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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Farsopoli di L. BASSO del 12/04/2010 08:15:39
Farsopoli bis. Possibili scenari

 

Voglio raccontarvi una storia. Tanti anni fa, quando ancora ero “bianconero” solo per fede calcistica e non, anche, per il colore dei capelli, ho militato come molti nel variegato mondo del calcio amatoriale. Classica squadretta auto-gestita ed auto-finanziata, sponsor l’agenzia di onoranze funebri di un’amica di mia madre (e togliete la mano destra dalla tasca, non sta bene!), un gruppo di amici ed amici degli amici, operai ed universitari, ragazzi “bene” e facce da riformatorio.
Spesso il sabato sera, davanti ad una birra, si faceva la conta dei presenti per la partita: “Ciccio non c’è, è a una Comunione” “E Piero?” “Piero deve portare la fidanzata al mare, se no è la volta che lo molla” “…gli andrebbe pure bene… È un cesso! Ma alla fine in porta chi gioca?”.
E saltava fuori il cugino dell’amico della panettiera, che tutt’al più aveva partecipato – come riserva – al torneo del bar, ma che leggende urbane dicevano avesse fatto un provino con il Milan.
Già, ma non era tesserato…
No problem! Uno di noi faceva l’obiettore negli uffici della Federazione, ed aveva le chiavi. Mistero, magia, la mattina dopo ecco un tesserino bell’e pronto!
ILLECITO! Anzi... ILLECITO STRUTTURATO!!!
Che Luca sia venduto al mercato degli schiavi di Efeso e tutta la squadra messa a pane ed acqua!

E invece no, perché in quel campionato accadevano cose ben peggiori.

Già, perché nel campionato c’erano anche le squadre dei paesi della prima e seconda cintura torinese, e lì erano dolori. Infatti queste squadre erano composte da tesserati delle squadre FIGC dei rispettivi paesi (dalla prima alla terza categoria, assolutamente vietato) che, nelle settimane in cui non erano convocati per i campionati FIGC, si tenevano “caldi” giochicchiando in quell’altro campionato.
Tutti lo sospettavano, ma nessuno ha mai controllato UN cartellino che fosse UNO.
Ed erano scoppole non da poco per noi, impiegati catastali e garzoni di panetteria.
L’unico che faceva allenamento, per così dire, era il portiere che faceva flessioni per raccogliere il pallone nel sacco.

A questo punto, se nei campionati amatoriali avvengono tutte queste cose, pur senza una vera e propria posta in palio, immaginiamoci cosa può capitare in Serie A, dove tanto gli interessi in gioco quanto le risorse a disposizione sono infinitamente maggiori.
E dove i personaggi, gira e rigira, sono sempre gli stessi da trent’anni: presidenti, allenatori, arbitri, designatori… cambiano i ruoli, cambiano le cariche, cambiano le squadre, ma le facce restano sempre quelle.

Per questo motivo, io per primo non ho mai sposato la teoria del Moggi “santo”.
Non sarebbe durato due giorni. Forse che se gli avessero dato sul piatto d’argento un favore, lui l’avrebbe rifiutato? Ma fatemi il piacere!
Quella del calcio è una laguna infestata di squali e lui era uno squalo tra gli squali.
Ma certamente non era l’unico (come ci hanno voluto far credere) e nemmeno il più feroce (come il tempo ha dimostrato).

Nel caso di Moggi, ha giocato una parte importante, oltre all’odio degli Anti-juventini tutti, l’immagine di sé su cui lo stesso Big Luciano ha marciato tantissimo: quella del “guappo”, del piccolo grande “boss”. Moggi ha sempre giocato molto su questo ritratto di sé, sottovalutandone però gli effetti collaterali: valga per tutti l’esempio del famoso “Paparesta imprigionato”.
Lucianone lo racconta al telefono facendosene bello, esattamente come ogni pescatore racconta di trote OGM da 7 chili, un bulletto racconta di un’intera banda di 20 truzzi sgominata con una bottiglia di birra, o io posso raccontare di avventure hot con la bella signora del terzo piano.
Mi faccio bello con gli amici al bar, e guadagno la loro stima.
Ma se la storia (pur se inventata) arriva alle orecchie del marito camionista di lei o della mia signora, beh, allora è il caso che mi munisca di regolamentare colapasta per ripararmi la testa.

Io non lo so se quello che è apparso dalle telefonate di Moggi fosse o no proibito, più o meno grave.
Ho, come tutti, una mia idea, ma non sono né un avvocato, né un giurista, né un giudice.
E nemmeno un giornalista, che probabilmente di Legge non ne sa una beneamata cippazza, ma che ha, per mestiere, la Verità in tasca e non perde occasione per propinarcela.

Quello che però so è che le cose dette da Moggi al telefono sono identiche a quelle ascoltate nelle intercettazioni di Moratti, Facchetti, Cellino, Galliani e compagnia cantante.

E pertanto, pur nella mia grassa ignoranza, mi trovo davanti a due mastodontiche domande che non possono che farmi felice (perché il Saggio, si sa, è pieno di domande. Lo Stolto, al contrario, ha solo certezze).

