Nella CNSC, la Classifica Nazionale degli Scudetti di Cartone, è saldamente al primo posto l’Inter, in ragione dei “trionfi” sulla Juventus del 2005/06, su cui pare inutile soffermarsi, e di quello sulla Pro Vercelli del 1910, di cui vi ho scritto su queste pagine il 30 marzo 2016 (“Gli avi dei cartonati: Inter 1910”); al secondo posto in classifica, a pari merito, siedono la Pro Vercelli e il Milan, che conquistò sulla Juventus il proprio scudetto di cartone nel 1906 (GLMDJ, 29 marzo 2016: “Gli avi dei cartonati: Milan 1906”). Del quarto scudetto di cartone, che i maramaldi della Pro Vercelli sottrassero al povero Pisa nel 1921, non si è parlato molto. Resta il fatto che, per reciprocità alla CNSC, esiste la classifica delle vittime di cartonamento, che i Guido Rossi succedutisi nel tempo hanno contribuito a stilare: anche qui trionfa la nostra amata Juventus con due punti, seguita a pari merito a un punto dalla grande Pro Vercelli e dal piccolo Pisa.
Andiamo a vedere come si svolse il Campionato di Prima Categoria 1920/21. Nulla poteva far prevedere che, dopo la Grande Guerra, molte società di calcio avrebbero adeguato gli impianti sportivi e che sarebbero state in grado di far fronte agli adempimenti finanziari richiesti dalla Federazione. Nonostante il “Progetto Pozzo”, che propone una sorta di campionato-ponte in attesa di quello a girone unico invocato dagli squadroni del nord, quell’anno ci sono ancora più squadre a contendersi la vittoria finale nel Campionato di calcio di Prima Categoria. Il Girone Settentrionale, dai tredici Gironi di Qualificazione dei cinque Raggruppamenti Regionali, fornirà la finalista che si batterà per il titolo con l’altra finalista, vincente nel Girone Centro-meridionale, espressa dal confronto tra le prime due classificate dei Campionati Regionali della Toscana, del Lazio e della Campania.
Tra le squadre del nord, la Pro Vercelli, promossa in semifinale dal Girone B di qualificazione piemontese, vince il successivo Girone D, qualificandosi per la semifinale del nord Italia. La gara si gioca a Torino con l’Atalanta, ma è sospesa al 62° per il ritiro dei bergamaschi: il risultato omologato è quello di quattro a zero fino ad allora maturato sul campo. La finale tra le squadre del nord si svolgerà col Bologna, agevolato nel passaggio del turno dal ritiro del Torino e del Legnano. A Livorno, col risultato di due a uno, la Pro Vercelli batte il Bologna due a uno e conquista il diritto a disputare la finalissima con la vincente del Torneo centro-meridionale. Al Bologna la cosa va giù male. Di miglior tasso tecnico rispetto agli avversari, domina per tutto il primo tempo, riuscendo ad ottenere solo una rete di vantaggio. La gara non cambia nel secondo tempo, ma il raddoppio non arriva, mentre la Pro riesce a pareggiare. Nulla di fatto nei tempi supplementari e, per il torneo ormai prolungato a luglio inoltrato, la partita fu dichiarata ad oltranza, fino a quello che la FIFA, nel 1993, avrebbe denominato “golden gol”. Nell’overtime, il Bologna aveva continuato a dominare, fino a quell’isolato contropiede in cui Rampini siglò la rete della vittoria per la Pro Vercelli. Proteste felsinee per il fuorigioco del marcatore, ma il buio e l’invasione di campo dei piemontesi fecero ssì che l’arbitro decidesse di convalidare la rete. Ovvio il ricorso bolognese per l’irregolarità nella segnatura dei vercellesi, respinto da una Federazione che aveva qualcosa sulla coscienza: ne parleremo dopo.
Per la finale nazionale, la Federazione sceglie Torino, un campo neutro per modo di dire, a soli sessantacinque chilometri da Vercelli, mentre i tifosi pisani, in un’epoca in cui seguire la squadra così lontano era quasi proibitivo, avrebbero dovuto percorrere una distanza di quattro volte tanto. La protesta del Pisa è ignorata e s’arriva al giorno fatidico. La gara ha inizio agli ordini dell’arbitro genovese Olivari. I toscani, supportati da uno sparuto gruppo di tifosi al seguito, giocano senza timori reverenziali contro i titolati piemontesi, finché Rampini, con un’entrata assassina, riduce il Pisa in dieci uomini: Gnerucci, colpito, è costretto a lasciare il campo senza che l’arbitro espellesse il giocatore della Pro Vercelli, ignorando le vibranti proteste pisane. Noblesse oblige!
Nonostante la superiorità numerica per quasi tutto il primo tempo, grazie a un Gianni paratutto, è solo al quarantaduesimo che Ceria porta in vantaggio i piemontesi. Sbrana pareggia su rigore a inizio ripresa, ma la Pro Vercelli torna subito in vantaggio, con una rete, contestata per fuorigioco, del solito Rampini. Il danno e le beffe: Viale espulso per proteste e Pisa è ridotto in nove. Col doppio uomo in più, i piemontesi riescono a condurre in porto una gara niente affatto facile.
Nuovo reclamo del Pisa alla Federazione, stavolta per l’arbitraggio di parte, evidenziato dalla mancata espulsione di Rampini, dalla rete in fuorigioco per il vantaggio vercellese e dall’espulsione di Viale. La Pro Vercelli aveva già vinto cinque scudetti dal 1908 al 1913, che avrebbero potuto essere sei senza la ricordata rapina da parte dell’Inter nel campionato del 1910: alla prima occasione di risarcimento, cioè la prima volta che dopo qualche stagione aveva nuovamente la possibilità di conquistare il titolo, i “bianchi” sono favoriti ben due volte e in due gare consecutive: per l’accesso alla finale ai danni del Bologna e con un arbitraggio indegno ai danni del Pisa. La Pro Vercelli pareggiava così il dare e l’avere nel calcolo degli Scudetti di Cartone. Così facendo, però, manca un Tricolore dalla bacheca del Pisa.
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