Dopo la recente rivoluzione grafica della Juventus, con la quale il club stesso ha cambiato il proprio stemma societario in un banalissimo logo commerciale per motivi di marketing, una nuova scelta estrema sta facendo discutere tifosi e osservatori; per la prima volta da 116 anni a questa parte, la prima maglia da gioco per la stagione 2019-2020 non avrà più le classiche strisce verticali bianche e nere. Non ci saranno più né piccole né grandi, bensì la maglia sarà semplicemente divisa in due parti, una bianca e una nera, e a dividere i due colori ci sarà una piccola e stretta striscia rosa, in onore della maglia rosa indossata dai giocatori del club nei primi anni (1897-1902).
Ancora in molti però non hanno messo a fuoco il punto chiave, ossia che si tratta di una scelta epocale, visto che le strisce c’erano, per l’appunto, dal 1903; viene abbandonata, nei fatti, una tradizione vera e propria che identificava una grande storia sportiva, sacrificando il tutto sull’altare del merchandising spinto a cui lo sport degli ultimi decenni ormai ci ha abituato. Sarà solo il volume delle vendite del prossimo anno a stabilire se il club avrà avuto ragione dal punto vista pecuniario. Le prime reazioni dei tifosi non sembrano affatto incoraggianti, per ora, e si è fatta, non a caso, molta ironia sul Palio di Siena (contrada della Lupa).
Dal punto di vista strettamente estetico infatti, il risultato ottenuto dall’Adidas sembra decisamente non all’altezza delle aspettative. Risulta persino molto più bella la maglia del Fulham fc (campionato inglese), sempre realizzata dal marchio tedesco, con gli stessi colori (invertiti) e lo stesso design. Strano a dirsi, ma le piccole differenze tra le maglie realizzate per i due club fanno, per l’appunto, la differenza. Il Fulham fc si è permesso a riguardo un simpatico sfottò sul proprio profilo Twitter ufficiale, anche grazie al 4-1 inflitto alla Juve in Europa League nella stagione 2009-2010 (“per sempre nella nostra ombra” il tweet in questione, poi cancellato per ragioni diplomatiche).
Ma tornando alle nostre cose, la maglia della Juve nella parte posteriore è totalmente asimmetrica per via del grosso quadrato nero destinato al nome e al numero, cromaticamente dunque, è praticamente tutta nera con un paio di pezzi bianchi sopra e sotto al quadrato solo sul lato destro. E una manica bianca dalla parte opposta. In buona sostanza il retro somiglia ad uno sconclusionato collage di avanzi di sartoria.
Ora, presupponendo che ne sapremo di più tra un anno su quanto sarà piaciuta, e tenendo ben presente che i gusti sono gusti, e ognuno di noi ha i propri, passiamo oltre.
Nonostante tutto, qualche riflessione più approfondita su questa scelta nasce spontanea anche senza attese, anche senza avere dei dati reali sulle vendite in mano, perché non si tratta solo di un fatto puramente estetico. Cari lettori, ognuno di noi ha un’unica grande domanda da porsi, un quesito che contiene al suo interno tutti gli altri piccoli e grandi quesiti:
qual è il perimetro delle caratteristiche entro il quale possiamo definire questa squadra di calcio “la Juventus”? Una risposta asciutta e stringata, e ovviamente un po’ semplificata, ma pur sempre efficace, potrebbe essere: nome della squadra, sport del calcio, città della squadra e campionato di appartenenza, stemma sociale o logo, colori sociali, tradizione. L’ultimo elemento è il più difficile da identificare, ma è importante quanto gli altri. Ora, laddove qualche elemento di questi venga a cambiare, per forza di cose si genera una discussione tra i tifosi più affezionati. Quanti elementi di questi devono cambiare per non identificarsi più con quel nome leggendario che, insieme ad altri grandi club, ha fatto la storia del calcio? Probabilmente ognuno di noi ha la sua risposta, molto personale, e inappellabile.
