Di Crazeology
È di questi giorni la notizia della morte del Presidente Onorario della Juventus, l’avvocato Franzo Grande Stevens. La dipartita, vista l’età avanzata, ha un senso di ineluttabilità. Per chi come noi ha ancora addosso la ferita di calciopoli, mai cicatrizzata davvero, la notizia lascia totalmente indifferenti. A questa figura infatti non sono legate delle belle emozioni, riguardo la Juventus, anzi.
Certo, in primis i ricordi corrono a quasi venti anni fa, quando fu visto al Delle Alpi, per quel Juve-Palermo del 2006, a confabulare per alcuni minuti con John Elkann, il quale subito dopo si presentò davanti alle telecamere e scaricò la più grande dirigenza di calcio mai vista e, sostanzialmente, gettando di fatto la Juve, la sua dignità, e la sua storia, nell’immondizia. Senza nemmeno conoscere i fatti, e senza mai nemmeno chiedere spiegazioni a quei dirigenti su cosa fosse avvenuto davvero, come farebbe un imprenditore qualunque quando succedono grossi pasticci aziendali.
E i ricordi poi scorrono, come un film, anno dopo anno, e allo stillicidio di tutte le altre tristi vicende susseguitesi nel tempo, arrivando fino ai giorni nostri. Fino all’oggi. E a guardar bene l’avvocato dell’avvocato non è mai stato utile al club, anzi. Qualcosa comunque è cambiato, in molti hanno capito cosa è successo davvero nel 2006, persino molti tifosi avversari dotati di sufficiente numero di neuroni, ergo oggi è tutto diverso. Oggi, l’odierno, con la verità di quella vergogna e dei suoi retroscena, dei protagonisti veri e dei manovratori dietro le quinte, materiale ormai sdoganato davanti al mondo intero. E allora viene spontaneo riflettere…
Quante volte, lungo gli anni, tifosi rancorosi gridavano al complotto, quanti accennavano ridendo di personaggi improbabili visti dentro la Juventus, e della seria possibilità che tifassero Inter! Persino Jaky, ossia il nipote dell’avvocato Agnelli, che proprio da Stevens e da Gabetti è stato istruito all’importante ruolo che oggi ricopre, ormai è definito interista da molti tifosi gobbi.
Ebbene, se si pensa che l’ingegnere è andato a vedere la finale di Champions, quella delle cinque baguette all’Inte; se si pensa che il giorno dopo, la domenica, al box Ferrari durante il gran premio erano presenti due tifosi d’eccezione dell’Inter, ossia il Presidente della FIFA Infantino, e Materazzi con la faccia scura, direi che Johnny B Good non si nasconde neanche più. Non è più necessario neanche salvare le apparenze. È normale, fisiologico e prevedibile che i tifosi facciano pensieri “impuri”.
E ci aggiungiamo che inoltre non è solo la mancanza di un progetto Juve, ma è un fatto di scelte al ribasso, di mancanza di passione, di costante mancanza di difesa del Club lungo gli anni, e di storia della persona e delle sue scelte, tutte cose che ovviamente vanno in direzione opposta a ciò che significa essere Juventini. In che mani è finita la Juve da venti anni a questa parte? Così, come un lampo, tornano in mente fatti del passato, come quando il 18 novembre 2002 al Piccolo Teatro Studio di Milano, si celebrò la neonata associazione “Libertà e giustizia”, che si poneva al mondo come la “famiglia” dei garanti. Associazione che aveva tra le sue fila personalità di un certo peso, protagonisti della vita culturale ed economica del nostro piccolo paese a forma di banana. Proprio Franzo Grande Stevens ne fu uno dei grandi promotori. Ma nella lista dei partecipanti nel corso del tempo si sono letti nomi come Umberto Eco, Guido Rossi, Carlo De Benedetti, Leopoldo Pirelli, Giandomenico Lepore, Gae Aulenti, Giovanni Bachelet, Innocenzo Cipolletta, Aldo Gandolfi, Gianni Locatelli, Claudio Magris, Simona Peverelli, Enzo Biagi, Alessandro Galante Garrone, Giovanni Sartori, Umberto Veronesi. Certo, quanto meno inizialmente, all’apparenza poteva sembrare quasi una sorta di lobby, ma con qualche anomalia. Tanto che durante la presentazione il presentatore lo chiese ad Eco direttamente. - Ma, scusa se ti interrompo Umberto, le lobby di solito non riuniscono persone che fanno lo stesso mestiere?
- Ma io non ho detto che noi siamo una lobby. Noi siamo una mafia, semmai. Ovvio che la battuta di Eco era volutamente forzata, ironica, provocatoria, esagerata, ma diciamo che è abbastanza chiaro che in certi ambienti molti personaggi decisamente influenti si conoscevano e si frequentavano, ecco. I fatti, le dichiarazioni, le altre inchieste, e le telefonate di calciopoli, hanno poi disegnato meglio il quadro complessivo sul 2006. Quadro complessivo che vede sentenze strampalate di condanna, dove si dice tutto e il contrario di tutto, e dove la confusione regna sovrana almeno quanto l'ingiustizia. Così, come un lampo, tornano in mente anche le parole raccolte dal programma Rai Report nei mesi scorsi. Paolo Bergamo (ex designatore): ”C’era un accordo industriale tra Tronchetti Provera e Luca di Montezemolo. Grande Stevens, Gabetti e gli Elkann. Io ho saputo prima che Moggi e Giraudo li stavano facendo fuori, me l’aveva detto l’onorevole Latorre”.
