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Domenica 12/05/24 ore 18,00
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Attualità di N. REDAZIONE del 31/10/2023 14:59:58
I 36 scudetti di J. Elkann

 

Di Crazeology

PREMESSA
"Parlate pure male di me, purché ne parliate"- (Oscar Wilde)

L'idea di base sostanzialmente è vecchia come il genere umano, ovviamente, e si perde nella notte dei tempi. Ma Wilde l'ha incorniciata con stile in poche parole.
Aforisma provocatorio ma intelligente, che ha ispirato molte persone celebri nella storia, anche molto distanti tra loro come Adolf Hitler, Madonna, ecc.
Addirittura, tutta la quasi-recente sovraesposizione mondiale degli individui ai social e ai media, ha proiettato l'adozione di questo vecchio assunto fine-ottocentesco su una corsa esponenziale verso l'alto che non ha precedenti nel genere umano.
Alcuni personaggi pubblici, in Italia o altrove, addirittura ne hanno costruito un'attività lavorativa sul fatto che qualcuno parlasse male di loro.
Si tratta comunque di una pubblicità gratuita che genera indirettamente degli introiti. E questo comporta apparizioni in pubblico retribuite, partecipazioni a show, interviste, ecc, ecc. Oppure click, e visibilità su internet.
È anche con questo tipo di pubblicità, spesso negativa, che si crea la curiosità (a volte tonta e morbosa) negli individui, che poi li porta a voler seguire determinate vicende e determinate persone, anche rimettendoci soldi e tempo. Ma tutto ciò non è una novità, ossia che da diversi decenni siamo tutti quanti in caduta libera nella cultura imbelle e sterile dell'immagine, la quale spesso non è nemmeno reale, ma deformata ad hoc per fini economici.
Anche fare il cretino sul web può portare introiti reali, così come essere scientemente antipatico, volgare, ecc, ecc.
Mettendo da parte momentaneamente le riflessioni/valutazioni di tipo morale che ne conseguirebbero, possiamo dire dunque che anche un'immagine negativa potenzialmente può essere redditizia. E l'immagine che si dà viene diffusa e promossa proprio da chi, spesso terzi, poi ne parla. Se bene o male ne parla, vuol dire che il chiacchiericcio ha funzionato. Ma c'è un grosso PERO'.
Il PERO' consiste nel fatto che bisogna considerare e conoscere molto bene il campo economico-sociale-civile-merceologico ecc, in cui viene potenzialmente redditizio avere/promuovere un'immagine negativa. E questo vale ancora di più quando l'immagine negativa nasce da pubbliche vicende senza la volontà speculativa del soggetto protagonista. Quindi la genesi, la struttura, e il peso della reputazione di un individuo è molto relativa e legata all'utilizzo che poi bisogna farne. Ne consegue che se potenzialmente può essere redditizio avere un'immagine negativa in determinati contesti, può essere potenzialmente deleterio/disastroso in altri.
Attenzione; che di tutto questo tema non si pensi come ad un qualcosa di molto teorico e astratto. Nell'economia, come in tanti altri campi, è argomento molto dibattuto e studiato. Per esempio, uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni in campo assicurativo è quello del rischio reputazionale.

“Ci vogliono vent’anni per costruirsi una reputazione e cinque minuti per perderla. Se lo tieni a mente agirai in maniera diversa”.
(Warren Buffett Berkshire e Hathaway)

"Il rischio reputazionale è il rischio attuale o prospettico di flessione degli utili o del capitale derivante da una percezione negativa dell’immagine dell’azienda da parte di clienti, controparti, azionisti, investitori o autorità di vigilanza" - (definizione di Banca d’Italia).

