti dimostrarsi totalmente insulsi. Ma per lo meno il primo fa ridere i propri spettatori. Il secondo, purtroppo, fa ridere solo gli avversari. Andiamo con ordine. La Lavatrice fu acquistato (sigh!) in pompa magna dagli “smiles” nell’anno del ritorno in serie A (ri-sigh!) e le sue prime parole, nel giorno del raduno a Pinzolo, rimarranno tragicamente impresse nella memoria di tutti i bianconeri: «Sono qui per vincere lo scudetto!». Ossignùr! Certe fanfaronate intertristi non le sparavano neppure campioni ben più celebrati e certamente più legittimati di lui. Ma i campioni sono campioni già dal peso che danno alle parole… D’accordo, c’era da infiammare il popolino ancora reduce da Frosinone e Crotone. Ma come sia andata a finire l’abbiamo visto tutti: prima che ci si accorgesse della sua presenza, se n’era già andato quasi tutto il girone d’andata, mentre Tiago passava più tempo in tribuna e in panchina che in campo. Il cantante si accollò ripetutamente l’onere di raccontarci che era stanco, che la preparazione italiana era differente (andiamo bene: l’arzillo vecchietto ha 22 anni!), che il giocatore era di difficile collocazione tattica (ma per caso era stato acquistato da un catalogo Postalmarket?) e amenità varie. Come spesso accade quando si parla di bidoni, il mister si spinse ad assicurare che i suoi compagni lo adoravano e che in allenamento era uno spettacolo, ma il fallimento del centrocampista era evidente anche ai più ottimisti. La stagione successiva cominciò sotto migliori auspici: ad un certo punto, stanti infortuni vari, Tiago si ritrovò addirittura titolare, riuscendo a fornire 4 o 5 buone prestazioni, culminate in una performance rispettabilissima nella serata in cui il Capitano fece alzare in piedi ad applaudire 100 mila madrileni. Ma l’illusione naturalmente durò poco e per contrappasso ci dovemmo sorbire pure la bacchettata di colui che “tutto sa e tutto puote”, colui che non è un pirla e che dall’alto del suo trono di cartone sentenziò: «Tiago per rendere al meglio deve giocare in un centrocampo a tre». Bum! E così, tra i numerosi vanti di questo nuovo corso juventino, c’è anche la perla di un allenatore interista che indica allo staff tecnico bianconero il miglior utilizzo per un giocatore. Il resto, amici, è storia di ieri: Tiago gioca qualche partita nel rombo, poi si infortuna, rientra e rimane ai margini fino alla liberatoria notizia di due giorni fa: ceduto! O quasi… Prima di cantare vittoria, vale la pena di ricordare che il “pacco” non è ancora stato consegnato alla stazione ecologica per lo smaltimento definitivo, dal momento che finora l’unica certezza è il risparmio di 1,3 milioni di euro, cioè della metà dell’ingaggio di questa stagione. Anzi, a voler essere precisi, neanche questa è una certezza assoluta, dal momento che quella cifra è indicativa. Poi, se a Madrid si riterranno soddisfatti dell’andamento di Tiago di qui a fine campionato, avranno il diritto di acquistarlo per 8 milioni, regalando a John Elkann l’ennesima minusvalenza della sua gestione (ma del resto lui stesso in tempi non sospetti spiegò di non amare particolarmente le plusvalenze del vecchio corso e di volere invertire la rotta!). Proviamo comunque a fare un bilancio dell’operazione Tiago: la parabola, costata alle casse di Galfer 15 milioni di euro (13+2 di bonus per risultati conseguiti), oltre ad un ingaggio di 2,6 milioni di euro per 5 (cinqueeeee!, paura di perderlo prima?) anni di contratto, è riduttivo definirla in caduta verticale. Ai tempi di “Mai dire gol”, la Gialappa’s ne avrebbe fatto l’icona della splendida rubrica “fenomeni parastatali”. L’augurio è che si sia davvero ai saluti finali e che questa partenza sia la prima della fila di un gruppo di giocatori che in altre epoche, quando si parlava di Juve autentiche, avrebbero indossato la nostra maglia solo a fine partita, sudata e indossata al contrario. Nel frattempo, ricorderemo la sua espressione perennemente aliena, quasi fosse capitato per caso sul pianeta terra, in costante auto-interrogazione da “che ci faccio qui?”, con quei capelli da far invidia a Danny Tzuco. E nelle orecchie del popolo juventino rimbomberà a lungo, ossessiva, insopportabile e irridente, la spernacchiante risata del presidente Aulas, che, poco tempo dopo avercelo venduto, non si preoccupò di rivelare di averci rifilato una “sola” di dimensioni apocalittiche. Il tutto naturalmente indossando un cappello a sonagli, con una lingua di suocera in bocca! Il dramma, per concludere, è che certe disgrazie non vengono mai sole e non capitano mai per caso. Ma questo è un altro problema… forse anche più "Grosso". |