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Attualità di G. GALAZZO del 24/05/2010 13:38:04
Magliette griffate

 

Marco Materazzi è campione del mondo e ora anche campione d’Europa per club.
C’è una bella maglietta, che ha indossato in occasione di una recente raccolta fondi per la costruzione di un orfanotrofio in Tanzania, con la scritta: “Centro del cammino della speranza”. Bel gesto, lodevole. Ancor prima dovuto, da parte di chi ha ottenuto dalla vita privilegi ignoti ai più.

Il guerriero Materazzi, il guerriero tatuato, non è però uomo da meritare rispetto. Non è uomo, nel senso più ampio del termine, nonostante lui creda che la parola “uomo” rappresenti il suo modo di vivere.
Non è neppure un guerriero, come ama farsi definire: il guerriero, quello autentico, così come la storia ci insegna e la leggenda ci racconta, è colui che rispetta chi perde quando lui è vincitore e riconosce la forza di chi vince, quando è lui lo sconfitto.
Il guerriero non è neppure codardo.
Materazzi non è uomo, perché non merita rispetto. Materazzi non è guerriero, perché non rispetta ed è codardo.

Lo avevamo già capito in quel mondiale del 2006, quando sconfisse un uomo attraverso l’offesa più grave. Lo abbiamo capito nei mesi e negli anni seguenti, quando, di quella offesa, ne ha fatto un vanto: il vanto del codardo.

Non che ci sia da meravigliarsi del suo comportamento: chi è abituato a calpestare, sul campo, l’avversario più forte, calpesta quelle che sono virtù imprescindibili nell’uomo: rispetto e responsabilità.

Ed è ovvio che un personaggio così mal si coniughi con la maglietta della solidarietà, perché ognuno indossa meglio l’abito che più lo rappresenta e lo veste ancora meglio se lo stilista é pure il modello (o l’indossatore…).

Non a caso, in occasione dell’ultimo scudetto vinto , ha celebrato la vittoria denigrando gli sconfitti: “Non è successo”, recitava la sua maglia dedicata agli amici Totti e De Rossi; non a caso, in occasione della finale di Champions League, ha manifestato la sua gioia, ironizzando (così si dice…) sulla richiesta dei tifosi bianconeri, rei di pretendere la restituzione del maltolto. “Rivolete anche questa?”, c’era scritto su quella maglia.

Non si preoccupi, l’eroe di Berlino. Non si preoccupi, il guerriero neroazzurro. Pur sapendo che quella coppa è figlia del torto, pur sapendo che la forza della sua squadra ha radicate e indelebili origini nella pagliacciata del 2006, non pretendiamo che ci ringrazi anziché denigrarci.

Sappia però che oltre il rispetto, oltre la responsabilità, c’è anche lo stile, a contraddistinguere l’Uomo Vero. E noi, che ci riteniamo tali, mai vorremmo quella coppa che nostra non è.

Ci prenderemo solo quello che è nostro, perché cosi fa il guerriero e così fa l’uomo, quello vero.

Vorrei aggiungere che anch’io ultimamente ho pensato bene di portare una maglietta “a tema”. Per questo, ho rispolverato dall’armadio una vecchia t-shirt: la indossavo quand’ero un ragazzino che giocava a fare il ribelle. Mi stringe un po’ sulla pancia e le lettere appaiono un po’ più larghe del dovuto. C’è scritto: “kiss my ass”.
Ogni tanto, sia concesso anche a me di perder lo stile.
 
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