Ma queste sono riflessioni che si estendono un po' in tutte le direzioni.
Per esempio, nell'economia di consumo, vengono svolti costantemente sondaggi per capire quali sono i meccanismi psicologici che spingono gli individui a fare le loro scelte. Idem per politica, industria, promozione di nuovi prodotti e servizi, intrattenimento, ecc. L'immagine delle imprese e delle persone è sempre più studiata. Ci sono manager che si occupano SOLO di questo ogni giorno per conto di imprese pubbliche e private, o per conto di persone fisiche pubbliche e private. Perché una cosa la si è capita: l'immagine, e quindi la reputazione, che ci piaccia o meno, è importante sempre. Ha sempre un suo peso, anche economico, che varia di volta in volta, da caso a caso. Non sempre è facilmente quantificabile, siamo d'accordo, ma è sempre fondamentale.
Ora, venendo alle nostre cose di nostra madama bianconera, dichiaro chiusa la premessa.

SVOLGIMENTO
Ormai da qualche giorno si è diffusa la notizia che Juventus ha rinunciato al celebre ricorso al Consiglio di Stato per la vicenda Calciopoli, ove si chiedevano svariate centinaia di milioni di risarcimento. Gli esecutori della vergognosa rinuncia sono, ovviamente, i professionisti dirigenti improvvisati e non-Juventini che siedono in questo momento alla Continassa, ma il mandante e avallatore di questa scelta è il proprietario reale del club, nonché interista sfegatato, che risponde al nome di John Elkann.
Visti gli esisti di tutti i ricorsi farlocchi messi in piedi in questi anni, paradossalmente sembra quasi ragionevole smobilitare anche questo. E non essendoci mai stata davvero l'intenzione di mettere in discussione tutto ciò che è avvenuto dal 2004 al 2006 e oltre, sentenze comprese (condite con incompetenze strategiche, inammissibilità varie, salsa di soia, e via dicendo), sembra quasi doveroso che tutta la scenografia di un brutto film venga buttata via pezzo per pezzo. Via la maschera e fine alla farsa organizzata, orchestrata, e mal recitata dal clan dei torinesi.
Elkann lo disse bello chiaro a suo tempo, che quei processi non sarebbero mai stati messi in discussione (mentre Agnelli con fumoso cielodurismo bianconero recitava la parte del rancoroso ingannando bellamente lo stolto popolo gobbo).
Si dirà, anzi si sta dicendo da parecchie parti, che in effetti valutando tutto in modo empirico tanto sarebbe andata male ugualmente, che non ci sarebbe stato un esito positivo, e che quindi il ritiro del ricorso non cambia le cose. In realtà non abbiamo una controprova di tutto questo, ma possiamo anche darlo come un dato ipotetico abbastanza verosimile, anche dal punto di vista statistico. Ma è tutta roba questa di cui non ci interessa.
Il problema vero è che il ritiro del ricorso risulta essere una sorta di ammissione di colpa. Dal punto di vista formale, se non ci si oppone ad una ingiustizia, vuol dire che non la si ritiene tale.
Il nuovo corso interista del figlio morale di Chuck Berry dunque (per i non appassionati di musica, si tratta di quello che ha scritto Johnny Be Good), sta smontando tutto ciò che rimaneva della dignità del club (rimaneva davvero poco comunque, sia chiaro).
Si è patteggiato per la questione delle plusvalenze, si sono perse decine di milioni per la mancata qualificazione in Champions League per via della ridicola penalizzazione federale, si ritirano i ricorsi sul passato, si rinuncia alla Superlega, si continua a tacere per ogni ingiustizia ricevuta, si celebrano i 100 anni della proprietà senza la proprietà al completo, e per farlo si invitano tutti i grandi campioni dell'era Moggi, e via così.
Un disastro su tutta la linea. Un qualunque professionista (ma anche no), anche solo improvvisando, avrebbe fatto sicuramente molto meglio di così.
Tornando ora al tema della premessa, vorrei sottolineare un aspetto importante che non viene mai abbastanza sottolineato.
Anzi, solitamente nei media e nella tifoseria, mediamente, c'è una vera e propria dicotomia tra i due aspetti.
