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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Editoriale di F. DEL RE del 28/05/2021 09:12:18
Paratici, grazie lo stesso

 

Gli utenti storici di GLMDJ conoscono bene chi sta scrivendo queste quattro righe rancorose. Uno che non ha mai fatto mistero della propria disistima professionale nei confronti di Fabio Paratici da quando si è seduto sulla sedia e davanti alla scrivania che fu di Beppe Marotta. Questa premessa è doverosa, per chi non mi conoscesse e, per quel che può valere, pure per Paratici, perché questo mio scritto è volutamente di parte. La parte di chi dal 2006 non si è mai piegato di fronte a nessuna maestà dirigenziale o padronale, di chi crede che la Juventus sia di chi la ama e non di chi la possiede o la dirige, di chi ha sempre avuto ben alta la testa, ben aperti gli occhi e le orecchie, di chi l'ha sempre vista a modo suo e solo in quel modo, per cui è partigiano.

Di Paratici che dire: dopo l'esperienza dirigenziale blucerchiata, nella quale fu l'uomo di fiducia di Marotta nell'impresa culminata con il quarto posto nel campionato 2009/10 che spalancò alla Sampdoria il sogno dei preliminari di Champions League per la stagione seguente, fu assunto insieme al suddetto Marotta alla Juventus, nella quale in undici anni di militanza scalò tutta la gerarchia dirigenziale: da Coordinatore dell'Area Tecnica divenne Direttore Sportivo dalla stagione 2011-2012; in seguito, nel 2018, divenne Chief Football Officer subentrando a Giuseppe Marotta suo mentore doriano e conclude il suo percorso di scalata al vertice nell'Ottobre 2020, quando assume l'incarico attualmente ricoperto di Managing Director Football Area. Un plenipotenziario detta in italiano spicciolo.
Se il suo arrivo fu accolto con curiosità, interesse e speranza di aver trovato finalmente nella sua figura professionale e in quella di Marotta, suo superiore, quel dirigente di campo scaltro, capace, competente, che potesse finalmente spazzare le tristi, plumbee nubi di cinque anni di approssimativi "smiles", di scelte tecniche demenziali, di incompetenza diffusa, il primo anno lasciò nei tifosi più dubbi che certezze, visti i risultati identici, se non peggiori, ottenuti rispetto alla vecchia dirigenza.

Va detto che tali e tante furono le macerie causate dai suddetti cinque anni ridanciani che riedificare subito il tempio era comunque impresa ai limiti dell'impossibile. Però va anche detto che il nostro aveva il ruolo fondamentale di trovare i giocatori giusti: da coordinatore dell'area tecnica sarebbe dovuto essere l'uomo dei grandi colpi di mercato, colui che scovava i giovani promettenti, ma il primo anno non si registrarono certo acquisti del genere, anzi. Fu dalla stagione successiva, con l'arrivo di Antonio Conte sulla panchina bianconera che, guarda caso, i destini e le abilità di Paratici e di Marotta iniziarono a vedere la luce. Iniziarono ad arrivare finalmente giocatori giusti, pronti, di livello più o meno competitivo, ma sicuramente finalizzati al raggiungimento di traguardi via via sempre più importanti. E così fu anche con l'arrivo di Massimiliano Allegri. Il lavoro fu talmente buono che ai più sembrò che gli errori di mercato, che ci furono e neppure pochi seppur mascherati da anni di dominio indiscutibile, fondati sul triennio contiano, fossero più colpa di Marotta, del suo pragmatismo, delle sue scelte conservative. Si diceva: "quello buono è Paratici". Ma decideva Marotta. Era lui, pareva lui, il freno al talento dell'ex D.S. doriano, alla sua capacità di scovare talenti e di ingaggiarli. Ma si sa: la vita prima o poi ti concede l'occasione, il quarto d'ora di gloria, la grande chance. E Paratici l'ebbe nella trattativa che portò Ronaldo alla Juve nell'ormai mitica estate del 2018.

