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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Attualità di G. GALAZZO del 04/03/2010 08:00:45
Quel gesto

 

Sgombriamo il campo da qualsiasi equivoco: un gesto violento deve essere sempre condannato, specialmente se quel gesto é compiuto da un grandissimo campione, amato da un intera nazione, ammirato dai tifosi, imitato goffamente dai bambini di mezzo mondo nei campetti spelacchiati di periferia.
Non può non essere condannato anche dal punto di vista sportivo, perché quel gesto ha probabilmente decretato la sconfitta della propria squadra, ha tradito la fiducia nel campione di un popolo che adora il suo eroe.
E quell'immagine di Zidane che abbandona la partita più importante, nel momento cruciale, ha avuto lo stesso effetto di una nube improvvisa che rabbuia ad un tratto uno splendido tramonto.

Sono passati 4 anni da quel questo che ha chiuso la carriera calcistica di Zidane; é certo, aldilà del campanilismo patriottico, che un simile campione avrebbe meritato un finale di copione completamente diverso. Il campione però, ha perso contro la parte umana di se stesso.
Fu davvero " vera sconfitta"? Probabilmente si, visto che si parla di sport e sicuramente anche il campione franco algerino avrà più volte pensato e ripensato a quel gesto, avrà forse maledetto il suo istinto , avrà provato rimorso per quella sua reazione.

D'altronde lo ha ribadito lo stesso Zidane in questi giorni chiedendo scusa al calcio (per il cattivo esempio), ai tifosi (per la fiducia tradita), ai compagni di squadra di allora (in quanto probabile causa principale della sconfitta in quella storica partita). Fateci caso, qui parla il campione ferito, parla un simbolo del calcio, tradito da una sua debolezza che ha mortificato le speranze di vittoria della propria nazione.
E' un rigore tirato alto, un gol a porta vuota sbagliato, la fine del campione.

Ha poi continuato il suo ricordo di quella serata, Zidane «..se a provocarmi fosse stato Kakà, un ragazzo normale, un ragazzo buono, certo che gli avrei chiesto scusa. Ma a quello là… (riferito a Materazzi, ndr)! Se mi scusassi, mostrerei poco rispetto a me stesso e a tutti coloro che amo con tutta l'anima».
Queste parole nascondono ma non cancellano il campione, nascondono ma non annullano le sue prodezze; sono parole che esaltano quanto di più fragile e vero esiste nell'uomo: il rispetto ed il valore del sentimento. Per questo condanno quel gesto come ogni gesto che sa di violenta vendetta; per la stessa identica ragione difendo ed esalto i motivi di quello stesso gesto sbagliato.

E a quei bambini che hanno visto quel brutto tramonto vorrei soltanto dire: cancellate quel gesto dalla mente ma, imprimete indelebile nel cuore, il motivo che lo ha causato; imparate a difendere ciò che si ama (chi più di una madre?).

Non è forse più nobile che ringraziare la debolezza di un campione, sconfitto grazie ad un ignobile provocazione? Già, «ma quello la» rimane senza parole, ed é giusto cosi, di scemenze ne ha dette e fatte tante.

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