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          GLI ARTICOLI DI GLMDJ
Editoriale di R. GAMBELLI del 09/04/2008 23:11:34
31 Agosto 2006

 

Domenica sera, seduto di fronte alla tv, che stava trasmettendo Palermo Juve, mi sono accorto, per l’ennesima volta durante questo campionato, che il mio cuore non batteva per l’emozione, che non stavo in piedi dritto come un palo da vite, che non avevo le mani sudate e che non ero in ansia per il risultato finale. L’unica volta che sono riuscito a provare queste sensazioni è stato durante la serata magica di San Siro contro “gl’indossatori di scudetti altrui”, dove sono tornato indietro di due anni, quando Pinturicchio la mise “lì”, all’incrocio dei pali. Purtroppo, per il nostro capitano, stavolta il goal non è arrivato, dopo una partita meravigliosa, che Materazzi ricorderà per sempre: per ritrovare la strada degli spogliatoi è dovuto ricorrere ai cani che accompagnano i non vedenti, talmente gli girava la testa.
Come dicevo è stata l’unica volta che mi sono emozionato durante questo campionato.
L’emozione era invece la mia compagna domenicale prima della famosa data, 31 agosto 2006, che corrisponde al giorno in cui Cobolli Gigli annunciò a tredici milioni di juventini che la Società aveva ritirato il ricorso al Tar, pronunciando, orgogliosamente, queste parole: “ Tranquilli, ci toglieranno i punti di penalizzazione”. Sarebbe come dire: “Tranquilli, vi mettiamo in un porcile per un anno, ma ci spruzzeremo tutti i giorni un po’ di deodorante”.
La rinuncia al tar fu la coltellata conclusiva al cuore di tutto il popolo juventino vero: da quel momento la juve era ufficialmente in serie B.
Siamo sinceri: in tutti noi era viva la speranza che alla fine la nostra amata Juve sarebbe ripartita nella massima serie, fiduciosi nel Tar. Non avevamo fatto i conti con la nuova società, che da pochi giorni aveva iniziato a scaldare le poltrone di Corso Galileo Ferraris.
Il pezzo qui di seguito è stata scritto durante la prima notte “da retrocessi”, una notte lunghissima, nella quale la forza della disperazione mi portò a scrivere una lettera alla Juve, regolarmente inviata all’indirizzo di posta del sito bianconero.
Nei mesi successivi, Luciano Moggi la pubblicò su Libero, leggermente tagliata.
Sperando vi faccia piacere, amici bianconeri, ve la riporto integralmente, perché è tuttora incredibilmente attuale: in quella data, 31 agosto 2006, lo juventino vero è morto, e ancora non è resuscitato.

Lettera alla Juventus del 31/08/2006

“Cara amata Juventus, sto scrivendo a te, al tuo simbolo, al tuo logo, alla tua storia. Ti adoro sin da bambino, ti ho seguito in tutti gli stadi d’Italia e d’Europa, ho acquistato pay-tv per poter starti vicino, ho sacrificato domeniche che avrei potuto dedicare a persone meritevoli più di te, ti devo annunciare una cosa: da oggi, 31 agosto 2006, con la rinuncia al Tar da parte della società, che ci avrebbe dato probabilmente ragione ed annullato la farsa a cui abbiamo assistito in questi tristi mesi, considerami un tuo sostenitore temporaneamente sospeso.
Continuerò ad amare il tuo simbolo e la tua bandiera ma non riconoscerò l’attuale dirigenza e proprietà che ti sta guidando perché non ti amano come ti amarono Gianni, Umberto e noi, tifosi veri.
Sarò con il cuore vicino alla squadra e, soprattutto, ai neo campioni del mondo che hanno deciso di seguirti anche in serie B, immeritata, frutto solo d’odio e invidia popolare.
Nel 1990, quando arrivò un tale di nome Montezemolo, dal ciuffo ballerino, feci altrettanto, perché anche lui non ti amava, deluso come fui dall’Avvocato, che accantonò Boniperti, con la zebra nel cuore, per far posto ad un rampante incapace.
I risultati furono disastrosi, come, ahimè, probabilmente lo saranno anche quelli futuri. Il sig. Cobolli Gigli, che qualche pazzo ha messo alla tua guida, è assolutamente incompetente e fuori ruolo. Sarebbe come eleggere Totti, l’uomo dal getto salivare più famoso del mondo, Rettore dell’Università della Sapienza di Roma.
Perdonami, mi ritiro provvisoriamente, continuando a portarti nel cuore, perché sei stata la fedele compagna della mia vita. Grazie a te non mi sono mai sentito solo, facendomi tornare il bambino dagli occhi vivaci ogni volta che i tuoi undici leoni entravano in campo e l’altoparlante iniziava a cantare i nostri inni.
Ti prometto che mi rivedrai sul palcoscenico del tifo attivo quando Mister Upim e Mister Tour de France avranno ripreso la strada di casa ed i fratellini, che non si chiamano Agnelli, emigrati in terra straniera.
Ti confido una cosa all’orecchio: Luciano Moggi ti amava davvero. Avrà commesso i suoi errori, come tutti i dirigenti dell’intero sistema calcistico, ma ti amava, prendendoti saldamente per mano e conducendoti verso gloria immensa.
Era un tifoso, un tifoso vero, uno di noi.
A presto,

Riccardo Gambelli
 
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