Prima domanda.
Se davvero Moggi è stato condannato alla pena “capitale” dalla Giustizia Sportiva, perché, pur non richiedendo esplicitamente favori arbitrali, parlava un po’ troppo con arbitri e designatori, allora come mai in questi giorni tutti si sentono in dovere di fare dei distinguo tra le telefonate di Moggi e quelle di Facchetti? Voglio dire: se il “reato” è il semplice fatto di telefonare, indipendentemente dal contenuto della conversazione, allora è tanto colpevole chi chiama per minacciare o per corrompere (ammesso che sia il caso di Moggi, perché di tali telefonate non se ne è trovata manco una) quanto chi chiama per fare gli auguri di Buon Natale.
Per tacere di quanti a casa degli arbitri si fermavano a cena ed a dormire.
Già, ma bastava farlo senza telefonare.
Vorrà dire che domani provo a presentarmi con lo spazzolino in mano ed il cuscino sotto il braccio a casa di un amico.
O meglio ancora, della tipa del terzo piano che dicevo prima.
E vediamo cosa succede.

Seconda domanda.
Adesso si sta facendo un gran parlare dei contenuti di queste intercettazioni. Ma come mai a pochi sta venendo in mente il VERO problema grave?
Voglio dire: sulla scena di un omicidio vengono ritrovate le impronte digitali di Tizio e di Caio.
Se chi indaga si concentra sulle impronte di Tizio trascurando quelle di Caio per partito preso, è grave. Molto grave. Gravissimo.
Sembra quasi quella barzelletta “noir” dell’auto che, in Alabama (stato storicamente noto per i pregiudizi razziali), investe una coppia di anziani di colore ed il poliziotto chiede ai passanti: “Allora, a quanto filavano i due negri?”.
Peccato che qui non siamo in una barzelletta.
Ma se poi, in un processo, chi indaga arriva a negare tassativamente l’esistenza stessa delle impronte di Caio sulla scena del delitto, questo è… gravissimo!!
Peccato che nessuno, per ora, sembra ricordarsene.
Speriamo che almeno lo tengano a mente Prioreschi e la Morescanti.

Detto tutto questo, non ci resta che attendere. E fare delle ipotesi.

Da parte mia, non possedendo ampie conoscenze di Legge, ma con un po’ di immaginazione, ho immaginato cinque possibili scenari.

Opzione A (Nessuno tocchi Facchetti)

La via subito tentata dal Clan Farsopoli: è vero che Facchetti telefonava, ma era solo per difendersi dalla mafia Moggiana.
Gettate subito quelle intercettazioni nel fuoco e, già che ci siamo, rimandiamo la Juve in Serie B per aver infangato l’onorabilità di Facchetti. E facciamole vendere Chiellini alla Roma, che fa sempre bene.

Di sicuro molto affascinante per lorsignori, ma difficilmente percorribile. Sarebbe la prova definitiva che tutto il calcio italiano è una pagliacciata.

Opzione B (È vero, ma purtroppo…)

È vero, ci erano sfuggite le telefonate dell’Inter. E l’Inter è colpevole tanto quanto la Juve.
Peccato che oramai sia tutto prescritto e non si può punirli.
E se c’era un colpevole era Facchetti, che adesso è morto.
Al limite, ma proprio al limite, lo scudetto “dell’onestà” viene revocato all’Inter e non assegnato. O assegnato alla Roma, che fa sempre bene.

Chiamatemi pessimista, ma al momento mi sembra la più probabile. Un uscita di sicurezza che salverebbe la pelle più o meno a tutti. Infatti la nota sul sito della Juventus e la petizione su Tuttosport sono, a mio avviso, da leggere proprio in quest’ottica.

Opzione C (Mors tua, vita mea)

La Juve era colpevole, e l’Inter lo è ugualmente. Mandiamo l’Inter in Serie B con penalizzazione e togliamole due scudetti (e diamone uno alla Roma, che fa sempre bene).

Più difficile a realizzarsi dell’opzione B. Sarebbe fattibile solo come tentativo disperato di salvare le terga di tutti sacrificandone uno solo.

Opzione D (Siamo su Scherzi a Parte)

Sai che c’è? Ci siamo sbagliati! L’Inter non ha commesso reati, e pertanto neanche la Juve. Restituiamo i due scudetti alla Juve e amici come prima.

Comincia ad essere affascinante, come prospettiva. Ma non ci arriveranno mai, perché lascerebbe la porta aperta a chi avrebbe il diritto di fare ricorso per i più vari motivi: gli azionisti Juve per il valore perso dalle proprie quote. Squadre come il Brescia che hanno partecipato ad un campionato di B falsato dalla presenza della Juve. L’Uefa che ha dovuto rinunciare al ritorno economico derivante da una Juve con 14 milioni di tifosi in CL…

Opzione E (Armageddon)

Uno dei testimoni al processo di Napoli china il capo e confessa: “È vero, mi hanno pagato per far parte di una truffa colossale organizzata così e cosà”.
Probabilmente è quello a cui tutti i lettori del forum ambiscono. Senza dubbio, però, comporterebbe la fine del calcio come noi lo intendiamo in Italia.
Già, perché immaginando quali e quanti potrebbero essere i soggetti chiamati in causa, avremmo una vera e propria pioggia di manager che si gettano giù dalle finestre dei loro uffici, una vera e propria esplosione atomica che spazzerebbe via tutto e tutti.

Proprio per questo, lo impediranno in tutti i modi, leciti ed illeciti.

Cosa succederà? Lo sapremo presto, amici, abbiate pazienza.
Io intanto sono sempre qui, seduto in riva al fiume.
E stappo un’altra birra…
 
  IL NOSTRO SONDAGGIO
 
Dopo la Cassazione su Moggi, cosa dovrebbe fare ora la Juve?
 
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