Ricordate Pulp Fiction? Ricordate il magnifico pazzoide - schizzato Samuel Lee Jackson, sicario fissato in citazioni bibliche, quando spiegava il significato del termine “nemesi” ad un traditore ormai condannato a prossima esecuzione? Più o meno il sicario spiegava alla tremolante vittima (e lo faceva ogni volta, prima di giustiziare il condannato di turno) che “nemesi” significa “giusta e terribile punizione”, quindi provvedeva all’esecuzione. Ecco, quello che ho pensato io, appena finita l’ assurda avventura sudafricana è che tutto sommato meritavamo l’ allontanamento con disonore dal mondiale. Abbiamo fatto schifo, abbiamo cercato, come al solito, da perfetti italiani, il calcolo sparagnino (tre pareggi posson bastare) ed è finita male: ben ci sta! In un girone di pecoroni siamo arrivati ultimi… qualcuno di voi ritiene immeritata l’eliminazione? Lasciamo perdere la sfortuna, il quasi gol di Quagliarella, l’ occasione mancata all’ ultimo minuto da Pepe… meglio così: la giusta e terribile punizione ci ha colpiti, in fondo non meritavamo altro! Però… Però… Quando vola la m**da (scusate il termine) tutti si sporcano, ma a mio parere le colpe non vanno ugualmente distribuite tra tutti. E’ evidente che pure il tifoso, dopo uno schifo simile, si sente in colpa, pur non avendo alcuna responsabilità reale diretta. Proviamo a fare il punto della situazione: la spedizione azzurra in Sudafrica è stata un fallimento totale, di proporzioni enormi. Chi può essere il colpevole di tale scempio? Beh, le chiacchiere stanno a zero: il primo colpevole è il capo, il responsabile tecnico della spedizione sportiva, quindi mister Lippi! Io gli sono enormemente riconoscente per il passato, per le vittorie bianconere e per quella azzurra, ma oggi non posso fingere di non vedere: lui era il CT, lui ha scelto i calciatori, lui ha deciso le formazioni, il (non) gioco, a lui sarebbero andati i meriti in caso di vittoria… lui deve assumersi le colpe in caso di sconfitta, o peggio, in caso di fallimento. Marcello Lippi è una persona sveglia: a frittata appena compiuta ha pensato bene di presentarsi in sala stampa col capo cosparso di cenere, attribuendosi in maniera generica tutte le responsabilità del non-risultato. Questo ha spiazzato i giornalisti presenti, che non hanno saputo realizzare e reagire con prontezza. Di fatto Lippi ha prontamente ed abilmente nascosto la propria più grave colpa: quella di non aver convocato i giocatori giusti. Da subito, sia lui che gli azzurri, che la federazione (nella figura di Abete), hanno sempre affermato, ripetuto e ribadito che fenomeni a casa non ne erano rimasti. Eppure gente come Totti, Aquilani, Rossi, Del Piero, Balotelli, Cassano, Miccoli, Amauri, Tiago Motta ed altri ancora avrebbero potuto far comodo… Lippi negli anni è cambiato, un tempo aveva fame di vittorie, oggi appare testardo, quasi presuntuoso ed egocentrico… ricorda l’ Arrigo Sacchi dei tempi peggiori, quello che pareva sostenere che per fare una grande squadra non servono i campioni, ma solo l’ impegno, il sacrificio, l’ organizzazione e il collettivo. L’essenza e lo scopo di tale malata filosofia sono quelli di porre al centro di tutto la figura dell’ allenatore. L’allenatore quale protagonista e artefice unico delle sorti della squadra, a prescindere dai calciatori, relegati a ruolo di semplici comparse. E’ il sogno di ogni allenatore: vincere guidando undici morti in campo! Vincere avendo a disposizione una squadra di campioni è (relativamente) semplice, molti ci riuscirebbero, ma vincere con una squadra di brocchi è impresa dura per chiunque e l’allenatore che vi riesce è un fenomeno! Ecco… Lippi si è divertito tentando questo esercizio: ha convocato una squadra fondata su ampia base operaia, pensando che se fosse riuscito a bissare il successo di quattro anni fa sarebbe passato alla storia del calcio come uno dei più grandi allenatori di sempre. Lippi ha fatto una scommessa azzardata su se stesso, gestendo la nazionale come se fosse stata roba sua. Abete e gli altri che lo avevano incaricato avrebbero dovuto fermarlo per tempo, ma non lo hanno fatto e oggi devono risponderne, in qualità di mandanti. Anche i calciatori hanno le loro responsabilità, ma molto limitate: più di tanto non avrebbero comunque potuto fare. Convocare 23 gregari è stata una grandissima cazzata e chiedersi il perché dei timori, della poca personalità di questa squadra non ha proprio senso: quella che abbiamo visto per tre partite era la paura dei deboli! Non c’ era praticamente nessuno in grado di fare un dribbling, di saltare l’ uomo, di concludere in rete; mancavano gli uomini di qualità. Lippi ha concluso la propria storia in azzurro. Ora però anche Abete deve andarsene.
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