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Editoriale di S. BIANCHI del 03/10/2019 13:42:17
Marchi di fabbrica/seconda parte

 

La gravesinha. Essa inganna l’avversario, che può ignorare il pallone nel vedere scivolare l’avversario, che però, con la disponibilità della sfera nei pressi, fa leva in terra con un ginocchio, rialzandosi rapidamente e riprendendo a correre palla al piede. L’ha inventata e usata a lungo Gravesen (Amburgo, Everton), anche se, alla fine, non ci credeva più nessuno. Sbaglierò, ma di tutti credo sia il trucco più meschino.

Il McGeady spin. In corsa, si realizza portando il pallone dietro con l'interno del piede destro (sinistro) e si sposta poi con l'esterno/tacco del piede sinistro (destro) lateralmente o indietro, determinando un improvviso cambio di direzione. Ideato probabilmente da Aiden McGeady (Celtic, Spartak Mosca) è famoso soprattutto per merito di Ribery (Bayern Monaco).

La ruleta. E’ una piroetta del corpo ad angolo giro, con la suola perno sul pallone: chi la fa, impedisce l’intervento altrui, frapponendosi tra sfera e avversario. La faceva anche Sivori, al tempo che era chiamata “veronica”, guarda caso come Veronique, la moglie di Zidane (Bordeaux, Juventus, Real Madrid), che ha utilizzato questa finta più di ogni altro.

La boba. Credo significhi “la sciocca” ed è una finta che si fa con la suola, spostando il pallone lateralmente o indietro per poi oltrepassare l’avversario con un tocco secco in avanti. La paternità è attribuita ad Andres D’Alessandro (River Plate, Wolfsburg, Internacional), che ha lo stesso soprannome di Sivori: ”el Cabezon”, il testone.

Il tacco-punta di Weah. Uno dei modi dell’ex Milan (ma prima Monaco e PSG), di dribblare quell’avversario che aveva davanti, mimando appena il colpo di tacco (cui l’avversario abboccava), per poi colpire immediatamente il pallone di punta e allontanarsi indisturbato. Nato in una bidonville, dopo essere diventato presidente della Liberia promettendo finalmente democrazia, sta organizzando un bel regime dittatoriale. Bella finta anche questa.

Hocus Pocus. E’ una frase senza senso usata come formula magica, ma rende l’idea, sul piano calcistico, del gioco di prestigio. L’atleta in corsa, con la suola porta il pallone dal lato opposto del corpo per poi riprenderlo con lo stesso piede, incrociando quello d’appoggio e fuggendo dall’avversario in una direzione imprevista. E’ un po’ come la rabona, ma “causandola”. Papà probabile è Ronaldinho (vedi prima), per averlo usato per primo quando giocava nel Gremio, ma piace farlo anche a Neymar (Santos, Barça, PSG).

Lo scorpione. Questa, in effetti, non è una finta… ma un tentato suicidio. E’ opera dell’ingegno di Higuita, un portiere che amava lasciarsi superare la testa dal pallone, per poi tuffarsi in avanti e respingere la sfera stessa con le suole, a piedi uniti. Questo portiere, che a parte l’Atletico Nacional cambiava squadra quasi ogni anno, è più che altro famoso per i Mondiali di Italia ’90. Ottavi di finale, Colombia - Camerun: lo sconsiderato Higuita si porta gratuitamente fino a centrocampo, dove Roger Milla gli ruba il pallone con facilità e si avvia verso la porta sguarnita con un sorrisone, da orecchio a orecchio, che ricordo ancora. Indovinate chi passò il turno di qualificazione.

Drible de vaca. L’attribuzione va ad Amorim (Cruzeiro, Corinthians), ma in Brasile il nome di questo tipo di dribbling è un po’ disdicevole per l’atleta che l’ha reso famoso, il grande Pelè (Santos). Si realizza facendo passare, in velocità, il pallone da una parte, per superare l’avversario dall’altra e poi recuperare la sfera. Lo fece anche a Mazurkiewicz dell’Uruguay, ai Mondiali 1970. Vista la rivalità sportiva, quante glie ne avrà dette!

