Nei giorni scorsi una notizia di cronaca giudiziaria inerente al calcio ha trovato pochissimo spazio nei vari mezzi di comunicazione, probabilmente perché, nello stesso ambito, sono emerse alcune straordinarie e sconvolgenti (perlomeno per chi non avesse dato almeno un’occhiata in passato ai diversi forum bianconeri…) novità provenienti dal processo di Napoli, riguardanti l’esistenza di numerose intercettazioni telefoniche aventi come protagonisti presidenti e dirigenti di società calcistiche diverse da quelle punite nel 2006. Sono state infatti rese note le motivazioni per cui la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la condanna a quattro mesi di reclusione nei confronti del presidente del Genoa Enrico Preziosi per il delitto di frode sportiva commesso (insieme ad altri) in relazione alla famosa gara Genoa-Venezia del giugno 2005, quando, secondo l’accusa e la giustizia sportiva, il Genoa pagò il Venezia affinché quest’ultimo perdesse, come poi avvenne. In pratica la Suprema Corte ha ritenuto che la condanna non potesse basarsi esclusivamente sulle risultanze delle intercettazioni telefoniche perché queste ultime furono disposte per il reato di associazione per delinquere, reato non commesso secondo i giudici di primo e di secondo grado dagli imputati. A norma di legge le intercettazioni non possono aver luogo per il (solo) reato di frode sportiva e pertanto non possono valere come prove di esso. Pertanto davanti alla Corte d’Appello di Genova (ovviamente composta da giudici diversi da quelli che avevano condannato in secondo grado gli imputati) dovrà aver luogo un altro processo che potrà naturalmente condannare di nuovo (ma obbligatoriamente in base ad altre prove) o prosciogliere. E’ facile paragonare la situazione appena descritta a quella che vede coinvolti gli imputati nel processo napoletano, visto che le accuse sono identiche: qualora - com’è assai probabile soprattutto alla luce delle nuove intercettazioni che erano “sfuggite” alla Procura - vi sarà assoluzione riguardo all’accusa di associazione per delinquere, un’eventuale condanna per frode sportiva sarebbe annullata dalla Corte di Cassazione per lo stesso motivo. Inoltre un eventuale nuovo processo vedrebbe gli imputati in netto vantaggio perché mentre a Genova l’accusa può far leva, ad esempio, sulla famosa valigetta piena di danaro che fu trovata in possesso di un dirigente del Venezia (che le difese giustificano come acconto del prezzo del trasferimento di un giocatore dalla squadra lagunare a quella ligure), gli inquirenti napoletani non hanno trovato un centesimo scambiato tra gli imputati, fondandosi la loro costruzione accusatoria non soprattutto, ma esclusivamente su talune delle numerosissime intercettazioni effettuate. Tutto ciò è emerso chiaramente dal controesame del carabiniere Auricchio che ha dichiarato che nella stragrande maggioranza dei casi nessuno (né lui, né alcun altro componente del “team” di investigatori) guardò neppure le immagini principali delle partite sospette, limitandosi a leggere, per i riscontri del caso, quel che ne scrivevano due quotidiani romani ed uno milanese. |