Zeffirelli: si può uscire dal coro e dire quel che se ne pensa, oggi, 15 luglio, a un mese dalla sua morte? Chiarisco immediatamente: ciò che me l’ha reso antipatico sono stati l’astio (calcistico), l’invidia e la protervia con cui questo Signore ha sempre disconosciuto le vittorie bianconere con argomentazioni speciose, indimostrabili, spesso offensive e in un caso anche diffamatorie (come riportiamo alla fine di questo pezzo). Un’antipatia che, nel mio caso, non è stata controbilanciata dalla sua pubblicizzata “grandezza” come regista cinematografico. L’Avvocato, su di lui chiosò: “È un grande regista. Ma quando parla di calcio, non lo sto nemmeno a sentire”. Concordo solo in parte, e la parte su cui non concordo è quella del “grande regista”. A mio parere, Zeffirelli è un orchestratore di atmosfere drammatiche shakespeariane, di situazioni mistico-religiose, di melodrammi lirici: mai il soggetto è creato da lui stesso, è sempre prefabbricato altrove. Certo, lui ci mette una ricostruzione ambientale e una scenografica di prim’ordine e un gusto figurativo mirabile, ma lo svolgimento spesso è contaminato da manierismo e ridondanza, talvolta è oleografico. Il massimo nello studio del personaggio è in “Amleto”, ma un’introspezione psicanalitica ante litteram era già presente nel testo. Una regia retorica insomma, con una grande fotografia e una grande attenzione alla forma, tanta eleganza estetica ma anche tanta melensaggine, con tempi eccessivamente dilatati. Per me, come regista era abbastanza insopportabile, tanto che, quando mia moglie è riuscita a portarmi al cinema a vederlo, mi sono sempre regalato piacevoli minuti di sonno. E’ evidente: preferisco altri tipi di regia. Forse non vorrà forse dir molto, ma Fellini di Oscar ne ha vinti cinque, quattro De Sica, due Bertolucci e Benigni. Zeffirelli, in confronto, ha vinto dei “premiucci”, come dicono a Firenze, cioè cinque o sei tra David e Nastri d’argento. Fosse stato una squadra di calcio, invece che regista, si potrebbe dire che ha vinto un paio di Coppe Italia e una Coppa di Lega. Una squadra di seconda fascia, insomma. Le mie considerazioni sono avvalorate indirettamente da Wikipedia, voce “Cinema Italiano”, che dedica ad Antonioni ventuno righe, e via a scendere, attraverso Fellini, Pasolini, Ferreri e Bertolucci, Lizzani, Olmi e i Taviani, Bellocchio, Zurlini, Rossellini, De Seta, Visconti, De Sica, fino alle tre dedicate a Zeffirelli: “Come allievo di Visconti si mette in luce il regista fiorentino Franco Zeffirelli, autore, per molti decenni, di una feconda produzione teatrale. Tra le sue opere cinematografiche più note vi sono le trasposizioni shakespeariane de La Bisbetica domata (1967) e Romeo e Giulietta (1968)" . Che quelli di Wikipedia siano talebani di parte? Tutto è possibile. Detto dei rapporti di questo Signore con la Decima Musa, passiamo agli strali che, a mo’ di Giove Olimpico, ha lanciato periodicamente contro la nostra Juventus. Per meriti ottenuti in “alto loco” (evidentemente le regie su San Francesco e Gesù di Nazareth sono piaciute al Padre Eterno), le sue invettive contro la Juventus sono state ascoltate, e nel 2006 è stato accontentato. Ma già la sera dello scudetto 2000, in pieno delirio religioso, aveva dichiarato: “Anche quest'anno la Juve aveva rubato lo scudetto, poi la Madonna ha visto dall'alto e ha detto: "No! Nell'anno del Santo Giubileo, no!" E ha mandato la pioggia purificatrice di Perugia". Sì, la Madonna mandò la pioggia, e Gianni Petrucci mandò Collina. L’odio zeffirelliano, che ha tanto il sapore dell’impotenza, ha l’acme alla fine del campionato 1981/82, quando la Fiorentina “perse lo scudetto per le solite pastette della Juve” . Concetto ribadito tante volte, anche in salsa storiografica: “La Juventus da sempre fa la padrona e solo lei sa quanto ha vinto grazie ai signori in giacchetta nera. Da quelle parti è dai tempi dei Savoia che vogliono comandare, ma se finissero le ingiustizie anche la mia Fiorentina sarebbe attrezzata per il trionfo”. Giusto, magari quando dirigenti in gamba riuscissero a costruire una squadra competitiva. Chiaro che, con la convinzione di vittorie altrui sempre figlie di ladrocinio e mai di bravura, siano emesse dichiarazioni così apodittiche come la seguente: “La Juve? Fa dell’accattonaggio il suo stile”. La sportività, il garbo e la misura dell’uomo si possono desumere anche da un gesto del “Grande Regista”: in piena campagna d’odio anti-Juve, si soffiò il naso con una bandiera bianconera, offertagli da Mike Bongiorno in segno di distensione. Fece ancor meglio, pochi giorni dopo, quando dichiarò: “Non capisco tutto questo bailamme contro i nostri tifosi. Cosa hanno fatto di male? In fondo preferisco che picchino gli juventini, piuttosto che si droghino” . Etichettando i propri confratelli di curva come tossici e violenti. E se lo diceva lui… Altra notevole performance nel 1983, sul “Giornale Nuovo”. Quella volta se ne esce con: “Mi fa rabbia che una squadra come la Juventus, che io considero una delle migliori d'Europa, sia costretta a sporcarsi le mani con traffici mafiosi”,e definendo Boniperti “una persona sgradevole che si è presentato in tv masticando noccioline come un mafioso” . Il giorno dopo Giampiero Boniperti querela il regista per diffamazione: sei anni dopo (“La Repubblica”, 18 aprile 1989) la notizia che la Magistratura ha condannato in terzo grado l’esacerbato ultrà viola a una somma, tra risarcimento e spese processuali, pari a una quarantina di milioni di lire, essendo nel frattempo estinto per amnistia il reato penale.
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