La prima cosa che è cambiata è stato lo stemma sociale in favore del nuovo logo, lo scorso anno. E’ cambiato tante volte in passato, ma si è sempre trattato di un restyling migliorativo di quello tradizionale, mentre l’ultima volta è stato stravolto definitivamente. E’ sparita la storia e la geografia (non c’è più il riferimento alla città di Torino). Ora,
con questa nuova scelta riguardo alla maglia, sparisce un bel pezzo della tradizione che ha visto i giocatori della Juventus diventare delle icone per i propri tifosi e anche per gli avversari. Il prossimo passo, per la stagione successiva, potrebbe essere quello di passare ad una maglia a tinta unita, perché è decisamente più “casual” e più facile da indossare in tutte le occasioni della vita quotidiana, rispetto a quella a strisce, e quindi nel mondo forse se ne venderebbero di più. Chissà che qualcuno non ci stia già lavorando…
Restando sullo stesso binario di riflessioni, proviamo a fare degli stuzzicanti esempi pratici che possano far riflettere ognuno di noi.
Se i geniacci del marketing del club decidessero che il bianco e il nero sono colori meno spendibili dal punto di vista dell’appetibilità dei prodotti ufficiali, sarebbe legittimo cambiare anche i colori sociali, tanto per dirne una?
In pochi forse ricordano che il nome “Juventus” in fondo non esiste, fu una trovata dei padri fondatori che adattarono la parola latina “iuventus” (gioventù), aggiungendoci la J e togliendo la i.
Ecco, e allora
se con un ragionamento analogo a quello dei colori sociali si decidesse di cambiare il nome del club, sarebbe legittimo? Proseguiamo. Per ora la città di appartenenza rimarrà Torino, perché tutti sappiamo che la Juve del corso di Andrea Agnelli vede un grosso patrimonio immobiliare nel proprio zaino, che non può essere fisicamente spostato, quindi è meno efficace portare l’esempio di un cambio di città. Però, svuotando la testa per un attimo, senza pensare quindi alla realizzabilità e alla convenienza reale del trasferimento, in linea molto molto molto teorica dunque, sareste disposti a pensare il club Juventus nella città di Milano, o a Roma, o a Londra, o a Los Angeles, o a Parigi, o a Pechino, o a Matera?
Un altro piccolo esempio completamente campato in aria.
Se la Juventus acquisisse una squadra femminile di Cuneo e, che ne so, ne cambiasse il nome (un’idea interessante che mi permetto di suggerire potrebbe essere "Juventus Women"), sarebbe sempre la Juventus o una sorta di J-Cuneo? E se invece una Juventus femminile, magari non legata alla Juventus di Agnelli, ci fosse già in città da tanti tanti anni, e quindi poi ce ne fossero due nella stessa città, quale sarebbe la vera Juventus, una, l'altra, tutte e due, o nessuna delle due? Sarebbe un bel pasticcio eh.
Insomma,
quali sono i vostri personali confini gobbi, ossia gli elementi distintivi imprescindibili del club, utili per farvi sentire ancora “Juventini”? Questi dovrebbero essere i veri termini della discussione.
Chiudiamo dicendo che è bene che ognuno di noi si prepari psicologicamente perché, dal punto di vista empirico, i fatti dimostrano sempre di più che il nuovo corso imprenditoriale del club intrapreso da Andrea Agnelli, sembra essere orientato alla neutralizzazione e all’abbattimento dei dogmi a cui lo Juventino medio è abituato, e spesso anche affezionato. Ormai il dado è tratto. Al fine di cercare nuove strade economiche e innovative strategie d’impresa, può essere che qualche altra vecchia e consolidata certezza della lunga storia bianconera, nel giro di qualche anno possa finire in cantina o, nel migliore dei casi, in archivio. A volte, purtroppo, per arrivare a dei grandi cambiamenti, serve disattivare vecchi elementi e costruirne e attivarne di nuovi. Si slegano i lacci e via. E per quelli, come molti di noi, a cui questo tipo di calcio, sempre più azienda e sempre meno calcio, non piace più come prima, sarà molto dura. Anche perché, il calcio comunque non è mai un’azienda come tutte le altre, non è proprio come un’azienda che costruisce sedili per le auto. Speriamo che prima o poi chi di dovere lo capisca.
Saluto i lettori con un augurio: spero vivamente che tra dieci anni saremo ancora tutti qui a tenerci amichevolmente compagnia, e che nel frattempo la prima maglia non sia diventata verde e il nome della nostra squadra del cuore non sia diventato Jeep.
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