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          PRESSING.... Farsopoli a puntate

Articolo di L. BASSO del 04/03/2010 13:28:45
LE MANI NERE – Capitolo 4. Riders on the Storm

 

A causa della “sospensione” della Federazione, infatti, si era generato un effetto domino dalle conseguenza devastanti: la perdita di pubblico e le mancate entrate ai team della Federazione avevano causato un grave dissesto alla Federazione stessa. Di conseguenza, le prime a risentire dell'onda d'urto di questo crollo furono le società che si occupavano del merchandising, dei diritti, dei viaggi organizzati.
Poi, almeno secondo i notiziari che vedeva susseguirsi sempre più velocemente, la crisi si sarebbe propagata come un cancro andando a colpire settori sempre più lontani: beni di consumo, mezzi di trasporto.
In quel turbinare di brutte notizie, ad un certo punto ebbe come l'impressione che uno degli anchor-men avesse un aspetto più vecchio, più stanco. Guardò meglio, e si accorse che anche gli altri volti, nonostante qualche capsula di botox, denotavano il passare degli anni.
Tutto gli fu più chiaro: non sapeva come, ma l'omone volgare gli stava mostrando il FUTURO!
E non era un bel futuro, assolutamente. Quei notiziari parlavano di multinazionali prossime al fallimento, di società che saltavano come birilli del bowling.
Ed il suo impero economico si sbriciolava davanti ai suoi occhi in... certo, in pochi secondi, a causa dell'innaturale scorrimento del tempo in quella sfera.
Per un attimo si domandò se anche LUI stesse invecchiando rapidamente; si guardò le mani sperando di non vederle magicamente avvizzite come quelle di un novantenne, ma proprio mentre aveva lo sguardo abbassato sulle sue mani, ornate da due anelli senza prezzo, (ma peraltro, almeno apparentemente non “invecchiate” come temeva) i mille schermi luminosi si spensero, ed i due uomini rimasero per un secondo al buio.
“Che casino, Ciccio, mamma mia... certo che l'hai fatta grossa” La voce dell'omone ruppe all'improvviso il silenzio, mentre nell'ambiente la luce tornava al livello consueto.
“Ma... quegli schermi... quelle notizie... non può essere vero, è un trucco...” guaì l'altro; un uomo tra le mille persone più potenti ed influenti al mondo, ora chiedeva rassicurazioni con la voce rotta da emozioni contrastanti ad un essere venuto da chissà dove...
“Beh, sì, il trucco c'è... quello che hai visto è il futuro prossimo... abbiamo dato una scossettina al tempo e l'abbiamo cavalcato come una Japan Davidson... Yu-huuuu!”
“Ma come... ma cosa...”
“Senti, Ciccio, non ti preoccupare del “come”...” riprese l'omone mettendogli un braccio intorno alle spalle.
“Sono giochini che non s'imparano dall'oggi al domani come andare in moto, o nuotare, o far godere una bella topolina quando la scopi... questi sono trucchetti nati ALTROVE, ed erano già vecchi prima che Adamo andasse in giro con una foglia a coprirgli il pisello. Quello che conta è il “cosa” hai visto. Quello è ciò che sta succedendo là fuori, nonostante tu continui a raccontare alla gente che tutto va bene, che i buoni hanno vinto e vissero per sempre felici e contenti.”
“Ma dimmi almeno perché... chi ti ha mandato...”
L'omone scosse la testa: “Ciccio, Ciccio... non vuoi proprio capire, vero? Non c'era bisogno che io ti raccontassi quelle cose. Quelle cose tu le hai sempre sapute. Tu le conoscevi fin dall'inizio, ed hai deciso di affrontare il rischio lo stesso per giocare le tue carte. Forse speravi che non sarebbe andata così, forse credevi che sarebbe successo, ma tra molti anni... e invece eccoci qua...”
John Belushi riprese la bottiglia di Champagne, fece per bere di nuovo, ma soppesandola si accorse che era già vuota.
“Porca miseria, è vero, me lo sono già sbevazzato prima... beh, allora non c'è più altra ragione perché mi fermi qui, no?”
L'omone indossò un lettore multimedia di quelli di tendenza, a caschetto, e lo accese ad un volume inaudito; le note che l'auricolare sparava sul suo timpano e che, data la potenza, si diffondevano per tutto l'ufficio, erano quelle di un'antica canzone d'amore di secoli prima.
L'omone gratificò di un'altra pacca sulla spalla il Presidente (il quale ne avrebbe fatto volentieri a meno, perché gli tolse nuovamente il respiro per la sua violenza) e se ne uscì dall’ufficio, chiudendosi la porta alle spalle e canticchiando in falsetto: “...I was cry-y-y-in' when I met you... Now I'm try-y-in' to forget you... Your love is sweet miseryyy...”
La voce dell'omone, quel falsetto stridente reso ancor più ridicolo dal contrasto con la fisicità del soggetto, si allontanò nel corridoio, fino a svanire del tutto.
Il Presidente, invece, era ancora nel suo ufficio.
Fermo, in piedi, con il sangue che gli faceva pulsare le tempie, ed il cervello che era un vortice di pensieri.
Cosa stava succedendo?
Chi erano quelle persone?
E cosa stava accadendo a lui ed al suo impero?
Improvvisamente, con uno scatto, si avviò verso la pesante porta e la spalancò.
Nemmeno lui sapeva cosa pensasse, o sperasse, di trovarci.
Una troupe Olo-visiva impegnata nelle riprese di una candid-camera, una banda di terroristi altamente tecnologica in grado di valicare facilmente tutte le sue difese dopo avergli fatto respirare gas allucinogeni, l’omone di prima impegnato a caricare una pipetta di Erba del Paradiso per fumarsela con l’uomo in loden, il Bianconiglio ed il Cappellaio matto... e perché no, lo Stregatto intento a dondolarsi dal lampadario a led organici.
Con un sospiro, il Presidente notò che davanti a lui c’era solo il corridoio che tutte le mattine percorreva per andare in ufficio.
 
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