Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco: lì per lì, sembrava un altro degli svarioni linguistici del grande e amatissimo Giovanni Trapattoni, in arte “Trap”. Facile, prendere in giro una persona che ha studiato poco, con l’adrenalina della gara ancora alta e che, per contratto, deve apparire in televisione a parlare davanti a torme di giornalisti che spesso hanno studiato meno di lui.
Basta dare un’occhiata su Wikiquote: la sua è tra le pagine di citazioni più nutrite. Spesso imbracciava il suo colorito e sgrammaticato italiano per difendersi dai soloni del calcio:
“Non insegno chimere, le lascio a Sacchi. Icaro volava, ma Icaro era un pirla” e
“Sacchi dice che un C.T. è come un eunuco nell'harem? Parli per sé. Io ce le ho tutte e due” (Corsera,6 giugno 2011). Sacchi , e non solo:
“Un allenatore non deve dormire. Lui fa ronf, ronf e la partita finisce 0 a 0. Sbagliato. Un coach deve sempre essere sveglio e indovinare il cambio decisivo” (Gazzetta dello Sport, 23 marzo 2009).
Non si fermava nemmeno davanti a una lingua ostica come il tedesco: famosissima la celebre conferenza stampa in cui rimproverava lo scarso impegno al centrocampista Strunz, utilizzandone il cognome come l’assonante parola italiana lascia intendere. Spesso, infilava battute gustose nel discorso, come:
”In Irlanda piove due volte a settimana. La prima da lunedì a mercoledì, la seconda da giovedì a domenica” (Gazzetta.it, 30 dicembre 2012), o
“In vita mia sono stato fortunato. Quando sono arrivato davanti al passaggio a livello, la sbarra era sempre alzata. Forse sono stato io a inventare il Telepass” (Corsera, 6 giugno 2011).
Intelligente com’è, non ha mai sottovalutato l’apporto della fortuna al suo lavoro:
“Non sono né la Lollobrigida, né Marlyn, non merito tante attenzioni, sebbene spesso abbia anch'io un bel culo!” (Gazzetta dello Sport, 23 marzo 2009). I nonsense e le frasi contorte hanno un ampio riscontro:
“There is one ball, c'è un solo pallone e bisogna corrergli dietro. Se non lo rincorri fino alla nostra area, sei Ponzio Pilato” (Gazzetta.it, 30 dicembre 2012).
Ancor più frequenti le gaffes vere e proprie:
“Noi non compriamo uno qualunque per fare qualunquismo" e
“Sia chiaro però che questo discorso resta circonciso tra noi” (Palla lunga e pedalare, Dalai Editore, 1992), continuando con “Una sfida ostica, ma anche agnostica” (Repubblica.it, 16 marzo 2009),
“Abbiamo ritrovato il nostro filo elettrico conduttore” e
“C'è maggior carne al fuoco al nostro arco, anche se l'arco lancia le frecce” (Corsera, 6 giugno 2011), per finire con
"Non mettiamo il carro davanti ai buoi, ma lasciamo i buoi dietro al carro" (l'Unità, 8 giugno 2011).
Poi ci sono le considerazioni “animaliste” del Trap, come
“La palla non è sempre tonda, a volte c'è dentro il coniglio" (MicroMega, 12 luglio 2010) e
“Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco”. Se è vero che nel calcio non s’inventa nulla, forse il Trap ha inventato qualcosa in un campo che non è il suo. I linguisti, alcuni di essi, almeno, citano questa cosa del gatto tra i proverbi piuttosto giovani, una variante moderna di: “Non dire quattro se non ce l’hai nel sacco”. Comprendere il detto è piuttosto semplice: il gatto è veloce, imprevedibile, agile, per cui non è facile chiuderlo in un sacco, e nessuno può dire di averlo acchiappato prima di averlo fatto davvero.
Forse è Don Giovanni da Cusano Milanino, ad aver inventato questa variante di saggezza popolare, forse no: di certo è lui che ha dato inizio al tormentone. La cosa nacque il 18 o il 19 maggio 1993. In finale di Coppa UEFA, la Juventus aveva già regolato il Borussia Dortmund con un tre a uno esterno e stava per giocare il ritorno a Torino. Ai giornalisti che sostenevano come la Juve avesse già la Coppa in tasca, il Trap, uomo concreto e con i piedi per terra, in conferenza stampa pronunciò il celebre
“Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco”. Per la cronaca, Möller e la doppietta di Dino Baggio chiusero il sacco col gatto dentro.
Dall’articolo forse non si è capito, ma tante volte lo leggesse anche lui, una cosa mi preme che sia chiara: Trap, ti voglio bene! Perché, come dicevi tu stesso
“Se non si può vincere bene, che almeno si vinca. I risultati restano, le squadre spettacolari e le parole durano ventiquattr'ore” (Gazzetta dello Sport, 23 marzo 2009). E tu se come i tuoi risultati: restano nella storia .. e nei cuori.
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