Latorre: “Gli ho segnalato che stava per finire la prima repubblica del calcio”.
Bergamo: “La cordata formata doveva portare John Elkann a capo del gruppo Fiat, mentre la presenza di Giraudo e Moggi prevedeva che Andrea sarebbe andato a capo. Giraudo ha vissuto come consulente di Umberto”. Ma anche tra le righe degli atti dei tribunali ogni tanto appaiono nomi e fatti che fanno luce su alcuni elementi. Per esempio, l’avvocato Stevens era esecutore testamentario dell'avvocato Agnelli. Come sappiamo riguardo a questo aspetto ci sono state in passato accuse da parte di Margherita Agnelli nei confronti di Gabetti e Stevens. Ecco, per esempio, nelle sue deposizioni al sostituto procuratore della Repubblica di Milano Fusco, Gabetti spiegò che per togliersi il fastidio di Margherita Agnelli e delle sue osservazioni e rivendicazioni, le disse di rivolgersi ad un suo giovane collaboratore: Gianluca Ferrero. Oggi, è un fatto noto, c’è un’altra vicenda quasi processuale in corso anche per l’eredità di Marella. E nuovamente si leggono gli stessi nomi, più o meno. È semplice cosicché tirare facili conclusioni. Purtroppo la morte di Gianni, Umberto e Vittorio Caissotti di Chiusano, nell’arco di pochi mesi, tra il 2003 e il 2004, nei fatti, ha permesso l’estensione esponenziale dei poteri degli uomini che erano in seconda fila. Dentro e fuori dal gruppo. Forse molti di loro aspettavano da tempo il loro turno. Così poi sono diventati loro la prima fila.
Ciò che è avvenuto più in alto, per questioni non sempre relative direttamente alla Juventus, ha condizionato negativamente tutto ciò che c’era sotto in modo indelebile. La Juve è stata anch’essa terra di conquista. Merce di scambio tra le tante. Carne da cannone. Ma fondamentalmente la spartizione dei bottoni della consolle di comando, in quel momento storico ha garantito a tutti il pezzetto di potere che gli interessava, con relativo scambio di favori su diversi fronti. Adesso alcuni di quei personaggi sono passati a miglior vita (Stevens, Gabetti, G.Rossi, Facchetti, i primi nomi che mi vengono in mente). E tanti altri ormai sono in età avanzata, ma nel lungo periodo hanno goduto molto di quanto deciso in quegli anni. Ricordiamo che dopo la morte dei tre veri tifosi protettori della Juventus già citati: - Montezemolo arriva a capo del gruppo Fiat, anche se per breve tempo. - Jaky comincia ad avere ruoli più operativi dentro al gruppo e viene affiancato ed istruito in modo più pressante rispetto a prima, da Gabetti e Grande Stevens. - Grande Stevens diventa presidente della Juventus dal 2003 al 2006 (ma ovviamente per lui non valeva la regola del non poteva non sapere cosa facevano Moggi e Giraudo, quindi mentre tutto il cda si dimette, lui diventa presidente onorario). - Blanc, scelto da Elkann alla fine del 2004 e messo nel cda nella primavera del 2005, dopo aver passato un anno ad assistere in silenzio alle riunioni del cda della Juve di Moggi e Giraudo, diventa finalmente AD del club come da accordi. Ovviamente pure per lui non valeva la regola del non poteva non sapere cosa facevano Moggi e Giraudo, quindi mentre tutto il cda si dimette, lui fa carriera e diventa come promesso amministratore delegato. Ormai questa poltiglia di rimiscuglio di poteri in quegli anni è talmente palese e conosciuta agli osservatori più attenti, che l’ingegnere volendo potrebbe anche ammetterlo pubblicamente di essere stato giovane protagonista di una fase storica di reset industriale di cui va orgoglioso e di avere un debole per la seconda squadra di Milano, quella che nel frattempo è diventata anche collezionista di baguette. Visto che non si nasconde neanche più, forse è il caso di chiudere il cerchio e dichiararlo pubblicamente.
Vederlo a La Continassa ogni tanto, in giacca e cravatta, a salutare giocatori e staff, mette tanta compassione e tenerezza in chi guarda, per la sofferenza e la tortura a cui si sottopone. Un outing di tifo calcistico ormai sarebbe doveroso. Già l’Inter ha costruito una delle più grosse sconfitte della storia del calcio, e Jaky poverino se la porta anche lui sul groppone, se in più deve anche tenere in piedi in modo molto maldestro delle scenografie che lui stesso smonta pezzo per pezzo il giorno dopo, allora serve davvero un taglio netto col passato. Dopo aver spostato tutti i suoi interessi all’estero già da un bel pezzo, venda il club, e con polmoni pieni e testa alta, dichiari il suo interismo militante. Non c’è mica niente di male ad essere un ingiocabile interista. In fondo a tutti può capitare una disgrazia. A noi Juventini poi piace così tanto vedere gli interisti soffrire… |