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Attualità di P. CICCONOFRI del 06/11/2019 16:25:56
Professionismo e provincialismo

 

Ieri sera Inter e Napoli hanno giocato le rispettive partite in Champions League, quello che è successo dopo è per un certo aspetto sorprendente e per l’alto prevedibile.

Il Napoli pareggia al San Paolo con il Salisburgo, un risultato non esaltante ma che non compromette, almeno per ora, il passaggio del turno. Che qualcosa non fosse andato per il verso giusto lo si capisce da subito, quando Ancelotti lascia lo stadio senza presentarsi ai microfoni. Dopo qualche ora, le redazioni sportive iniziano a parlare di ammutinamento di tutta la squadra che non torna in ritiro in disaccordo con la decisione presa da De Laurentiis.

Abbiamo assistito a due settimane di puro spettacolo napoletano. Prima il pareggio interno con l’Atalanta e le infinite polemiche legate ad un presunto errore arbitrale, poi la sconfitta di Roma e l’invocazione di calciopoli fino al ritiro punitivo voluto dal suo presidente e non condiviso da Ancelotti e dai giocatori. Cosa si deve pensare di questa situazione? Se si accusano gli arbitri e i poteri forti per le proprie sconfitte, che senso avrebbe mandate in ritiro la squadra? E non è finita qui. Le ultime agenzie parlano di un De Laurentiis in contatto con i legali per rispondere all’ammutinamento. Cosa indirettamente confermata dal comunicato odierno in cui la società impone il silenzio stampa e riversa sul tecnico le responsabilità per la gestione del ritiro.

Dall’altra parte l’Inter perde in malo modo compromettendo la qualificazione e lo fa dopo aver chiuso il primo tempo in vantaggio per 2-0. Un secondo tempo da incubo in cui si sono ben visti tutti i limiti della rosa. Un Conte infuriato contro la società si presenta ai microfoni per i commenti di rito post partita e se la prende con chiunque, evidenziando anche i limiti dei suoi giocatori. Da juventini ricordiamo bene come esaltava il suo Padoin e il suo Giaccherini («Se si chiamasse Giaccheriño, sarebbe esaltato da tutti») come fossero fuoriclasse, una gran bella differenza con le frasi dette ieri su Sensi e Barella.
Parole durissime sulla fiducia risposta nei dirigenti e su una programmazione non condivisa e non portata a temine come concordato. Uno sfogo che magari andava fatto in privato perché pubblicamente può assumere altri significati.

Vogliamo far notare una cosa, pur essendo situazioni che non ci riguardano direttamente: alla Juventus, un allenatore non si sarebbe mai espresso in quel modo e nemmeno un giocatore si sarebbe permesso di rivolgersi ad un dirigente dicendo: «Noi torniamo a casa nostra, dillo pure a tuo padre...» (Insigne). Alla Juve c’è professionismo, motivo per cui i giocatori non si permetterebbero di rifiutare un ritiro o di andare contro le decisioni della società senza subirne le conseguenze nell’immediato. Un’altra situazione che mostra coma la distanza dalla Juve non è solo quella in classifica.

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