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Calcio giocato di F. DEL RE del 14/03/2019 13:53:45
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La partita da Juve è stata evocata per mesi ed alla fine è arrivata. Nel momento più importante, anche se altri cinque, si spera, ne arriveranno. Al di là delle dichiarazioni maniavantiste di un mese fa di qualche solone da web, per cui l'eliminazione con l'Atletico non avrebbe reso fallimentare questa stagione, l'aver ribaltato uno 0-2 esterno per la prima volta nella sua storia ha reso nuova vita e nuova linfa alla Juventus ed alla panchina del suo allenatore. Allegri, odiato, amato ed infine mal sopportato dalla maggior parte dei suoi tifosi, spesso portati a spasso fra le opinioni cangianti degli influencer bianconeri, si è dimostrato di nuovo quello che per chi scrive è da sempre: uno studente dotato, e a Cagliari lo sanno bene, che conscio delle sue doti, ma ammantato da pigrizia atavica, si riduce a studiare la lezione all'ultimo giorno disponibile ed il fatto che il giorno dopo l'interrogazione vada bene fa solo arrabbiare di più chi quel profitto lo pretenderebbe per buona parte dell'anno e non solo quando la situazione si fa disperata, quasi irreversibile. Anche per questo ieri sera si è vista la miglior Juve ed il miglior Allegri dal rovescio di Cardiff.

Finalmente una squadra che gioca per vincere, per fare un gol in più e uno ancora fino alla fine, come inneggia il suo motto, e non fino a che Evra non la spazza o fino a che Benatia non entra scomposto. Ma il resto della stagione, passato attraverso un gioco pietoso, una forma fisica scadente e polemiche inutili e infantili verso chi glielo faceva notare, non si cancella per un ottavo ripreso per il rotto della cuffia, per una qualificazione al cardiopalma macchiata da un'andata indecente giocata contro una squadra fatta passare dai suddetti influencer come un'ira di Dio e non come la solita compagine di rognosi e volenterosi operai del pallone di stampo argentino anni settanta, retaggio culturale del suo conducador Simeone.

La partita è stata preparata benissimo, ma forse, come a Monaco tre anni fa esatti, grazie anche alla lista degli indisponibili dettata dal medico sociale. Testimonianza di ciò la dà la presenza in campo di uno dei fedelissimi del tecnico labronico, quel Mandzukic in stato di forma gerontopatico che ha perso persino la lucidità di ragionare sui movimenti corretti e sulle giocate necessarie. E' rabbrividente pensare a che tipo di undici titolare avremmo visto se De Sciglio e Khedira fossero stati della partita, pensare ad una squadra senza i fantastici Spinazzola ed Emre Can di ieri sera. C'è da riflettere sulle decisioni di un tecnico che una volta all'angolo sa uscirne come pochi al mondo, con idee straordinarie come quella di posizionare Emre Can terzo centrale di difesa con la licenza di salire da interno incursore di centrocampo. Emre Can doppio come il suo nome, come la sua doppia nazionalità, come un Padre Pio del pallone, ha il dono della bilocazione: lo vedi qua, ma sta anche là. Giocatore fantastico, alla faccia dei sopraddetti soloni che lo relegavano alla voce "bidone", come Pjanic, sontuoso in regia perché finalmente chi gli stava accanto semplicemente si smarcava, gli dettava il passaggio, lo aiutava nei raddoppi; come Matuidi, finalmente nel suo ruolo di inesorabile bracco alla ricerca dei palloni e non in quelle abbastanza improbabili e mortificanti per lui del Marchisio o del Vidal, caratteristiche che il francese d'Africa non ha, né mai avrà, come Bernardeschi, levriero dai piedi educati sguinzagliato ovunque a far danni nella difesa colchonera.

E' stata la rivincita di tanti la partita di ieri: in primis di chi ha sempre sostenuto che un gioco, uno straccio di gioco, fosse l'unica medicina per rivitalizzare una squadra stellare; poi di chi è stato tanto bistrattato, di chi si è visto attribuire colpe non sue, come tutti gli uomini di centrocampo, relegati al ruolo di schiappe. Evidentemente certi fenomeni da tastiera non hanno mai visto una sola partita del Liverpool negli ultimi quattro anni, né del PSG, né si sono mai resi conto che questo stesso centrocampo, allora privo dei vari Bentancur, Can e Matuidi, era arrivato a giocarsi la finale di Cardiff esprimendo un calcio di qualità. E' cambiato tutto in una sera. Si è tornati sulla retta via, quella che si interruppe a Torino dopo Manchester, dopo aver annichilito il Manchester per 80'. Ci sono voluti mesi, imprecazioni, prestazioni disastrose un po' ovunque per capire che i terzini devono salire, devono buttarsi negli spazi, devono avere almeno due linee di passaggio decenti, che Ronaldo va appoggiato da chi parla la sua lingua, né può starsene come Platini al Camp Nou nel 1986, ovvero solo come un cane a trenta metri dai compagni schiacciati in area e fermi sulle gambe.

Ora abbiamo di nuovo tutto per vincere, per vincerla. L'importante sarà non disperdere questa lezione, mandarla a memoria, fidarsi ed affidarsi ad uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi che è stato leader prima di scendere in campo oltre che sul campo. E sarà pure il caso di smetterla di non affrontare le cose per quello che sono, raccontando barzellette che non fanno ridere come: "se usciamo sarà comunque un successo". Siamo la Juve, siamo il top team con meno Coppe dei Campioni, siamo una società che ha una storia talmente gloriosa, ma anche talmente monca che brama, necessita, pretende e vuole altre due, tre, sette coppe dei campioni. Magari non di fila, come gli scudetti, ma tutte e il prima possibile. Altro che comunque vada sarà un successo...

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