La “V” Di Puskas. Altro giochino semplice, da fermo, sempre efficace è questa specialità di Ferenc Puskas (Honved, Real Madrid): tocco in una direzione, il terzino abbocca, ma lo stop improvviso e il richiamo del pallone con la suola permettono di allontanarsi indisturbarti dalla parte opposta con la sfera.

La cuauhteminha. Gioco di prestigio con palla salda tra i piedi, da fermi o in corsa, con flessione di gambe su cosce, cosce su addome e salto passando tra i due avversari che stanno chiudendo il portatore di palla. Teoricamente andrebbe fischiato, visto che la palla è immobilizzata tra i due piedi, ma a Cuauhtemoc Blanco (Club America) è andata spesso bene. Da saltimbanchi.

Finta alla Matthews. Finta semplice, in carattere col calcio degli anni ’60 in Inghilterra, che Sir Stanley Matthews (Stoke City, Blackpool), metteva in atto con successo. A palla ferma, finta di corpo a destra o a sinistra seguita dallo spostamento, palla al piede, dalla parte opposta. Sembra impossibile ma funziona sempre: forse basta non approfittarne.

Il tunnel di Sivori. Il “tunnel normale” non l’ha certo inventato lui, solo che lo utilizzava molto più di altri: beffardo, evidente e frontale, di solito a palla ferma o quasi, fatto quasi solo per prendere in giro. Quella volta che in allenamento glielo fece un ragazzino delle giovanili, tale Giuseppe Furino, gli disse solamente: “Ragazzino, come ti permetti?”, ma l’avrebbe mangiato vivo. Invece, il “tunnel laterale”, è certamente una sua invenzione. Utilizzato sistematicamente come un dribbling impossibile a prevedersi, era eseguito da Omar mentre correva parallelamente all’avversario: con un colpetto laterale improvviso, d’esterno, deviava il pallone dalla linea di corsa e questo passava immancabilmente tra le gambe dell’avversario che stava proponendo la sua usuale falcata. Pallone recuperato di là dall’avversario e nuova superiorità numerica (anche se, allora, non si chiamava ancora così). Mentre il “tunnel frontale” può essere quasi abitudinario tra i molti bravissimi, il solito Messi, lo stesso Sivori, il “tunnel laterale” è solo del “Cabezon”.

La cola de vaca. Questa è farina del sacco di Romario (Vasco da Gama, PSV, Barça). Col pallone in movimento (meglio) o fermo, davanti o di spalle all’avversario, controllo con interno - piede e sfera “attaccata” allo scarpino, movimento a falce della gamba che controlla, rotazione sul corpo a centottanta gradi e via, palla al piede.

L’allungo. Non granché questo nome per la giocata, peraltro abbastanza semplice ma che implica notevole atletismo. In corsa, si allunga il pallone e si supera l’avversario, raggiungendo il pallone per primi. E’ un cavallo di battaglia di Gareth Bale (Tottenham, Real Madrd).

Garrincha, detto “Manè” (Botafogo), certamente il più grande dribblatore di tutti i tempi, non ha avuto bisogno di dare il nome a un tipo di dribbling o di giocata, per diventare famoso. Nelle rare partite di calcio trasmesse da quella televisione sfocata in bianconero di quei tempi, si riusciva comunque a scorgere, uno di fronte all’altro, Garrincha con la sua maglia gialla del Brasile, il pallone e il suo avversario. Da fermo o in corsa, con e senza spostamenti del pallone da un piede all’altro, con o senza finta di corpo, senza trucchi, cioè senza utilizzare il corpo o le sue parti, a un certo punto, e non si sapeva nemmeno perché, si vedeva un calciatore sconsolo, girato verso Garrincha e Manè che se ne andava palla al piede. E pensare che, da bambino, aveva sofferto di malnutrizione e poliomielite. Se qualcuno avesse voglia di leggersi un bel libro su Garrincha, in libreria acquisti Ode per Mané, di Darwin Pastorin (Limina).

Marchi di fabbrica – prima parte-

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