Di A.Pavanello Tra il 1906 e il 1914 la Juventus visse una crisi che minacciò addirittura di far scomparire il club.
Le cause di tale periodo nero ebbero inizio nel campionato del 1906 (la squadra aveva terminato il girone eliminatorio a pari punti col Milan e il primo spareggio per designare il Campione era terminato sull’1-1. Venne quindi deciso un nuovo spareggio, sul campo “neutro” dell’US Milanese, cosa che provocò il rifiuto della compagine bianconera e la conseguente sconfitta a tavolino), quando si verificò uno scontro in seno alla dirigenza del club: da una parte il Presidente Alfred Dick, che aveva permesso alla Juve di rinforzarsi (e il club bianconero aveva vinto il suo primo Campionato l’anno precedente), dall’altra i fondatori della Juventus.
Uno dei pionieri della Juventus, Corbelli disse, a proposito di tale screzio “Dick si sentiva padrone perché ci aveva trovato il campo al Motovelodromo (diceva) […] che noi italiani festeggiamo le vittorie con cenoni e fino a notte inoltrata […] che dovevamo finirla con le ragazzate […] ci aveva stufati, si votò e fu messo in minoranza […] era una cosa nostra quella Juventus, riempiva le nostre giornate di allegria, Dick era troppo serio”. Dick si dimise, portando con sé diversi calciatori, nolenti o volenti (e poté farlo perché costoro erano i dipendenti dello stabilimento di cui era il proprietario). Con la partenza del suo presidente, la Juventus perse la possibilità di utilizzare il Velodromo Umberto I.
Come scrisse Canfari, un altro dei fondatori della Juventus “[…] perdemmo il campo, la squadra, l’egemonia sportiva, tutto perdemmo fuorché la fede ed il buonumore”.
Privati di supporti economici e logistici, la squadra ritornò a Piazza d’Armi e per sostituire quei titolari che avevano dovuto seguire Dick, furono utilizzati i giocatori della riserva. Sul piano sportivo i problemi si fecero sentire già nel campionato del 1907, dove i bianconeri furono eliminati nel girone dai “cugini” del neonato FC Torino, fondato proprio da Dick e da Schoenbrod (già presidente dell’FC Torinese).
Nel periodo tra il 1908 e nel 1910 i risultati furono piuttosto altalenanti per il club (che nel frattempo era finalmente riuscito a trovare un terreno per allenarsi), ma il peggioramento sul piano sportivo si verificò a partire dalla stagione 1910/11, quando la squadra terminò all’ultimo posto del girone eliminatorio piemontese-ligure-lombardo (all’epoca non esisteva ancora un campionato a girone unico). La stagione successiva ci fu un ulteriore aggravamento delle condizioni: in effetti il club, faticò a reclutare nuovi giocatori e l’esempio di tali difficoltà è riassunto nell’incontro del 14 gennaio 1912, quando di fronte al Milan si presentarono solo 10 giocatori.
L’apice della crisi venne raggiunto nella stagione 1912/13, i problemi di organico e di liquidità perduravano, per cui la Juventus finì ancora una volta all’ultimo posto del girone eliminatorio, con appena 3 punti in 10 giornate e i più pessimisti iniziano a pensare allo scioglimento del club.
Per tentare di raddrizzare tale situazione insostenibile, venne eletto presidente Giuseppe Hess. “Bino” o “Pino”, come era soprannominato, esordì nelle riserve della Juventus già nel 1901 e dopo una stagione passata all’US Milanese (1908/1909), ritornò alla Juventus, per giocare con la squadra dei titolari fino al 1912. Eletto presidente, Hess impose alla società uno stile più manageriale che si rivelò essere la soluzione migliore.
Il cambio di mentalità e un profondo rinnovamento dell’organico diedero i loro frutti già nella stagione 1913/14: la Juventus terminò seconda dietro l’Inter nel girone eliminatorio per poi classificarsi al quarto posto nel girone nazionale.
La lunga notte della Juventus era ormai alle spalle e il club poté guardare al futuro con più ottimismo, ritrovata una definitiva stabilità.
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