Le questioni e le problematiche contabili vengono sempre legate solo strettamente alle risultanze sportive, e non solo, che portano o non portano introiti e uscite. Contratti, sponsorizzazioni, qualificazioni CL, stipendi, marketing, cessioni, acquisti, ecc.
L'immagine, la reputazione insomma, invece viene considerata un fatto a sé, legato al tifo, alla tifoseria, all'albo d'oro, alle polemiche con altre tifoserie, ecc.
Quasi come se la effettiva difficoltà a dare una quantificazione economica a questo dato fosse sufficiente a non considerarlo realmente utile ai fini contabili.
Non è così. L'immagine devastata del club porta degli svantaggi economici enormi, sia sulle sponsorizzazioni potenziali, sia nel marketing, sia sulle potenzialità di sviluppo di nuovi progetti e partnership di ogni genere. Ed è un danno che si prolunga nel tempo, perché ricostruirsi un'immagine positiva è un'impresa per cui servono molti anni e spesso può funzionare solo per le nuove generazioni che non hanno visto e vissuto il "prima". E la cosa ha un peso diverso da quello che si potrebbe pensare, perché anche chi non crede ai giornali ed è più libero mentalmente, tifoso oppure no, si è fatto ormai l'idea che l'innocenza nelle varie vicende del club e dei suoi dirigenti sia un fatto assolutamente relativo. Quello che è palese è che la Juventus a torto o a ragione ha sempre un mirino puntato sulla schiena, e per non rimanere anche solo casualmente sulla linea del fuoco è meglio stargli lontano a prescindere. Idea del tutto comprensibile e ragionevole, nonché autoconservativa. Alla Juve, per colpa della famiglia che la possiede, regna sempre il kaos e non si sa mai cosa può succedere. È evidente che si è buttato fuori Agnelli e viene smontato ciò che aveva contraddistinto il suo operato. La solita trita ritrita stupida guerra famigliare che ben conosciamo.
Non nascondo che anche chi scrive, se avesse una qualunque attività imprenditoriale, mai legherebbe il nome della sua azienda a quello della Juventus.
Questo è proprio uno di quei casi in cui un'immagine negativa non ha alcun aspetto redditizio, anzi è redditizio per la concorrenza, e per chi ha un tornaconto economico nel gettare fango su terzi. Ritirare quel ricorso significa "sono 36, perché abbiamo sbagliato". Significa prendere quel poco di reputazione che avevi e buttarla nel water.
La situazione attuale conferma ancora una volta, come indicato tante volte fino allo sfinimento, che Exor e compagnia cantante stonata, non devono stare vicino alla Juve, al calcio, o allo sport in generale. Auspichiamo una cessione del pacchetto di maggioranza il prima possibile, a persona/e che hanno dentro i valori e l'etica necessaria per fare sport. Siamo di fronte alla più grande vergogna della storia dello sport, generata da chi invece avrebbe il compito e l'interesse opposto.
Aspettiamoci presto il 36 allo stadio, perché la linea "editoriale" promossa dall'ingegnere gestionale interista sembra quella del "siamo colpevoli di qualunque cosa ci accusate, grazie". Ma non è tutto, potrebbe verificarsi anche un'altra triste porcheria, ossia che il 38 resti come specchietto per le allodole, ossia per vendere biglietti ai tifosotti ignorantelli del bar del quartiere. Si perché a Torino sono sicuramente senza ritegno e probabilmente anche senza coerenza.
Le uniche certezze che abbiamo sono che la Juve non esiste più e la famiglia Agnelli non esiste più. È tempo di cambiare. È solo fumo acre e tossico quello a cui stiamo assistendo e che qualche fessacchiotto sta respirando convinto che sia profumo. Dimenticavo altre tre importanti certezze; John Elkann tifa palesemente per l'Inter, l'Inter non vince uno scudetto regolare dalla fine degli anni 80, Crazeology ha almeno 40 scudetti regolari in bacheca e 4 stelle sul petto. Tutto il resto sono chiacchiere.

 
  IL NOSTRO SONDAGGIO
 
Dopo la Cassazione su Moggi, cosa dovrebbe fare ora la Juve?
 
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