Domani si giocherà una delle partite più attese di questo campionato: il
derby d’Italia ha sempre racchiuso contenuti particolari, ma con l’arrivo di
Conte sulla panchina nerazzurra la sua risonanza si è ulteriormente amplificata.
Da un lato, ci sono da registrare tutte le
conseguenze emotive di una ex-bandiera juventina a guidare l’avversario che più di ogni altro ci odia, ci invidia e tenta senza successo di imitarci (prendendo o provando a prendere da anni nostri giocatori, allenatori e addirittura dirigenti), dall’altro c’è l’innegabile
salto di qualità che i cino-milanesi hanno compiuto in questi mesi, proprio grazie al loro nuovo allenatore.
Non siamo neppure ad un quarto del campionato, per cui è logico che, comunque vada questa partita,
non potrà in alcun modo rappresentare una sentenza definitiva, ma è probabile che possa avere
ripercussioni importanti dal punto di vista emotivo. Conte sta cercando di trasformare l’indole perdente interista in una nuova mentalità vincente. Ne è una recente dimostrazione la frase pronunciata da Barella pochi minuti dopo la sconfitta rimediata al Camp Nou, riguardo il match in programma domenica sera: “Vogliamo vincere, siamo l’Inter e abbiamo Conte”. A leggerla così, pare la dichiarazione di un uomo sicuro di sé. A vederla pronunciare dal giocatore, è sembrata molto più simile ad una filastrocca imparata da un ragazzino. Questo lavoro psicologico è parte fondamentale della missione del tecnico salentino, che trovò terreno fertile alla Juve, dove riuscì a riaccendere la fiamma vincente sopita dai fatti del 2006 e soprattutto dalla scellerata dirigenza post-farsopolara. Molto più arduo sarà ripetere la missione laddove non ci riuscì neppure un allenatore stravincente come Marcello Lippi.
Il trend delle classiche stagioni fallimentari interisti è più o meno il seguente.
Fase uno: in seguito ai disastri della stagione precedente, si procede ad un cambio di rotta direttamente proporzionale al livello di delusione dell’ambiente.
Fase due: per tutta l’estate, si festeggia ogni nuovo arrivo come se fosse stato acquistato il più grande top-player degli ultimi trent’anni in quel ruolo, si favoleggia su possibili arrivi di palloni d’oro e, una volta sfumati, si spiega che comunque la nuova rosa è tra le migliori d’Europa.
Fase tre: trascinati dall’entusiasmo, si ottengono i primi risultati, generalmente con partite mediocri (e con il classico commento: “se vinciamo adesso che giochiamo male, chissà quando poi giocheremo anche bene…”).
Fase quattro: alle prime sconfitte, ce la si prende con l’arbitro e successivamente con il sistema, “a cui diamo fastidio”.
Fase cinque: quando la stagione è definitivamente compromessa, si trovano i capri espiatori tra giocatori, allenatori e dirigenti. E si riparte daccapo.
Ora siamo ancora in fase tre (anche se a dire il vero si è vista anche qualche discreta prestazione, almeno contro squadre di modesto livello), ma la
recente sconfitta a Barcellona ha già fatto intravvedere qualche barlume di fase quattro: quella delle
polemiche arbitrali. Una sconfitta contro i bianconeri sarebbe un bel passo in quella direzione:
Sarri, durante la presentazione alla Juve, raccontò come viveva le sfide contro di noi ai tempi di Napoli, spiegando come ci fosse una sorta di fatalismo perdente che li rendeva consapevoli che, anche a fronte di una loro grande prestazione, la Juve avrebbe comunque trovato la forza di batterli. Quel discorso mi ha ricordato i racconti di
Camoranesi riguardo le partite contro l’Inter nelle stagioni 2004/05 e 2005/06, quando i nerazzurri abbassavano lo sguardo di fronte agli juventini già nel tunnel, ancora prima di entrare in campo.
Questa, a mio avviso, è
la vera posta in palio nella partita di domenica: la possibilità per gli interisti di proseguire sulla strada indicata dall’ex-juventino Conte per raggiungere una mentalità vincente, oppure la capacità della Juve di reindirizzarli verso la consueta rotta della disillusione.
In mezzo, forse il
risultato più probabile: un pareggio che non faccia troppo male a nessuno. Probabilmente, se la partita prenderà quella piega, nessuno rischierà troppo per farle cambiare destino.
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