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L. Bottura (alias Antipatico) Nel corso del programma sportivo Universo Valdano, Carlo Ancelotti è tornato a parlare - fra le altre cose - del suo passato alla Juventus e di Calciopoli.
Prima però di ascoltarlo, sarà bene ricordare cosa ha rappresentato – nella storia della Juventus – l’attuale tecnico del Real Madrid. Subentrato nel febbraio 1999 al dimissionario Marcello Lippi, Ancelotti ha trascorso due anni e mezzo alla Juventus ed è stato uno dei pochi allenatori che - su quella panchina – non è riuscito a conseguire alcun risultato degno di nota. Nell’albo d’oro, la sua permanenza in bianconero ha fruttato infatti solo una Coppa Intertoto; per il resto, la si ricorda solo per le cocenti delusioni, nazionali (su tutte, Perugia ed un campionato buttato via con 9 punti di vantaggio a otto giornate dalla fine) ed internazionali (contro il blasonato Manchester United di Alex Ferguson, certamente; ma anche con Celta Vigo, Amburgo e Panathinaikos). Più che con un “c’eravamo tanto amati”, la sua esperienza juventina potrebbe dunque riassumersi in un “non ci siamo mai amati” assolutamente reciproco.
“
Non è stata una grande esperienza”, ammette infatti - nell’intervista sopra citata - lo stesso Carlo: il fatto è che "mi odiavano per aver giocato nel Milan, a volte dovevo uscire con la polizia”. Ora, che dei gloriosi trascorsi rossoneri del nuovo mister la tifoseria bianconera potesse non essere entusiasta, sarà anche vero. Non si spiegherebbe però perché altri ex milanisti – prima e dopo Carlo - siano riusciti invece a conquistare simpatia, riconoscenza ed affetto.
Il fatto è che Ancelotti,
attraverso dichiarazioni a dir poco contraddittorie ed ambigue, ha sempre lasciato trasparire quale stima avesse di noi: la stessa con la quale fu appunto ripagato e che nel tempo è rimasta sostanzialmente invariata, nonostante i tanti titoli - più o meno meritatamente - riscossi poi altrove.
Giovanni Mauri, che per vent’anni ha affiancato Carlo in qualità preparatore atletico, ricorda ad esempio uno Juventus-Parma del maggio 1997: "
L’arbitro era Collina, vincevamo 1-0 e lui assegnò un rigore che ci parve molto dubbio. Carlo fu allontanato e nel post-gara dichiarò che per vincere contro la Juve bisognava batterla anche fuori dal campo. Credo sia stata la causa scatenante di questo lungo astio”.
A quel che successe “fuori dal campo” ci riporta poi la seguente affermazione: “
Calciopoli? Mi sembrava positivo che il calcio italiano venisse ripulito; il gioco non era leale". Come tanti altri, anche
Ancelotti ha più volte potuto ricordare quelle “circostanze strane” percepite nel corso del campionato 2004-05, quello per cui al Milan si sentirono “defraudati”. Curioso è tuttavia il fatto che, chiamato in aula a deporre,
egli non abbia poi saputo circostanziare proprio nulla, a parte uno sfogo avuto con l’addetto agli arbitri (Meani!) a proposito dell’annullamento di un gol a Siena per il quale entrambi ritenevano di aver subito “un torto grosso”. E non è “strano” che in quella stessa occasione il nostro
abbia poi categoricamente smentito la presunta confidenza fatta allo stesso Meani sulla “torta che era pronta” per favorire la Juventus nel campionato 1999-2000 e che da sola avrebbe potuto definitivamente incastrare Moggi, ma pure mettere in dubbio la sua completa estraneità ai fatti?
Ciò non toglie che – rientrato in Italia per allenare il Napoli - Ancelotti sia tornato poi a farsi qualche domanda e – dopo un’espulsione patita durante un Napoli-Atalanta – a nutrire qualche sospetto. Insomma, come già s’è avuto modo di notare,
non si può dire che la coerenza sia la principale dote di Ancelotti. Il quale oggi giustamente può così concludere la sua intervista: “
Quando avrò chiuso la mia carriera resterò tifoso di Real Madrid e Milan”, con tanti saluti quindi non soltanto alla Juventus, ma anche a Parma, Roma e Napoli.
Ma d’altra parte, che altro ci si può aspettare da chi candidamente confessa di essere stato “da piccolo interista”?
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