Le pulizie di primavera continuano. Andrea Agnelli è ufficialmente il nuovo presidente, e mentre la società si alleggerisce di postulanti ed incompetenti che hanno contribuito a rendere gli ultimi quattro anni i più ingloriosi della storia bianconera, parallelamente anche i nostri animi diventano più leggeri. Quanta noncuranza, quanta incompetenza, quanta cattiveria, quanta mancanza di rispetto abbiamo dovuto subire noi tifosi in questi anni. Dopo l’abisso, la voglia di risalita è tanta. E d’altro canto l’ottimismo non riesce a sgorgare troppo apertamente. Dopo tante scottature è umano avere timore prima di riavvicinarsi troppo al fuoco. Se ne vanno Secco, Castagnini, Gattino. A breve si attende Blanc. E nel frattempo raggiungono il nuovo presidente Andrea Agnelli i due grandi protagonisti della cavalcata sampdoriana di quest’anno calcistico: Marotta e Delneri. Già: il nuovo allenatore della Juventus è lui, Luigi Delneri da Aquileia, classe 1950. Uno che per arrivare a togliersi questa soddisfazione di gavetta ne ha fatta tanta, tantissima. Ha iniziato 25 anni fa, nel 1985, con l’Opitergina, la Pro Gorizia e la Partinicaudace. Qualcuno sorride al solo pronunciarne il nome, di quest’ultima squadra. Di lui si dice che sia un grandissimo allenatore con le squadre cosiddette “provinciali”, mentre abbia fallito con le grandi. Che con le squadre meno blasonate abbia raccolto risultati eclatanti è inconfutabile. Cinque sono le promozioni ottenute nelle serie minori: con il Ravenna, con la Nocerina (passaggio dalla C2 alla C1), con la Ternana (che porta dalla C2 alla B) e con il Chievo (dalla B alla A). Nella doppia promozione con la Ternana colleziona 39 partite consecutive senza sconfitte (a cavallo delle due serie!), mentre con il Chievo conduce un’avventura durata 4 anni in cui porterà i “mussi volanti” ad essere famosi in tutto il mondo per rappresentare una “favola” calcistica senza pari, portando la squadra che rappresenta un quartiere di Verona fino ad un passo dalla Champions League. Nei 3 anni di serie A con i clivensi ottiene un 5°, 7° e 9° posto, e nel 2002 viene insignito del riconoscimento “panchina d’oro” come miglior allenatore della serie A. In seguito allenerà l’Atalanta, portandola per due stagioni consecutive alla salvezza (nella metà alta della classifica) e praticando un calcio che a Bergamo si ricordano ancora. E’ invece storia recente la qualificazione in Champions League con la Sampdoria, certamente impensabile alla vigilia del campionato. Un solo vero fallimento con le squadre non di vertice, subito a Palermo. Ma è lo stesso vulcanico presidente dei rosanero, Zamparini, a confessare di avere colpe ed aver sbagliato nell’occasione. Quanto al gioco espresso dalle squadre allenate da Delneri, non c’è tifoso di una squadra da lui allenata che non lo ricordi sovente spettacolare, e dal punto di vista tattico minuziosamente curato. La stagione 2004-2005 è la stagione nera del tecnico di Aquileia, dove inanella in serie le due esperienze non felici in grandi squadre: il Porto e la Roma. In realtà l’avventura al Porto praticamente non comincia proprio. Non disputerà neppure una gara di campionato sulla panchina dei lusitani, a seguito di una rottura con lo spogliatoio e con la dirigenza. Non un carattere facile quello di Delneri, dunque, che già nel 1998 aveva vissuto la medesima situazione ad Empoli. Quanto alla Roma, non c’è bisogno di essere grandi esperti di calcio per sapere che è sempre stato un ambiente al limite dell’impossibile come gestione, e proprio in quella stagione 2004-2005 le criticità erano parecchie.
