In questo articolo voglio scrivere degli eccessi del calcio che sotto varie forme e ad intervalli regolari presentano la distonia di questo sport. Il calcio nel nostro Paese riesce spesso a far notizia se si accosta una certa chiassosità alla Juventus. Se si stuzzicano nel modo giusto i tifosi (soprattutto quelli altrui) si riesce a godere di quelle attenzioni mediatiche che permettono di acquisire visibilità, like e condivisione. Una delle conseguenze ovvie è di dar diritto di cittadinanza al tifo troppo acceso, quello delle esternazioni inopportune. Uno di questi casi potrebbe essere quello di Massimo Vergani, vicecomandante dei vigili di Seregno, che dopo il derby di Coppa Italia tra Inter e Milan, ha pensato di esternare pubblicamente, in questo modo, la sua felicità per il passaggio in finale: «Finalmente si ritorna nella nostra posizione naturale di dominio sugli ebrei». Un comportamento recidivo, basta leggere le sue bacheche social. A giustificazione, l’infelice protagonista, ha dichiarato che «l'antisemitismo non c'entra nulla; è linguaggio da ultras». Antisemitismo, semplice ignoranza o altro, poco conta e poco cambia. Altro caso è quello di Patrick Zaki, lo studente dell’università di Bologna e attivista egiziano per i diritti civili, che ha scontato 22 mesi di carcere seguiti all’arresto al Cairo e tifoso del Bologna. Appena dopo la partita con la Juve scrive su Twitter, ironizzando: «Due cartellini rossi, stanno ancora pagando». Post che ha scatenato dure reazioni da parte dei sostenitori bianconeri. Lo stesso Zaki, senza accenno di scuse, il giorno seguente si ripropone, in veste di vittima, continuando a sfruttare l’onda mediatica, con questo post: «Ieri ho deciso di commentare la partita tra Bologna e Juventus, dicendo qualcosa che credo sia molto normale tra i tifosi di calcio di tutto il mondo. Mi sono trovato di fronte a decine di insulti e aggressioni, fino all’odio». Come se fosse normale dire, tra tifosi, che una società corrompe e ruba, come se fosse normale affermarlo pubblicamente. Un post che di sportivo o di tifo non ha niente e che non è molto lontano, se non nella forma, alle accuse che lui stesso ha ricevuto e denunciato nel post Bologna puntando il dito verso i cattivi tifosi bianconeri. Non è nemmeno un parlare di calcio il suo, ma una diffamazione vera e propria . Eppure la brutta esperienza personale qualcosa dovrebbe avergli lasciato. Una leggerezza sotto tutti i punti di vista. Anche se in questo modo ha riacceso l’interesse su lui, ha potuto rilasciare dichiarazioni, tornando in qualche modo personaggio pubblico per qualche ora. Magari il fine era anche questo… Insomma, due episodi che, se vogliamo, raccontano bene l'italianissimo modo di polemizzare intorno a parole (sbagliate), le cui reazioni vengono sfruttate per vivere di luce riflessa. Dall’altra parte il solito estremismo di chi, pur occupando un ruolo pubblico, pensa di poter trovare una giustificazione anche all’ignoranza.
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