Forse ci siamo. Stanno finendo le due settimane più assurde, controverse e caotiche nella storia del calcio italiano, fatta eccezione per la vergogna chiamata Farsopoli, ed alla fine il governo del pallone, dopo essere andato nel pallone insieme al governo del Paese, ha partorito l'ideona, quella che sarebbe stato logico attuare sin da subito, ovvero si gioca, ma a porte chiuse, causa Coronavirus, causa isteria collettiva da Coronavirus. Si ripartirà con un calendario stravolto, stiracchiato un po’ qua e un po’ là per permettere di recuperare tutte le partite rinviate, per permettere un minimo di regolarità ad un torneo sconvolto da un raffreddore e da un virus ben peggiore di quello importato dalla Cina: quello della ridicolaggine che ha invaso le menti, più o meno illuminate, di quasi tutti i rappresentanti del calcio italiano.
Ci siamo, quindi. Domenica si ripartirà con
Juventus-Inter, come doveva essere il primo Marzo; si ripartirà in uno stadio spettralmente chiuso, scenario triste a cui dovremo fare l'abitudine per almeno un mese; si ripartirà con quella
che ancora una volta sarà una partita particolare, ricca più di tensioni, polemiche, sospetti che non di significati sani, sportivi. Perché giocare contro quelli là ormai, da almeno venticinque anni, quello vuol dire: affrontare non una società di calcio, ma
un'entità per la quale è ben difficile provare rispetto e ammirazione. Non mi dilungherò sul perché, tanto i perché li conoscete tutti, per ultime le vergognose e penose diatribe su come, quando e perché recuperare il big match del primo Marzo, con una società, la Juventus, che ha atteso in silenzio e rispettosa di ogni scelta presa dalle autorità l'evolversi degli eventi e l'altra, l'innominabile seconda squadra di Milano, che in un crescendo rossiniano sempre più volgare e scomposto ha manifestato ancora una volta tutta la sua inadeguata presenza ad un movimento calcistico ed economico che sinceramente potrebbe e dovrebbe fare a meno di tale presenza.
Ci siamo, quindi. Domenica
si dovrà vincere. Per la classifica, che ad oggi ci vede due punti dietro la straordinaria Lazio di Simone Inzaghi;
per il morale, ridotto a pezzi dopo la devastante sconfitta di Lione;
per il gioco, da ritrovare ora e subito per non naufragare irrimediabilmente già ad inizio Marzo;
vincere, per stabilire di nuovo, come sempre, che chi vince lo fa in campo, con la forza del talento e non nei sudici sottoscala del palazzo del potere, aggredendo, minacciando, insultando, dimostrando un'ondivaga propensione a cambiare idea a seconda di come cambiano i propri piccoli interessi di bottega. Vincere. E basta. Nient'altro da fare. Magari giocando come all'andata, senza le disattenzioni dell'andata. Vincere, giocando finalmente un calcio di spensieratezza e di qualità, con quella palla che corre veloce come chiede speranzoso Sarri e con i giocatori che trovano tempi e modi di smarcarsi e di dettare il passaggio, come modestamente chiede chi scrive, da almeno tre anni.
Vincere, perché perdere contro certi personaggi non va mai bene; vincere, perché contro certi personaggi è un dovere morale ed etico, affinché vinca lo sport. Iscriviti al nostro Gruppo Facebook!
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