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Attualità di F. FILIPPIN del 06/05/2021 11:58:38
Il problema era SuperLega?

 

L’etica riforma della Coppa Italia

Il problema del calcio era la Superlega: lo abbiamo capito, ce l'hanno spiegato in tutti i modi.
Un nuovo modo di intendere il calcio che impediva alla piccola società di provincia di arrivare ai vertici, ai bambini di sognare (i bambini, chi pensa ai bambini?!?), al calcio "proletario" di sconfiggere i ricconi che pensano solo ai soldi e non al lato sportivo, la vera essenza del calcio.
Tutto bellissimo, tutto molto vero e tutto molto spontaneo.
E giù ad esaltare il modello inglese (anche se, curiosamente, sei club su dodici tra i fondatori della Superlega erano proprio britannici) e la sua fantastica FA Cup, in cui anche una sgangherata squadretta di dilettanti di un piccolo borgo di campagna può arrivare a giocarsi la finalissima a Wembley o, nella peggiore delle ipotesi, ospitare dai primi turni, sul suo campetto fangoso, lo United o il Liverpool (che poi non è neanche vero, ma ai più piace raccontarcelo così).

Quanta poesia, quanta passione, tanto che c’è chi, anche e soprattutto tra gli addetti ai lavori, la propone da anni, periodicamente, come modello per la nostra coppetta nazionale, in cui, invece, le società dei campionati minori, per ambire a palcoscenici più prestigiosi, devono passare qualche turno in più delle big, portate in carrozza, se non ammesse direttamente, ai turni decisivi.
Ovviamente, inutile dirlo, in sede di Consiglio di Lega per decidere i criteri per le competizioni della prossima stagione, questi sono stati i capisaldi intoccabili, messi sul tavolo dai vari rappresentanti di tutte quelle società che si sono subite battute contro la Superlega dei cattivi, contraria al calcio del popolo.
Peccato, però, che, come sempre più spesso accade, i principi e i valori individuali soccombano all’accavallarsi delle bollette da pagare.

E così, il nuovo format della coppa prevede la partecipazione solo di club di serie A e B, con esclusione, quindi, delle squadre di C che, diciamocelo francamente, saranno anche esempi di calcio poetico, ma disturbano non poco in un tabellone: ve li vedete i vari Cairo, Giulini o Preziosi fare i conti al botteghino dopo un Torino - Viterbese, un Cagliari - Cavese o un Genoa - Francavilla, con il rischio concreto di essere pure eliminati, quando invece possono sperare in big match contro Juve, Milan o Inter?
E il bello di essere sconfitti da una squadra di una serie minore? Curiosamente quando si parla di questo si citano sempre le sconfitte "storiche" della Juventus, potendo solo immaginare la gioia del presidente Ferrero dopo una ipotetica eliminazione per mano di una squadra di serie C, con un incasso complessivo di 2.000 euro...
D'altra parte esiste, comunque, la coppa di serie c, per quei "pezzenti" che mica pretenderanno di sedersi allo stesso tavolo delle squadre top?

Per chi non lo sapesse, la Coppa Italia è nata negli anni 20 (per capirci, la sacra e intoccabile Champions League è del 1992, anno in cui ha sostituito la Coppa dei Campioni, stravolgendone i criteri di ammissione, ovviamente per mere questioni di soldi) e già dagli anni 30 prevedeva la partecipazione di squadre di serie A, B e C, al di là delle modifiche che si sono succedute nel corso degli anni.
La questione, come al solito, non è, quindi, sulla dimensione della torta e sull’ingordigia di alcuni che la vorrebbero sempre più grande, ma sulle fette che vengono spartite tra chi decide.

E al povero bambino tifoso dell'Alessandria non resterà che continuare a sognare invano la finale di Champions League.

 
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