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Il Fatto di F. ZAGARI del 25/05/2010 07:02:22
Non si gode niente

 

Per diciasette anni sono stati tra coloro che più hanno investito denari per raggiungere l'obbiettivo finale: conquistare il tricolore; non riuscendoci. Diciasette anni in cui hanno fatto incetta di giocatori mediocri, sogni terminati tra le feste natalizie e l'avvento della befana, e piagnistei che servivano ad addossare agli altri (vincenti, ma ritenuti colpevoli di un fuorigioco non fischiato o di un rigore non concesso)) le colpe dei propri fallimenti.
Poi Calciopoli, la più grande farsa giuridico sportiva che ha portato agli indossatori lo scudetto, indossato, appunto, nonostante sul campo la posizione finale in classifica recitava terzo posto, a ben 15 lunghezze dalla testa.
E dopo lo scudetto assegnato in segreteria da Guido Rossi, quattro anni per testimoniare la loro "grandezza", a discapito di un campionato che, se si tolgono le ultime due stagioni, è stato caratterizzato da nulla, anche in questo caso mischiato col niente. Il tutto condito dal ritornello ascoltato a fasi alterne per quasi un lustro: "...se non ci fosse stata quella banda di truffatori...".
Lo stesso "Special-one", ora a Madrid, non ha mai fatto mistero dei successi di capitan "noi vinciamo senza ruvvare" e del presidentissimo "dovrebbero assegnarci anche quello del 5 maggio": "il primo l'avete vinto in segreteria, il secondo perché non c'era nessuno e il terzo all'ultimo minuto...".
Hanno atteso quarantacinque anni prima di arrivare a disputarsi una finale della Coppa dei Campioni o Champions League che dir si voglia, e in questo caso senza una "banda di truffatori", distinguendosi con il marchio: noi usciamo sempre agli ottavi.
L'altra sera a Madrid, dopo aver raggiunto la finalissima, l'Inter è diventata campione d'Europa, quarantacinque anni dopo la vittoria di Helenio Herrera come allenatore e Angelo Moratti come presidente.
Ma nonostante questo, al termine della gara e ai microfoni di Sky, Moratti junior è tornano ancora sull'argomento: "...se non ci fosse stato quel "gruppo" che ora è in giudizio al Tribunale di Napoli...".
Un amico ha recentemente scritto: "... Quando Vialli alzò la Coppa dei Campioni nel ’96, ogni juventino sano di mente pensava solo ai colori bianconeri: in quel momento esisteva solo la Juventus..."
Invece, nella serata trionfale di Madrid, gli interisti hanno perso l'occasione di godere a pieno del traguardo raggiunto, come consci che anche questa coppa va catalogata tra i trofei di cartone, pegno da pagare per chi ha preferito scendere a compromessi e distruggere gli avversari fuori dal campo, sfruttando le volontà di altri, la forza mediatica, e l'omertosa scegneggiatura che da quattro anni ai giorni nostri è stata più volte replicata, piuttosto che crescere in maniera naturale per riuscire un giorno a vincere onestamente sul campo.
Josè Mourinho al termine della competizione più importante del continente ha dichiarato apertamente: "...voglio diventare il primo allenatore a conquistare tre Champions League con altrettante società diverse", con chiaro riferimento a dove lavorerà nella prossima stagione: Madrid.
Massimo Moratti, dopo il ritorno in Italia, ha replicato: "Un dialogo diretto su questa cosa non c'è mai stato - spiega il presidente dell'Inter con riferimento all'eventuale passaggio di Mourinho alle merengues - non c'è stato neanche un tentativo di farmi capire. Io credo che lui sia attratto da questa sfida, da questa nuova avventura, conoscendolo un pochino, non tantissimo, credo sia questa la cosa che lo interessi, forse più dei soldi".
Evidentemente anche lo "Special-one" aveva intuito che sarebbe stato impossibile far capire al presidente degli onesti che l'essenza dello sport sono le sfide, il voler raggiungere la vittoria finale attraverso il gioco, il sudore, la fatica, ma soprattutto il rispetto per l'avversario.
Mourinho, da assoluto trionfatore, lascia l'Inter e il calcio italiano. A noi, invece, rimane la scena di un presidente che, nonostante la fama e i soldi guadagnati per il conseguimento di una Champions League, ha evidenziato ancora una volta un limite, che solo chi non ha saputo vincere cogliendo l'essenza dello sport si porterà dietro per l'eternità.
 
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