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Editoriale di S. BIANCHI del 25/10/2019 08:51:37
In principio era Carosio - Seconda parte

 

Parlando di giornalisti televisivi, come non citare la “banda di 90° Minuto”? Qui, da segnalare, non tanto frasi celebri, bensì la simpatia e misura di alcuni di questi giornalisti, in particolare Marcello Giannini e Luigi Necco, che provavano a difendere la “loro” squadra, magari indifendibile a livello di gioco, ma mai avanzando dubbi sull’onestà del risultato. All’inizio, la trasmissione è stata condotta da Paolo Valenti, uno dei giornalisti sportivi più imparziali di sempre: per sapere che la sua squadra del cuore era la Fiorentina, abbiamo dovuto attendere, dopo la sua morte, che lo svelasse Nando Martellini. Mi piacerebbe, pur senza che debbano morire, che la cosa si potesse dire di parecchi dei giornalisti delle odierne pay TV. Servizi snelli e ridotti all’osso non hanno consentito la genesi di frasi degne di essere ricordate, da parte di altri, ottimi professionisti come Beppe Barletti e Franco Costa da Torino, Vitanza, Beppe Viola e Gianni Vasino da Milano, senza contare i loro colleghi collegati da piazze calcisticamente meno importanti, come Sposini da Perugia, Necco da Napoli o Avellino, Giannini da Firenze, Gard da Verona, Bubba da Genova, Pasini da Bologna. Da Ascoli c’era l’immancabile Tonino Carino, col suo celebre: “Qui-Tonino-Carino-da-Ascoli”, detto tutto insieme. Era un po’ il Luzzi della situazione, per una certa predisposizione naif che lo sottoponeva a qualche presa in giro. Lo fece in maniera abbastanza discutibile Abatantuono (vestendo i panni di Tonino Tonnato), lo fece molto più simpaticamente Tullio Solenghi, lo fece diventare un tormentone con Greggio: "È lui, o non è lui? Cerrrrrrrto che è lui! Tonino Carino da Ascoli".

Un ricordo, legato alla sua chiarezza e professionalità, è quello che ho di Giuseppe Albertini, cui si deve a telecronaca della Coppa Intercontinentale tra Juventus e Argentinos Jrs, quando, nel 1985, la TV di Berlusconi non poteva trasmettere contemporaneamente in tutta Italia. Puntuale, essenziale e con la giusta enfasi anche nei momenti topici, mai dimenticherò il suo: “Seguiamo l'episodio del rigore con Platini che batte... e segna! Le due squadre sono sull'uno a uno” . Lo ricordo bene, perché, con quelli del mio Juventus Club, la diretta ce la vedemmo nella nebbia del parcheggio di un autogrill sull’A1, con due televisori portatili alimentati da un generatore.

Certo Carosio, in radio, doveva essere molto più descrittivo, ma lo erano ancora Martellini e Albertini in TV: le loro telecronache erano ancora... cronache, con una loro funzione, forse anche aiutati da un calcio più lento. Oggi, togliendo l’audio alla telecronaca di una partita di calcio, checché se ne dica, siamo un po’ spaesati. La cronaca tende a restituirci quanto il vedere la gara in TV ci toglie rispetto al vederla dal campo: le inquadrature troppo ravvicinate e la proposta del rallenty mentre l’azione continua, ostacolano il godimento del gioco. Il telecronista ci dovrebbe riportare alla realtà, ma, forse per la sua minore capacità, forse per il gioco più veloce che nel passato, la telecronaca è scaduta, sincopata in frasi non concluse, spesso limitata a un elenco di atti calcistici o dei nomi dei calciatori che ricevono il pallone in sequenza, con frequenti ricorsi a scorciatoie linguisticamente inammissibili come “verticalizzare” invece di “lanciare il pallone avanti”. Queste nuove telecronache sono enfatizzate al massimo nei toni e infarcite di aggettivi magniloquenti (incredibile, eccezionale, splendido, meraviglioso) al solo scopo di vivificare l’interesse, quando non si ricorra addirittura alla partigianeria sfacciata. Rientra in quest’andazzo il fatto che questi parvenu della telecronaca s’inventino quei “quasi rete” che Carosio usava solo dopo essersi sbagliato, con l’aggravante di usarli di continuo. Ecco che Piccinini, invece di “traversone”, usi sistematicamente “sciabolata tesa” e “Brivido!” al minimo accenno di mischia in area esclami. A ogni piè sospinto esclama “’cezzionale” e, se un tiro da lontano non centra la porta aspettatevi: "la gran botta! Non va...! fischi per lui". Emulo lievemente più morigerato è tale Compagnoni, che tenta di sdoganarsi dall’anonimato quando, a ogni gol, se ne esplode nel ridicolo: “Rrrrrrete! Rrrrrrete! Rrrrrrete!”. Più misurato, forse per averlo ascoltato poco, mi pare il Signor Pardo, per cui il pallone uscito dalla parte laterale del campo, non è in fallo laterale, ma “in touche”: deve essere ben astigmatico se vede ovale il pallone da calcio. Caressa, invece, forse il più schierato di tutti, cerca l’immortalità del telecronista col dire: “L’arbitro manda tutti a prendere un tè caldo”. Potrebbe semplicemente comunicare che l’arbitro ha fischiato la fine del primo tempo, ma vuole scimmiottare Carosio, che finita la radiocronaca del primo tempo di gare disputate in pieno inverno, spesso se ne usciva con: “E ora andiamoci a bere un whiskaccio!”. I tentativi di Caressa di entrare in Wikiquote proseguono col “pallone sanguinoso”, cioè perduto in una zona di campo o in una circostanza pericolosa, ma raggiunge il massimo con l’orribile pantomina della recita del nome del marcatore della rete. Ricordo, quando ero ancora abbonato Sky, che inorridii dopo un gol della mia Juve, quando costui sbraitò il nome del marcatore. La becerata di quella volta fu: “Daaaaaaavìd... Tre! Se! Ghé!”. Mi risulta che lo faccia ancora. Quel Signore non ha idea di cosa sia la misura, ma non me ne stupisco: solo a sentirlo parlare, senza essere psicologi, si comprende come sia gonfio come un tacchino. Suo sodale suo abituale è lo “Zio” Bergomi, anche lui tentato dalla fama con l’uso, fino all’esasperazione, di: "Lo voglio rivedere Fabio". Lo fa in due circostanze: per suggerire l’ipotesi che il gol appena segnato nella porta dell’Inter sia viziato da un’inesistente irregolarità, oppure per suggerire la non validità di una rete bianconera contro qualsiasi avversaria. Quando se ne esce col suo patetico: "Lo voglio rivedere Fabio", a una persona normale, verrebbe da chiedergli che, visto che lo pagano per stare lì, perché non sta più attento?

Pensando a queste pessime imitazioni di giornalisti sportivi, mi torna alla mente, con profondo rimpianto e in tutta la sua semplicità, pur se qualche volta un po’ naif, quel tanto preso in giro “Tonino-Carino-Da-Ascoli": sì, sempre tutto attaccato. Peccato che la clonazione umana sia bandita per legge: se si operasse per tempo, tra una ventina d’anni potremmo riavere i nostri Carosio, Ciotti, Valenti e Martellini.



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