Si dice che fu lui, il delfino rampante, a trattare col Real e con l'entourage della leggenda portoghese. Fu lui, si dice, a mettere Marotta di fronte al fatto compiuto obbligandolo a dire la sua, ovvero che l'operazione fosse economicamente insostenibile, che lui, Marotta, non approvava. E fu Agnelli, invece, a cogliere l'occasione di prendere due piccioni con una fava: andare a prendersi Ronaldo con un blitz documentato passo passo, da vero e consumato uomo di spettacolo, una berlusconata, e far fuori quello che per troppi anni era sembrato il suo tutor, Marotta, l'uomo forte messogli accanto dal vero padrone del vapore, John Elkann. Un colpo da maestro, anzi due: quello di Paratici che di fatto, colonnello spregiudicato esautorava il suo titubante generale, e quello di Andrea Agnelli che finalmente si toglieva dai piedi il precettore.

Sembrava l'inizio di una nuova era, in cui vincere anche in Europa non sarebbe più stato sognare ad occhi aperti, ma realtà concreta. La storia fu straordinariamente più dura, eccezionalmente più arida e in definitiva dette ragione a Marotta. In tre anni i conti della Juventus sono drasticamente peggiorati, anche al netto delle problematiche e dei cali di fatturato causati dalla pandemia covid; i risultati sportivi hanno avuto una flessione, nonostante Ronaldo, nei primi due anni, per poi crollare miseramente nella stagione attuale. L'apporto di Paratici nella qualità di nuovo "comandante in capo" è stato a dir poco disastroso. Scelte di mercato fra l'incomprensibile e l'assurdo, composizioni della rosa del tutto casuali, con effetti tragicomici, vedansi le quattro ali destre attualmente in forza alla Juve per non contare della quinta, Douglas Costa, a giro per il mondo, acquisti pagati cifre iperboliche, parametri zero dai rendimenti vicini al nulla con contratti da superstars, cessioni di giocatori del vivaio con l'unico fine di fare plusvalenze necessarie per dare una rabberciata ad un bilancio da mani nei capelli; operazioni con altre società fatte anch'esse solo e soltanto per motivi di bilancio e non per motivi tecnici. Una gestione da piccolo rampante, da yuppie fuori moda, da spregiudicato dirigente che gli si è rivoltata contro come il più classico dei boomerang. E tralascio volutamente altre situazioni in cui il nostro ha dimostrato, come minimo, poco tatto. Diciamo così...

Dall'addio di Marotta, che pure un gran genio non parve a chi scrive, la Juventus "paratica" è stata un qualcosa di letteralmente inguardabile: in campo, nei palazzi del potere, nelle sedi di mercato. Chi scrive non è arrivato alla conclusione sull'inadeguatezza di Paratici così, per caso e per antipatia a pelle, ma per quello che gli ha visto fare dall'Agosto 2018 in poi. Ha distrutto la squadra, ha dilapidato un vantaggio tecnico apparentemente incolmabile e nel contempo ha dissanguato le casse societarie, ha speso centinaia di milioni di euro per peggiorare la rosa, anno dopo anno, errore di mercato dopo errore di mercato. Chi scrive in questi anni, soprattutto durante l'ultimo, è stato esagerato, eccessivo, ridondante e quindi fastidioso nel trattare l'argomento, ma solo e soltanto per il bene della Juventus; solo e soltanto perché ha ritenuto l'operato dell'ex DG Paratici sia stato una sciagura per il club e chissà quanto tempo e quali professionalità ci vorranno per rimediare a tali disastri. Ed ovviamente di questo dovrebbe risponderne anche chi lo ha nominato in quel ruolo e ivi lo ha tenuto per tre anni. Perché poi, prima o poi... lì si dovrà arrivare. Paratici non si è autonominato; Paratici è stato solo una punta del tridente dirigenziale, per cui i disastri compiuti hanno la responsabilità anche e soprattutto di chi lo volle al comando delle operazioni e che al par suo dovrebbe subirne le identiche conseguenze. Questi ultimi tre anni di autodistruzione dovranno avere un responsabile.

Paratici è stato un'illusione, un miraggio per cui all'orizzonte si stagliava una meravigliosa oasi che in realtà si è rivelata altro che sabbia, pietra. Deserto. Per questo, il ringraziamento è una forma di stile, ma si spera di non sentire in futuro ipotesi di ritorno anche per Fabio P.

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