Prima di diventare allenatore Luigi Delneri è stato un discreto calciatore. Giocava centrocampista, ed ha sempre avuto grande visione di gioco e attitudine ad allenare la squadra in campo. La stoffa da mister, insomma, c’è sempre stata. Nel 1980 conquistava con i compagni la serie A con la maglia dell’Udinese, allenata da Giacomini che aveva avuto la forza di richiedere a tutti i costi il suo ingaggio, perché “Delneri aveva il passaggio filtrante”. L’anno successivo a guidare l’Udinese ci sarebbe stato quel Corrado Orrico che avrebbe avuto gloria in altri contesti prima della disfatta quando allenò l’Inter. Proprio Orrico così ricorda Delneri: “Era il leader del gruppo, un centrocampista di pensiero assoluto e di naturale eleganza”. L’ultimo allenatore di Delneri è stato Edi Reja, nel 1984, che dice di lui: “Giocava regista e calciava micidiali punizioni a foglia morta sopra la barriera. Gigi era un trascinatore, un entusiasta. Voleva giocarsela contro chiunque, organizzava cene nei dintorni per tenere su il gruppo”.
Lo schema preferito del neoalleantore della Juventus è il 4-4-2, di cui viene accusato di essere un sostenitore integralista (sebbene a Bergamo e recentemente a Genova abbia saputo correggere il modulo con alcune varianti, e con ottimi risultati). Lui non se ne importa, e sottolinea invece la sua maniacale voglia di curare i dettagli, per i quali pretende che in campo ci siano undici specialisti, ognuno per la zona di propria competenza.
La sfida che lo attende è tosta. Perché si sa: alla Juve c’è solo un risultato possibile. Sempre. Ed i tifosi non sono abituati ad attendere così tanto tempo come sta accadendo in questi anni, sebbene in due diverse occasioni ci si sia già passati, l’ultima delle quali conclusasi con l’inizio dell’era Lippi. Che al tempo dell’arrivo alla Juventus era più giovane certo di Delneri, ma anch’egli fino a quel momento a secco di trofei vinti. Non sarà facile conquistarsi l’appoggio dei tifosi. Umorali per definizione, non vi è dubbio che essi attendessero un nome altisonante, da associare ad una vittoria sicura ed immediata: uno come Capello, non proprio un nome a caso, tanto per intenderci. Non sarà facile neppure conquistarsi l’appoggio dei rancorosi tifosi di serie C: perché è vero che è arrivato finalmente, invocato da molto e da molti, Andrea Agnelli, e sta ristrutturando i vertici societari richiamando i manager che fecero la fortuna della Juve della Triade. Ma è anche vero che, proprio per questa ragione, era più facile che questa fetta di tifosi attendesse un nome di altrettanta e sicura garanzia. Persino la redazione di GLMDJ, non è un mistero e non c’è nulla da nascondere, è divisa al suo interno tra ottimisti e pessimisti sulla sua nomina ad allenatore.
Eppure il vento soffia dalla sua parte. Delneri rappresenta molto di quello che abbiamo desiderato in questi anni. Volevamo un allenatore con un carattere forte e deciso e non uno yesman, e lui lo è. Volevamo un allenatore che non avesse un’indole difensivista, e anche in ciò corrisponde al desiderio. Infine, confidavamo tanto in qualcuno attaccato alla nostra maglia, e Gigi Delneri non ha mai nascosto di tifare per i nostri colori fin da ragazzo. Buon lavoro mister! Chi scrive non nasconde grande fiducia in lei e nelle competenze tattiche da sempre mostrate. La Juventus ha bisogno di una cura per ritornare Juventus, e l’inizio dell’era Andrea Agnelli sembra promettente. Tanti tifosi come me hanno bisogno di ricominciare a credere di potersi riappassionare dietro ad un pallone. La nostra cura può passare solo attraverso la riabilitazione e lo smascheramento della farsa del 2006; ma nel frattempo sarebbe bello ricominciare a guardare quelle maglie in campo, e sognare. Sogni, che più veloci di aquile attraversano il mare. Se è arrivata la nostra cura, lo vedremo. Forse mi illudo, ma non credo sia placebo. Nel frattempo, con il cuore gonfio di illusioni, benvenuto Luigi Delneri.
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