Tra le eredità variegate di calciopoli c'è senza dubbio la certezza che tutto il perseguibile non juventino non interessa. Così svelò il teste Rosario Coppola nell'aula 216 del Tribunale id Napoli e così confermano una sequenza di indagini, soprattutto sportive, degli ultimi anni. Tutto si persegue, ma a patto che riguardi la Juventus.
Ultimo caso di questo
senso del dovere a intermittenza è dato da un caso non aperto e che la Procura federale forse mai aprirà: le dichiarazioni di tal Gennaro De Tommaso, in arte Genny 'a carogna che ai giudici napoletani ha dichiarato di aver fatto da tramite con la società di De Laurentiis per far assumere un direttore del settore giovanile:
«Dicemmo che ci avevano mandato a chiamare dei nostri amici ai quali non potevamo dire di no. Ma non facemmo nomi. ... Il presidente era rimasto colpito da una coreografia della Curva B che rappresentava il Vesuvio e voleva finanziarci a questo scopo. Ma noi rifiutammo ribattendo che volevamo solo che il Napoli vincesse» (
LINK). Dichiarazioni quasi corroborate dalle recenti parole del Procuratore nazionale antimafia, Dott. Cafiero De Raho:
«Le mafie sono entrate anche nello sport, nel mondo del calcio. Bagarinaggio e influenze negli incontri, calciatori del Napoli che hanno rapporti coi camorristi» (
LINK ).
A noi non serve rilevare l'ennesima disparità di trattamento, "auspicheremmo" che fosse ben presente agli organi federali deputati a sovraintendere alla correttezza istituzionale della FIGC (il presidente Gravina e l'intero Consiglio federale) che la procura federale non sembra inappuntabile con
indagini dall'alterno impegno e un procuratore che con esternazioni da tifoso anche mediaticamente non si mostra superpartes.
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